30 agosto 2010

Legge Obiettivo Regionale: Rieccola

L’inaugurazione della bretella di Pianzano da parte del Governatore Zaia ha riportato in auge la proposta di una legge obiettivo regionale già avanzata nell’era Galan dall’Assessore Chisso, e passata in commissione regionale col voto favorevole di tutti i partiti presenti. In breve, la fotocopia della proposta di legge regionale della Regione Lombardia, subito impugnata dallo stesso Governo Berlusconi in carica davanti alla Corte Costituzionale per i numerosi profili di contrasto con il dettato costituzionale e con la normativa di settore.

Il rispolvero di una proposta sulla quale si butta a capofitto l’ineffabile Assessore alle Infrastrutture Renato Chisso, memore degli stop imposti da CAT con l’aiuto dei cittadini ad opere come la “Camionabile PD-VE”, per il mancato rispetto di norme procedurali già edulcorate e largamente semplificate. Lo slogan è che “è tutta colpa di Roma e dei suoi funzionari” e che per il progresso del Veneto occorre semplificare e velocizzare di più, insomma “fare presto e bene”, come ripete il duo Galan-Chisso.

La nuova legge obiettivo prevede che, in caso di inerzia degli organi statali e del CIPE, trascorsi 60 giorni la Regione Veneto possa sostituirsi ad essi, esautorando così la commissione VIA nazionale; pressoché con il solo pensiero, magari dell’Assessore Chisso, di Zaia e pure della Segretaria del PD Filippin, le opere diventeranno seduta stante di reale interesse collettivo, di vera utilità, sostenibili e tranquillamente accettate dai cittadini che ne subiranno il peso in termini di salute e pure patrimoniali (per il bene collettivo magari di trasportatori e di imprenditori globalizzati con fabbrichette all’estero).

Opere che sentito l’altro slogan “Prima il Veneto” saranno certamente realizzate in finanza di progetto solo da ditte venete o vicine al sistema veneto. Come dire “sistema Galan”: Mantovani qua, studio Astaldi là, un pezzetto di Adria Infrastrutture della Sig.ra Minutillo (ex segretaria di Galan), Compagnia delle Opere dappertutto ed una spruzzatina di cooperative rosse.

Basterà che dalla Regione si dica un VORREI… e già vedremo fiorire nuove autostrade gestite privatamente per 40 anni anche trasformando strade o tangenziali ora percorribili gratuitamente, o nuovi ospedali che asciugheranno di ogni risorsa tutto il budget sanitario regionale per gli anni a venire.

La legge obiettivo varata dal Governo Berlusconi e immodificata da quello Prodi è di per se già un insulto per la democrazia, che espropria di fatto le comunità locali, i comuni, le province, dalla possibilità di minimamente incidere nel procedimento di approvazione e realizzazione di una opera infrastrutturale decisa sì, dal governo centrale, ma anche sulla base di indicazioni provenienti dalle Regioni.

Semplificare ulteriormente una procedura come la legge obiettivo che, invece, dovrebbe essere abolita, significa mettere ancor più in pericolo un territorio fortemente antropizzato come quello della Regione Veneto, che ha già perso molto, moltissimo, del suo fascino e della sua vivibilità e che non ha davvero bisogno che il buon governatore un bel giorno si svegli con l’idea di dire “bisogna fare l’autostrada Venezia-Monaco” (lungo il Piave, per Cortina, sotto le dolomiti di Fanes).

Perché, da domani, potrebbe essere già fatta!

CAT Comitati Ambiente Territorio


(da www.infocat.it)

21 agosto 2010

Ciao Compagno "Manfre"



Un ultimo e affettuoso saluto al Compagno Paolo Manfredotti.
Ricordiamo il militante Politico e Sindacale.
Contro la base "Dal Molin" a Vicenza!
Contro la distruzione della Scuola Pubblica!
Per un mondo senza guerre!
Per una società di eguali!
Gli uomini possono anche morire, ma le loro idee non moriranno mai!

un saluto a pugno chiuso.... "Manfre"

I Compagni e le Compagne di Sinistra Critica

01 agosto 2010

Costruiranno il CIE a Rovigo: non c'è niente da festeggiare!

COMUNICATO STAMPA

Al contrario di quanto finora trapelato, sembra che il CIE non verrà costruito sul territorio della provincia veronese ma dalle parti di Rovigo. Il PdL scaligero esulta e rivendica questo spostamento di sito come una vittoria. Sublime ipocrisia: il Centro di Identificazione ed Espulsione viene considerato necessario, ma tanto scomodo che non lo si vuole sul proprio territorio, per misere convenienze elettorali evidentemente. Perchè?
Il CIE è un vero e proprio carcere, in cui i migranti posso essere rinchiusi fino a 6 mesi, senza aver commesso alcun reato, in condizioni spesso disumane e di inospportabile sovraffollamento, con abusi e violenze quotidiane, tanto che le tensioni, i tentativi di fuga, gli atti di autolesionismo, sono all'ordine del giorno come dimostrano le recenti cronache provenienti dai CIE di Gradisca, Torino e Bari.
Si tratta di strutture che fotografano in modo plastico quel razzismo istituzionale portato avanti dalla Lega Nord (Verona ha un sindaco condannato per propagana rezzista) e dal PdL e che legittima lo sfruttamento del lavoro migrante e la xenofobia. Per questo non c'è niente da festeggiare se il CIE si fa a Rovigo anzichè a Verona. La costruzione di questo carcere per migranti è e rimane un atto insopportabile che viola la dignità ed i diritti di uomini e donne. Oltre a ciò Sinistra Critica denuncia lo sperpero di denaro pubblico che tali istituzioni razziste costituiscono. Circa 60 euro al giorno per detenuto è la spesa he lo Stato deve sostenere, sotto forma di rimborso ai gestori privati di queste "prigioni etniche". Senza considerare le spese per polizia e carabinieri addetti alla sorveglianza. Pensiamo che sarebbe certamente più degno e intelligente che il governo usasse queste risorse per estendere gli ammortizzatori sociali a tutti il lavoratori e a tutte le lavoratrici e per evitare la chiusura delle aziende in crisi. Anche perchè, molti lavoratori migranti, proprio per la perdita del posto di lavoro rischiano di finire rinchiusi nei CIE.

No al CIE, nè a Verona nè altrove!

Sinistra Critica

L'acqua è un diritto sociale!

di Antonio Marafioti

Il giurista Danilo Zolo spiega perchè l'acqua non dev'essere considerata un diritto dell'uomo ma un diritto sociale e perchè, in certe condizioni, vietarne l'accesso può costituire un crimine

L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione in cui si riconosce l'accesso all'acqua e ai servizi igienici un diritto umano. Fra i 122 voti favorevoli sono mancati quelli di paesi industrializzati come Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Australia. Oggi nel mondo circa 884 milioni di persone vivono senza acqua potabile e la comunità internazionale è sempre più in ritardo nel raggiungimento dei Millennium Development Goals (i 15 obiettivi del millennio). PeacerReporter ha intervistato il giurista Danilo Zolo, docente di filosofia del diritto all'Università di Firenze e fondatore del Centro per la filosofia del diritto Internazionale e delle politiche globali Jura Gentium, che tutt'ora dirige. A lui abbiamo chiesto cosa cambierà con l'adozione di questo documento.

La rappresentanza del Regno Unito ha sostenuto che nella risoluzione "non ci sono sufficienti basi legali per dichiarare o riconoscere l'acqua o servizi igienici come diritti umani indipendenti, né vi è prova che essi esistano nel diritto consuetudinario". È un'affermazione corretta?
Mi rendo conto del dubbio espresso dal Regno Unito perché sicuramente quel testo non ha un vigore propriamente giuridico. In linea di massima l'Assemblea Generale non ha dei poteri normativi in senso proprio, può soltanto fare delle raccomandazioni. Da questo punto di vista si tratta di un aspetto del diritto internazionale molto debole che non dà risultati positivi. Io non sono molto favorevole all'idea dell'acqua come un bene umano universale e generale. Mi sembra pura retorica perché l'acqua di cui l'homo sapiens dispone è quella del mare sostanzialmente. Ma noi abbiamo bisogno di un'acqua molto elaborata, di quella che è il frutto del lavoro e di varie invenzioni tecnologiche. Quindi non ha senso farne un argomento umanistico, filosofico, teorico generale.

La risoluzione non ha ricevuto voti contrari ma tante astensioni da parte di Paesi ricchi come Stati Uniti, Canada e Regno Unito. Come se lo spiega?
Semplicemente pensando che l'acqua è un bene prodotto essenzialmente dalle grandi corporation che ricavano dall'acqua introiti colossali e che spesso riescono a condizionare l'operato dei governi. L'acqua è sicuramente uno strumento di sfruttamento a livello globale. Su questo non ci sono dubbi. Ma chi può reagire non sono istituzioni internazionali. C'è chi ha parlato addirittura di tribunali penali internazionali per la tutela dell'acqua: sono, secondo me, sciocchezze sia pure motivate da ottime intenzioni. Quello che si può chiedere è che all'interno degli Stati il diritto all'acqua sia concepito, praticato e difeso come diritto sociale che ci consente di vivere civilmente. Fare dell'acqua un bene collettivo, come l'informazione e la salute, è importantissimo. D'altra parte credo che sia corretto, penso alla Palestina, concepire il diritto all'acqua come diritto collettivo di un popolo ad attinger dalle sue fonti. La Palestina è in condizioni disperate perché c'è un Paese (Israele ndr) che ha sostanzialmente frodato un buon 70-80 percento dell'acqua di cui i palestinesi dovrebbero servirsi.

Seppur non vincolante per gli Stati la risoluzione stabilisce, di fatto, che l'acqua è un diritto umano. Privatizzare l'acqua è quindi una violazione dei diritti umani?
Lo è nella misura in cui, e faccio ancora riferimento alla Palestina, lo sfruttamento dell'acqua per ragioni economiche, potestative ed egemoniche, costringe popolazioni intere, guardi ad esempio i palestinesi nella Striscia di Gaza, a non usare l'acqua o a usarla in quantità ridottissime e a spendere somme molto alte, in particolare durante l'estate, per avere qualche bidone d'acqua che consenta a queste popolazioni di sopravvivere. In questo caso è sicuramente un crimine gravissimo sul piano nazionale e internazionale.

L'Italia ha votato si alla risoluzione in Assemblea ma continua a tenere duro sul decreto Ronchi che, fra l'altro, obbligherà i comuni a lasciare la gestione dell'acqua in mano ai privati. C'è contraddizione in questo comportamento?
Direi nessuna contraddizione. Il nostro governo sta operando per la privatizzazione di tutti i beni fondamentali e quindi sarebbe incoerente se non agisse nello stesso modo anche per quanto riguarda l'acqua. Ovviamente io sono un critico severissimo delle logiche politiche, economiche e culturali di questo governo.

Oltre i movimenti popolari, che in Italia hanno raccolto 1milione e mezzo di firme, c'è un altro strumento legale per obbligare gli Stati a far sì che l'acqua resti cosa pubblica?
Il diritto internazionale è da molti punti di vista carta straccia e anche, spesso, carta straccia insanguinata. Il diritto nazionale ormai è decadente. All'interno delle democrazie quello che conta oggi sono le minoranze partitiche che si attribuiscono un potere esecutivo incontrollabile. Credo che le vicende italiane di queste ultime settimane siano la prova che il Parlamento conta assai poco e che i partiti, ciò che rimane di essi, hanno un potere rappresentativo ridottissimo.

www.peacereporter.net

30/07/2010