02 aprile 2010

Quello che manca è una vera sinistra alternativa e anticapitalista

A cura dell'Esecutivo Nazionale di Sinistra Critica

Le elezioni regionali dello scorso weekend hanno dato alcuni risultati indiscutibili: su tutte la “vittoria” dell’astensionismo – quasi 2 milioni di elettori rispetto alle elezioni europee del 2009 questa volta non sono andati votare – che ha come effetto diretto il successo politico della Lega Nord, nel quadro di una tenuta della destra al governo e di Berlusconi (destra che non solamente strappa 4 regioni al centrosinistra, ma soprattutto non paga il prezzo delle sue politiche di governo e non perde consensi, almeno in termini relativi).
I numeri assoluti segnalano che l’astensionismo colpisce (quasi) ovunque: il PDL perde il 27% dei voti delle europee (anche se le liste civiche dei candidati della destra vanno meglio di quelli del centrosinistra); il PD perde il 16% dei voti delle Europee, mentre UDC e IDV circa il 25%; la Federazione della Sinistra perde ancora il 30% dei voti; nonostante la percezione evidente del suo successo anche la Lega perde il 4% dei voti dello scorso anno, con un arretramento di 60 mila voti nel Piemonte appena conquistato (solo in Emilia aumenta in voti assoluti, di 10 mila unità)
L’astensionismo è un segnale naturalmente non univoco: indifferenza; distanza crescente da una politica che non offre soluzione ai bisogni sociali; adesione ad un idea “spettacolare” della politica, per cui si assiste ma non si partecipa; mancanza di un referente politico che si senta vicino alle proprie idee e prospettive: questi e molti altri i motivi di una sempre maggiore disaffezione verso le elezioni. Un dato che non ci conforta e che anzi consideriamo estremamente negativo anche se ne vediamo le responsabilità nelle forze politiche – di centrodestra e di centrosinistra – che hanno prodotto questa politica e questa concezione non partecipativa della stessa, espropriando i luoghi della rappresentanza formalmente democratica e concentrando i poteri negli esecutivi e in enti non eleggibili e non controllabili democraticamente. In particolare, è frutto di una generale disillusione e demoralizzazione che trova fondamento nell'assoluta inconsistenza dell'alternativa politica e in una prospettiva credibile che faccia da contraltare al berlusconismo ma anche all'attuale crisi.
Anche per questo la Lega Nord riesce ancora una volta a presentarsi come partito “di lotta e di governo”, determinando scelte importanti a livello governativo (in particolare contro migranti e in materia di “sicurezza”), garantendo la tenuta del governo Berlusconi mentre allo stesso tempo si fa propaganda nei quartieri riuscendo a intercettare diversi settori di disagio sociale e gli umori razzisti che essa stessa (aiutata dal centrodestra e da profonde connivenze del centrosinistra) produce nel corpo sociale. Così risulta vincente sia dove governa che dove è all’opposizione. Per la prima volta governerà importanti regioni del nord e farà sempre più pesare il suo ruolo nella coalizione di governo.
Il centrodestra perde centinaia di migliaia di voti, ma non perde la scommessa di quelle che chiama “elezioni di medio termine” evitando quell' “effetto Sarkozy” che temeva e che ha spinto Berlusconi a intensificare la sua visibilità nelle ultime settimane di campagna elettorale. Certamente, il rafforzamento della Lega al Nord e un partito che al Sud si intreccia a un apparato clientelare-mafioso, potrà determinare crepe e contraddizioni. Ma al momento il governo Berlusconi è piuttosto saldo.
Il centrosinistra esce sconfitto da queste elezioni – pur non perdendo nell’insieme più voti del centrodestra – perché la sua proposta non riesce a presentarsi come davvero alternativa e attenta a quanto si muove nella società. Perde voti per le astensioni e perde voti in molti casi verso liste civiche o legate alla protesta locale o “antiberlusconiana”: significativi in questo senso i risultati delle liste di Beppe Grillo in Emilia Romagna (7%) e nella Val di Susa – a Bussoleno raggiunge oltre il 28% contribuendo in gran misura alla sconfitta della Bresso, che contro il movimento NoTav aveva giocato una parte della sua battaglia politica.

Anche la “sinistra” arretra ancora – continuando la parabola discendente cominciata dopo la caduta del governo Prodi.

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