di Galapagos
Il piano anti-crisi da 750 miliardi deciso dai leader europei dopo una maratona notturna, per molti commentatori ha salvato l'Europa. Ma è proprio così? Le borse ieri (10 maggio) hanno emesso un verdetto significativo: a brindare (con aumenti delle quotazioni del 15-20%, ma con punte superiori al 30%) sono state esclusivamente le banche. I titoli delle imprese dell'economia reale, invece, sono rimasti praticamente immobili perché le prospettive non sono affatto buone.
La cintura di sicurezza stesa a Bruxelles riguarda in primo luogo il sistema finanziario: con una decisione senza precedenti la Bce ha deciso che comprerà i bond dei paesi in crisi, anche se sono stati classificati «spazzatura». Di più: i 750 miliardi che la Ue ha stanziato con il concorso del Fondo monetario sono munizioni apparentemente utili per evitare il tracollo dei paesi in crisi. Ma è solo apparenza: in realtà si vuole evitare che vada in crisi il sistema finanziario - banche, assicurazioni e fondi d'investimento - che hanno acquistato titoli di basso rating che garantivano, però, alti rendimenti. Ma c'è di più: la decisione dell'Ecofin è anche un successo per la speculazione. Con vendite allo «scoperto» di titoli che non possedevano, ha depresso le quotazioni di azioni e bond e ora, con riacquisti a prezzi stracciati, si mette in tasca miliardi di euro.
Anche Obama ha fatto così, impegnando centinaia di miliardi di soldi pubblici, per il salvataggio del sistema finanziario privato, ma acquistando almeno azioni. Per le quali, però, non ha mai esercitato il diritto di proprietà. Solo di recente ha deciso di stanziare qualche dollaro per il sostegno dell'economia reale, per impedire che a milioni di cittadini venga sottratta la casa, per garantire un reddito da disoccupazione per un periodo più lungo. Perché - negli Usa lo sanno bene, nonostante la ripresa sia già iniziata - il vero problema è il sostegno dei redditi più bassi per garantire la tenuta dei consumi e non strozzare nella culla la ripresa.
Gli stati europei stanno peggio degli Stati uniti: la ripresa è lontana e nei guai finanziari sono anche paesi insospettabili, come Francia e Gran Bretagna: Londra non sembra per ora avere nulla da temere (e non parteciperà al programma varato) visto che la speculazione più feroce prende le mosse proprio dalla City che rimane un centro finanziario mondiale e potente. Il piano di salvataggio varato ieri non solo non dà ossigeno alla ripresa, ma la soffocherà in molti paesi. La condizione per accedere agli aiuti finanziari, infatti, è l'attuazione di una politica di «assoluto rigore». Una notizia arrivata ieri da Bucarest è esemplificativa: la Romania, potrà accedere a un nuovo prestito del Fmi (900 milioni) solo se si impegnerà a tagli del 25% delle retribuzioni pubbliche e del 15% delle pensioni. Come la Romania dovranno fare Spagna, Portogallo, Irlanda (già fiore all'occhiello del capitalismo deregolamentato) e, Italia, nonostante in passato abbia già «dato». L'obiettivo è un capitalismo selvaggio nel quale il lavoro è una variabile dipendente del capitale. Al quale tutto è consentito, mentre per il lavoro ci sono solo imposizioni: bassi salari e alta produttività legata non all'innovazione, ma alla flessibilità a oltranza. Come dire: ripresa senza occupazione e lavoro senza regole per chi ce l'ha.
il manifesto 11/05/2010
Il piano anti-crisi da 750 miliardi deciso dai leader europei dopo una maratona notturna, per molti commentatori ha salvato l'Europa. Ma è proprio così? Le borse ieri (10 maggio) hanno emesso un verdetto significativo: a brindare (con aumenti delle quotazioni del 15-20%, ma con punte superiori al 30%) sono state esclusivamente le banche. I titoli delle imprese dell'economia reale, invece, sono rimasti praticamente immobili perché le prospettive non sono affatto buone.
La cintura di sicurezza stesa a Bruxelles riguarda in primo luogo il sistema finanziario: con una decisione senza precedenti la Bce ha deciso che comprerà i bond dei paesi in crisi, anche se sono stati classificati «spazzatura». Di più: i 750 miliardi che la Ue ha stanziato con il concorso del Fondo monetario sono munizioni apparentemente utili per evitare il tracollo dei paesi in crisi. Ma è solo apparenza: in realtà si vuole evitare che vada in crisi il sistema finanziario - banche, assicurazioni e fondi d'investimento - che hanno acquistato titoli di basso rating che garantivano, però, alti rendimenti. Ma c'è di più: la decisione dell'Ecofin è anche un successo per la speculazione. Con vendite allo «scoperto» di titoli che non possedevano, ha depresso le quotazioni di azioni e bond e ora, con riacquisti a prezzi stracciati, si mette in tasca miliardi di euro.
Anche Obama ha fatto così, impegnando centinaia di miliardi di soldi pubblici, per il salvataggio del sistema finanziario privato, ma acquistando almeno azioni. Per le quali, però, non ha mai esercitato il diritto di proprietà. Solo di recente ha deciso di stanziare qualche dollaro per il sostegno dell'economia reale, per impedire che a milioni di cittadini venga sottratta la casa, per garantire un reddito da disoccupazione per un periodo più lungo. Perché - negli Usa lo sanno bene, nonostante la ripresa sia già iniziata - il vero problema è il sostegno dei redditi più bassi per garantire la tenuta dei consumi e non strozzare nella culla la ripresa.
Gli stati europei stanno peggio degli Stati uniti: la ripresa è lontana e nei guai finanziari sono anche paesi insospettabili, come Francia e Gran Bretagna: Londra non sembra per ora avere nulla da temere (e non parteciperà al programma varato) visto che la speculazione più feroce prende le mosse proprio dalla City che rimane un centro finanziario mondiale e potente. Il piano di salvataggio varato ieri non solo non dà ossigeno alla ripresa, ma la soffocherà in molti paesi. La condizione per accedere agli aiuti finanziari, infatti, è l'attuazione di una politica di «assoluto rigore». Una notizia arrivata ieri da Bucarest è esemplificativa: la Romania, potrà accedere a un nuovo prestito del Fmi (900 milioni) solo se si impegnerà a tagli del 25% delle retribuzioni pubbliche e del 15% delle pensioni. Come la Romania dovranno fare Spagna, Portogallo, Irlanda (già fiore all'occhiello del capitalismo deregolamentato) e, Italia, nonostante in passato abbia già «dato». L'obiettivo è un capitalismo selvaggio nel quale il lavoro è una variabile dipendente del capitale. Al quale tutto è consentito, mentre per il lavoro ci sono solo imposizioni: bassi salari e alta produttività legata non all'innovazione, ma alla flessibilità a oltranza. Come dire: ripresa senza occupazione e lavoro senza regole per chi ce l'ha.
il manifesto 11/05/2010