26 aprile 2010

30 Aprile: Nicola è ognuno di noi

Nicola è ognuno di noi
Venerdi 30 aprile 2010
CIAO NIC!


Alle cittadine e ai cittadini veronesi, alle ragazze e ai ragazzi, alle migranti e ai migranti, che conoscono bene parole come intolleranza e razzismo, alle tante realtà formali ed informali: ritroviamoci in piazzetta Nicola Tommasoli (Porta Leoni) per non dimenticare la violenza fascista che due anni fa ha stroncato la sua vita. Ricordiamolo nella notte fra il 30 aprile e il 1 maggio, quando è stato aggredito.

PER NON DiMENTiCARE!
VERONA - VENERDI 30 APRILE 2010
Piazzetta Nicola Tommasoli ore 19.00 / 24.00

Una serata di teatro e musica
ore 21.30 teatro in piazza

North b-East
di e con Marco Tizianel eSilvio Barbiero
musiche originali di Paolo Tizianel
prod. Carichi sospesi - Padova

Da Israele un Ponte-shopping sullo Stretto


di Antonio Mazzeo
Giunge da Israele un nuovo progetto per il collegamento stabile nello Stretto di Messina. Si tratta di un Ponte basato su Piattaforme di calcestruzzo galleggianti, dove travi e piloni saranno ancorati nell'acqua e ampi spazi del manufatto saranno destinati a centri commerciali, uffici, alberghi, parcheggi, parchi alberati, cinema, ecc.. Nel Ponte galleggiante si potranno costruire anche case a schiera per migliaia di residenti e finanche decine di porticcioli turistici che proteggeranno barche a vela e yacht dalle correnti e dai gorghi di Scilla e Cariddi. Più di 3 milioni di metri quadri di abitazioni con invidiabile vista sullo Stretto, la cui vendita assicurerà le risorse finanziarie necessarie a realizzare quella che è stata presentata come una «concreta alternativa» al Ponte da 7 miliardi di euro che governo e concessionaria statale hanno affidato al general contractor guidato da Impregilo. Il progetto del Ponte-shopping è frutto delle ricerche dell'architetto israeliano Mor Temor, una laurea al Politecnico di Milano, a capo di uno studio privato specializzato nella progettazione di grandi opere con sede a Shaf-amer, cittadina nei pressi di Nazareth. «Il governo italiano deve sforzarsi per cercare un'alternativa molto più conveniente, economicamente e finanziariamente sostenibile, al tempo stesso socialmente più desiderabile», dichiara Mor Temor. «Il 15 novembre 2009 ho inviato via e-mail il progetto del Ponte Galleggiante Abitato al Ministero delle infrastrutture italiano, ma finora non ha ricevuto alcuna risposta. Eppure grazie alla possibilità di costruire gran parte delle piattaforme in un cantiere navale che poi saranno trascinate galleggiando sull'acqua, si risparmierà nei costi e nei tempi di costruzione». «L'impatto ambientale del Ponte Galleggiante - aggiunge l'architetto - è di molto inferiore rispetto a quello degli altri progetti proposti (si pensi alle non necessarie opere di raccordo, gallerie viarie e ferroviarie per circa 27Km, movimento terra, ecc). Il vantaggio economico ottenuto si farà sentire ad ogni livello non solo per il miglioramento dell'attraversamento tra Reggio Calabria e Messina, ma anche per il prevedibile sviluppo regionale su entrambi lati dello Stretto, in particolare nel settore dell'industria del turismo». In verità a guardare il breve cartone animato sul progetto, postato da Temor su Youtube, resta forte il dubbio di trovarsi di fronte all'ennesimo bluff della lunga sacra dei Ponti e dei tunnel sullo Stretto, dove d'innovativo c'è solo la riconversione dell'opera a megacomplesso immobiliare e commerciale. Non la pensano tuttavia così politici, sindacalisti e docenti universitari che interverranno al seminario di presentazione del Ponte Galleggiante organizzato dallo studio privato israeliano il prossimo 29 aprile all'Altafiumara Resort e Spa di località Cannitello di Villa San Giovanni (Reggio Calabria). Tra essi spiccano i nomi del Sindaco di Villa San Giovanni, Rocco La Valle; del Vicepresidente della Provincia di Reggio Calabria, Gesualdo Costantino; del Presidente della 1^ Commissione (assetto del territorio) del Comune di Reggio Calabraia, Pasquale Molisani; del responsabile del Dipartimento Ambiente e territorio della CGIL Nazionale, Antonino Granata; di quattro professori degli Atenei di Messina e Reggio.
Sul suo curriculum vitae, Mor Temor scrive di essere in procinto di conseguire il dottorato di ricerca sui ponti galleggianti al Technion - Israel Institute of Technology -, sotto la guida dei professori Michael Burt e Yehiel Rosenfeld. Un particolare che non è certo di poco conto. Il Technion (con sede ad Haifa) è infatti l'istituto israeliano per eccellenza nel settore delle tecnologie avanzate (ingegneria, elettronica ed informatica in testa), con una spiccata tendenza alla ricerca nel settore militare, nucleare ed aerospaziale. Nel solo periodo 2000-2007, Technion ha sottoscritto una decina di contratti con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti per un monto totale di 525.000 dollari, relativamente alla fornitura di servizi e attrezzature top-secret. Alcuni dei contratti vedono come committente il FISC - Fleet & Industrial Supply Center che ha sede presso il Comando dell'US Navy di Sigonella (Sicilia). Per lo sviluppo dei Sistemi di Gestione Integrata della Sicurezza, l'istituto tecnologico israeliano ha sottoscritto recentemente un accordo di collaborazione con l'Università del Massachusetts, nell'ambito di un programma promosso dalla task force sulla commercializzazione delle tecnologie militari della U.S.-Israel Science and Technology Commission (USISTF), con fondi del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e dell'omologo ministero israeliano.
Altro importante settore chiave finanziato dall'USISTF è quello relativo allo sviluppo delle micro e nano-tecnologie militari (tra cui le cosiddette armi nucleari di quarta generazione), già sperimentate da Israele nelle operazioni di guerra in Libano e Gaza. Parallelamente alla ricerca avanzata sulle nano-tecnologie, il Technion ha ottenuto grossi successi internazionali nella realizzazione dei più avanzati sistemi di spionaggio e di guerra anti-terrorismo. Il 16 giugno 2009, il Corriere della Sera ha dedicato un'ampia inchiesta al serpente robot messo a punto dai ricercatori dell'istituto tecnologico di Haifa e utilizzato dall'esercito israeliano con compiti d'intelligence e di lotta contro le milizie di Hamas. Il robot, lungo due metri, è dotato di telecamera e sensori e striscia sul terreno come un vero e proprio rettile, mimetizzandosi con la vegetazione e il suolo. Controllato a distanza, il serpente può avanzare anche allnterno di tunnel e cavità naturali e può essere caricato con piccole quantità di esplosivi ad alto potenziale. Nei piani degli scienziati del Technion è prevista a breve termine finanche la costruzione di robot militari a forma di gatti e cani.
BDS Movement

25 aprile 2010

Verona: 25 Aprile Festa della Liberazione

ore 9.00, piazza Brà: Liberi/e e resistenti
partecipiamo alla celebrazione ufficiale della Liberazione

ore 18.00, piazza Brà: Uccisi dalla barbarie, sepolti dal silenzio
davanti al monumento che ricorda le vittime dei campi di sterminio


La liberazione non è un processo concluso perchè oggi più che mai la libertà non è un diritto acquisito e inviolabile.

Nel clima di grave crisi economica, il governo Berlusconi e la Lega Nord, invece di assumere misure di tutela occupazionale e aumento dei salari, inaspriscono l'attacco ai diritti sociali e sindacali aprendo il rubinetto del razzismo, del populismo, dell'autoritarismo più feroce.

I fatti di Rosarno ci hanno mostrato chiaramente qual' è la situazione degli immigrati in Italia: spremuti come forza lavoro usa e getta, presentati come un problema di ordine pubblico, emarginati, espulsi. A Verona, un sindaco condannato per propaganda razzista, è a capo di un'amministrazione che ha fatto del fascismo il proprio alleato politico e del razzismo la propria linea guida. Entro il 2011 un milione di immigrati perderanno il permesso di soggiorno per mancanza di lavoro.

Le ipocrite ingerenze vaticane contro l'autodeterminazione e la libertà delle donne, dei gay, delle lesbiche, delle/dei transessuali pone una cappa soffocante sui diritti della persona e sui diritti di cittadinanza.

Tutto ciò legittima sostanzialmente le pratiche autoritarie e le aggressioni squadriste.

Intanto riemerge in tutta la sua drammaticità la guerra afghana, l'occupazione, le stragi e la persecuzione dei testimoni scomodi.

Antifascismo, antirazzismo, libertà, democrazia, laicità, giustizia sociale, l'opposizione alla guerra, sono dunque quanto mai attuali!


Perchè il 25 Aprile appartiente a tutti noi!

Per non avere più paura, per dire NO al razzismo!

Per svegliare la città che troppe volte ha girato la testa.

Per una Verona liberata dall'odio, da vecchi e nuovi fascismi, dall'intolleranza, dal razzismo, dall'ignoranza.

Perché esiste una Verona coraggiosa, aperta, indignata.


Mobilitiamoci e riprendiamo la parola!


ASSEMBLEA CITTADINA 25 APRILE

22 aprile 2010

Campagna referendaria veronese. Fuori l’acqua dal mercato


Anche a Verona parte la raccolta delle firme per i referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua. I quesiti chiedono l’abrogazione di tutte le norme che hanno aperto le porte alla gestione dell’acqua ai privati. Il Comitato veronese del referendum per l’acqua pubblica, promosso dal Comitato Acqua Bene Comune di Verona e costituito da numerose realtà del nostro territorio, organizza a partire dal 24 aprile una Carovana per raccogliere le firme necessarie per l’ammissione dei referendum.
I cittadini veronesi potranno sottoscrivere i referendum per liberare l’acqua dal mercato al banchetto del Comitato veronese sabato 24 aprile dalle 9 alle 13 presso il mercato dello Stadio e dalle 11 alle 18 in Piazza Brà. Domenica 25 aprile sarà possibile firmare dalle 15 alle 19 presso la Caserma di Santa Marta in occasione della Festa della liberazione. Le firme si potranno anche lasciare sabato 1 maggio all’incontro dei sindacati veronesi presso il Dopo Lavoro Ferroviario in Via Camuzzoni, 1, polisportiva La Pineta dalle 15 alle 19 e in Piazza Erbe dalle 10 alle 18. Il banchetto del Comitato veronese si potrà, inoltre, trovare il 2 e l’8 maggio in Via Mazzini, 18 dalle 10 alle 18.
I quesiti vogliono abrogare l’art. 23 della legge 166/2009 del 19 novembre 2009 e le norme approvate da altri governi in passato che avviano il processo di privatizzazione del servizio idrico. L’ultimo decreto “Ronchi” mira a collocare il servizio idrico sul mercato, sottoponendolo alle regole della concorrenza e del profitto, espropriando il soggetto pubblico e quindi i cittadini dei propri beni. Negli ultimi anni la gestione privatistica dell’acqua ha determinato significativi aumenti delle bollette e una riduzione drastica degli investimenti per la modernizzazione degli acquedotti, della rete fognaria, degli impianti di depurazione.
Il primo quesito referendario intende abrogare l’art. 23 bis della legge 166/2009, l’ultima normativa approvata dal Governo, con cui si mettono definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 Ato (su 92) che o non hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%.
Il secondo quesito vuole aprire la strada della ripubblicizzazione. Si propone l’abrogazione dell’art. 150 del decreto legislativo 152/2006 (anche detto codice dell’ambiente), relativo alla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato. L’articolo definisce come uniche modalità di affidamento del servizio idrico integrato la gara o la gestione attraverso società per azioni a capitale misto pubblico privato o a capitale interamente pubblico.
Infine, il terzo quesito ha come obiettivo eliminare i profitti dal bene comune acqua. In particolare, si propone l’abrogazione dell’articolo 154 del decreto legislativo 152/2006, limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito. Per approfondire l’argomento e conoscere gli altri appuntamenti veronesi dove firmare è possibile visitare il sito www.acquabenecomuneverona.org

1 maggio Milano: Euromayday Parade

Precarious of the world let’s fight! Saliamo sui tetti del mondo per opporci alla precarizzazione, per rivendicare reddito, diritti e cittadinanza per tutte/i. Il passato sta affondando. Il futuro siamo noi! Euromayday Parade.

Primo maggio 2010. Milano, porta Ticinese, h 15.00
http://italy.euromayday.org

Il primo maggio 2010 migliaia di persone torneranno nelle strade di Milano per la EuroMayday Parade, per mostrare l’orgoglio, la gioia e la rabbia dei precari e delle precarie. Dal 2001 al 2010, 10 anni d’arretramento dei diritti e delle retribuzioni, 10 anni di lotte e di sacrifici, d’opposizione netta, contro la deriva razzista, contro le politiche intolleranti e securitarie, contro la cultura del profitto che precarizza la vita di ognuno di noi. Noi che siamo quelli/e che creano la ricchezza, ma che non ne godono se non in minima parte. co.co.co e lavoratori a progetto, esternalizzate e partite iva, invisibili, cassintegrati, instabili e in nero.
In 10 anni siamo diventati la maggioranza tra i lavoratori sotto i 40 anni. Nei prossimi 10, complice il liberismo, saremo la maggioranza di tutti i lavoratori. La crisi ha colpito duro e se possibile ha peggiorato le nostre condizioni di vita. E’ stata usata da imprese e padroni per svendere, ristrutturare e speculare. In molti i casi i lavoratori si sono opposti e le lotte hanno agitato i territori e i luoghi della produzione. Il primo marzo dei migranti, gli operai sui tetti delle fabbriche sono i simboli del dissenso al comando liberista. Ma con loro vi sono mille e ancora mille piccoli atti d’insubordinazione, di disturbo, di contestazione.
La Mayday, dopo dieci anni, testardamente, continua a chiedere il conto, continua a guardare avanti. Incarnando le diverse anime dei conflitti parla con la voce delle rivendicazioni necessarie e possibili. La politica di palazzo ha abbandonato ormai del tutto i problemi del lavoro e dei diritti ma noi continuiamo, ostinate, a reclamare giustizia per tutti e tutte, nativi o migranti, per le generazioni precarie, gli operai, e per quei lavoratori che sono diventati precari nei fatti: cassintegrati, licenziate, esternalizzate, delocalizzati. Chiediamo continuità di reddito e accesso ai servizi a prescindere dal lavoro che facciamo e dal tipo di contratto che abbiamo o spesso non abbiamo. Reclamiamo i soldi che le aziende, avide e bastarde, continuano a sottrarci. Chiediamo cittadinanza per i migranti. E reclamiamo una scuola pubblica di qualità, un sistema di trasporti sostenibile e popolare, dei saperi liberi, fino ai diritti che non è più possibile legare solo al contratto a tempo indeterminato, come ferie pagate, pensione, malattia, maternità. Vogliamo un nuovo sistema di diritti, un welfare adatto alle nostre vite! Scenderemo nelle strade con rabbia e con gioia, per riappropriarci della città e far sentire la nostra voce. Saremo una macho free zone, per costruire un immaginario libero dalla cultura machista. Rivendichiamo una produzione culturale alternativa al piattume imperante, e vogliamo diffondere una conoscenza che sia realmente libera, condivisa e accessibile.
Denunceremo la stupidità criminale del razzismo leghista e non solo e mostreremo un presente di sorellanza tra nativi e migranti. Proporremo un’idea di futuro con lo spezzone no-oil a pedali e i sound system alimentati a pannelli solari. Diremo no alle speculazioni di Expo 2015, fatte sulla pelle dei cittadini e sui nostri territori martoriati. Precarie, operai, partite iva, hacker, cassintegrate, studenti, creative, commessi, giornaliste, disoccupati, stagiste – nativi e migranti. Da Dortmund, Ginevra, Amburgo, Hanau, Lisbona, L’Aquila, Losanna, Malaga, Milano, Palermo, Tubingen, Zurigo, Tokio, Toronto e Tsukuba, uniamoci contro la crisi e gridiamo: Mayday Mayday!

Diritti umani e diritto internazionale per tutti: no all'impunità della politica israeliana in Palestina

ODG votato al Congresso Nazionale FIOM
L'occupazione israeliana dei territori palestinesi che dura da oltre 40 anni, l'espandersi continuo degli insediamenti illegali nei territori occupati di Cisgiordania e Gerusalemme est, l'embargo sulla striscia di Gaza che ha preceduto e seguito l'attacco militare con 1400 vittime, devono avere fine. Fanno parte di una politica che viola permanentemente il diritto internazionale, godendo di una ingiustificata e ingiustificabile impunità.
Tutti i diritti umani sono negati: da quelli economici e sociali, a quelli civili e politici. Il Muro/recinto, che arriverà a 750 km, i 600 posti di blocco e militari, l'esclusione dall'uso di molte strade, riservate agli israeliani, non solo limitano la libertà di movimento, di lavoro e di comunicazione della popolazione palestinese, ma prefigurano un nuovo sistema di apartheid (segregazione razziale).
Il Tribunale Russell per la Palestina su: “Le responsabilità dell'Europa” (Barcellona, marzo 2010) chiede alla UE e a ognuno dei suoi Stati membri di “imporre le sanzioni necessarie su Israele attraverso misure diplomatiche, commerciali e culturali, per porre fine all'impunità”. E chiede la fine dell'impunità della politica israeliana anche il rapporto del Giudice Goldstone, per conto delle Nazioni Unite, riconosciuto dal voto del Parlamento Europeo, che documenta le prove di crimini di guerra e contro l'umanità commessi dall'esercito israeliano durante l'attacco a Gaza.
In base a queste considerazioni, il XXV Congresso nazionale della FIOM, mentre esprime la propria piena solidarietà ai Comitati popolari palestinesi per la resistenza non violenta contro il Muro, l'occupazione e la colonizzazione, come a tutte le azioni nella stessa direzione dei movimenti pacifisti israeliani, ritiene indispensabile una nuova e più forte fase di solidarietà nei confronti della popolazione palestinese e per mettere fine all'impunità di Israele, attraverso:
azioni di pressione nei confronti del Governo italiano perché si adoperi per la sospensione degli accordi commerciali (anche in sede europea) che prevedono condizioni privilegiate per Israele; la revoca del trattato di cooperazione tecnologica e militare con Israele tutte le azioni possibili nel quadro della Campagna internazionale BDS (boicottaggio, ritiro di investimenti, sanzioni) promossa dalle associazioni palestinesi, inclusi i sindacati, definendo opportunamente modalità e obiettivi efficaci invio di delegazioni in Palestina e Israele, per favorire la conoscenza diretta della situazione, sostenere e rafforzare i legami di amicizia e solidarietà con i movimenti per la resistenza non violenta e per la pace palestinesi e israeliani.
Alessandra Mecozzi più 30 firme di delegati/e
504 a favore
117 astenuti
3 contrari
16 aprile 2010


17 aprile 2010

Senza cura


di Enrico Piovesana
"Quando giovedì sera ho visto alla televisione, ad Annozero, la vignetta di Vauro sulla chiusura del nostro ospedale a Lashkargah, quella con il bambino abbandonato e la Morte con la falce in mano che gli dice, 'Non ti preoccupare piccolo, ci sono qua io', mi veniva da piangere. Se penso a loro, a tutti quei piccoli che stavamo curando e che ora chissà dove sono, mi si stringe il cuore".

Le parole di una delle quattro operatrici sanitarie 'reduci' da Lashkargah spiegano bene lo stato d'animo dello staff di Emergency dopo il forzato abbandono dell'ospedale in Helmand.
Sì, perché al di là dell'angoscia per la sorte di Marco, Matteo e Matteo e dei loro colleghi afgani a rattristare il personale della ong di Gino Strada c'è anche il destino, ormai segnato, della popolazione di Helmand. Di quei bambini, di quelle donne, di quegli anziani doppiamente vittime di questa guerra, che toglie loro non solo la pace, la salute e spesso la vita, ma anche il diritto umano di ricevere cure adeguate e gratuite.

Chiunque abbia messo piede nell'ospedale governativo di Bost, l'unico ora in funzione nell'intera provincia, sa cosa aspetta i feriti di guerra di quella regione. "Eravamo andati in visita al Bost Hospital solo pochi giorni prima di questa storia", racconta a PeaceReporter una delle infermiere evacuate da Lashkargah. "Abbiamo visto i corridoi sporchi di feci dei pazienti, c'era un odore nauseante. Le condizioni di quella struttura sono indescrivibili".

La gente di Lashkargah, che porta sul proprio corpo i segni delle cure ricevute da Emergency, ha comprensibilmente paura di protestare contro la chiusura dell'ospedale o di esprimere il suo sostegno all'ong italiana. Con l'aria che tira laggiù, chiunque lo facesse finirebbe immediatamente in galera con l'accusa di essere un talebano. Il sentimento della popolazione locale non può certo essere letto attraverso la ridicola manifestazione anti-Emergency inscenata da ventiquattro persone radunate dal governo nello stadio cittadino - non davanti all'ospedale. Nessuna telecamera racconterà lo sconforto dei genitori di Bibi, Ali, Fazel, Gulalay, Khudainazar, Akter, Roqia e di tutti gli altri bambini afgani quotidianamente sfigurati da bombe e mine che ora non potranno più contare sulle cure, gratuite, dello 'shafahan imergensì'.

La popolazione afgana di Kabul e delle province vicine, fino alla valle del Panjshir, dove la situazione politica è ben diversa da quella del profondo sud afgano, ha invece deciso di testimoniare la sua solidarietà a Emergency con una raccolta firme fatta a mano. In tre giorni sono arrivate alla sede dell'ong a Kabul 8.245 firme (fino alle 16, ora locale, di venerdì), molte delle quali date sotto forma di impronte digitali.
L'iniziativa è stata dello staff locale di Emergency. "Quando abbiamo detto loro che in Italia si stavano raccogliendo firme di sostegno - spiega a PeaceReporter la responsabile dell'ospedale di Emergency in Panshir - si sono proposti di fare altrettanto con un entusiasmo che ci ha lasciati incantati. Ci hanno detto che non vogliono che finisca come nel 2007, quando Emergency fu costretta a chiudere tutti i suoi ospedali nel paese. Anzi, loro hanno detto 'i nostri' ospedali".

www.peacereporter.net

16 aprile 2010

Generi di prima necessità


sabato 17 aprile /010
Piazza dei Signori ore 15.30

installazione vivente_
fotografie in piazza_

Il Circolo pink di Verona cerca 31 persone
per allestire in piazza la mostra fotografica
sulla visibilità trans GENERI DI PRIMA NECESSITA’
a cura del Circolo GLBT Maurice di Torino

Ogni persona sostiene una foto 120x80 cm_
Sarebbe preferibile l’abbigliamento scuro (nero)_
Le foto pesano circa 6 kg_
L'iniziativa durerà circa 2 ore_

Il tutto verrà allestito come una vera mostra in galleria,
la differenza stà nel supporto, non muri o cavalletti ma persone_

L’installazione in piazza sarà anche l’occasione per presentare le iniziative del 25 aprile 2010

se vuoi partecipare ed essere una delle persone che sorreggeranno le foto
chiama il circolo pink al numero - info@circolopink.it

Causa le solite esigue finanza del pinknon è previsto un compenso per chi
presterà il proprio corpo per la buona riuscita dell'iniziativa.
Per partecipare all'installazione sarebbe meglio prenotarsi.

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Sostieni il referendum contro la privatizzazione dell'acqua


La gestione privata degli acquedotti migliora il servizio?
Due terzi del servizio idrico integrato in Italia è stato affidato sottraendo la gestione al controllo diretto dei comuni. Il 33% di questi affidamenti è ad aziende con soci privati. Nonostante ciò la situazione delle perdite delle reti è fuori controllo. In media il 34% dell’acqua potabile si perde nei tubi. Un italiano su 3 subisce un approvvigionamento discontinuo ed insufficiente. Nell’ultimo decennio a fronte di un’inflazione pari al 22%, le tariffe sono aumentate del 61%.
Le privatizzazioni hanno fatto danni anche in altri settori. Si pensi al servizio sanitario. Le cliniche private convenzionate con il servizio sanitario nazionale sono arrivate a fare interventi inutili ai pazienti per ricevere il rimborso statale.
I risultati della privatizzazione, in Italia e nel mondo sono stati pesantemente negativi per gli utenti e i lavoratori in essi impiegati ma sono una comoda fonte di introiti certi per privati, fondi d’investimento, multinazionali ed esponenti del capitale finanziario, che sono entrati in queste imprese
I privati portano capitali?
Nel decennio 1986-1995 ovvero prima della Legge Galli che ha aperto ai privati la gestione dei servizi idrici con gestioni tutte pubbliche, gli investimenti sulle rete e le infrastrutture ammontavano a 2 mld euro/anno. Nel decennio successivo, quando tutte le gestioni sono diventate SpA, molte aperte ai privati e alcune collocate in Borsa, gli investimenti sono crollati a 700 mln euro l’anno.
I privati non portano capitali, ma incassano solo i guadagni. Infatti la legge garantisce di recuperare i soldi investiti nel servizio e di avere una quota di profitti garantiti, da qui l'aumento spropositato delle tariffe, il peggioramento del servizio e l'abbassamento dei diritti dei lavoratori di queste aziende..
Che succede dopo l'ulteriore spinta alla privatizzazione dell'acqua da parte del governo Berlusconi?
L'articolo 15 della legge Ronchi prevede che entro il 2011 vengano cedute ai privati le società a capitale pubblico che gestiscono l'acqua, lo smaltimento dei rifiuti e il trasporto su gomma. Insomma si vuole concludere il processo di privatizzazione in atto da 15 anni.
La libera concorrenza avvantaggia i cittadini?
La libera concorrenza è un mito. La maggior parte degli affidamenti sono fatti senza rispettare le norme sulla concorrenza, o sono stati fatti a trattativa privata. Di norma le aziende più grandi inglobano quelle più piccole senza passare per gare ad evidenza pubblica. Dopo aver affidato il servizio ad una S.p.A. questa può decidere autonomamente di mettere in vendita parte delle quote societarie. Parlare di “libera concorrenza”significa inoltre non voler vedere i rapporti di sfruttamento e le enormi differenze di potere che sono essenziali all’esistenza di queste società, significa non voler vedere che sono i capitalisti a decidere cosa e come produrre e che le dotazioni economiche dei consumatori dipendono dalla loro collocazione in un processo produttivo in cui ci sono sfruttati e sfruttatori.
Basta la ripubblicizzazione? No. Acqua pubblica e partecipata
Fermare la privatizzazione e ripubblicizzare l'acqua sono solo il primo passo. L'esperienza di decine di comitati territoriali per l'acqua pubblica ci insegna che non possiamo delegare agli amministratori, per quanto in buona fede.
Solo la partecipazione diretta dei cittadini e dei lavoratori del servizio idrico alle scelte potrebbe garantire un livello di controllo adeguato sulla risorsa acqua. Ma la partecipazione è una conquista contro l'apatia della maggior parte di noi che non è abituato/a a decidere, pensando sempre di dover delegare; una conquista contro chi non vuole cedere i suoi posti di comando.

Fuori l'acqua dal mercato! Fuori gli squali dall'acqua!
Le nostre vite valgono più dei loro profitti

Sinistra Critica Veneto

13 aprile 2010

LIBERATE LA PACE!

Sabato scorso militari afgani e dell’Isaf (coalizione militare della Nato che conduce l’operazione di guerra in Afghanistan e di cui fanno parte anche le Forze armate italiane) hanno arrestato 9 membri dello staff internazionale di Emergency nell’ospedale di Lashkar-gah, tra i quali gli italiani Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.

Le pesantissime accuse (collaborazione con talebani e Al Qaeda) e le vicende che ne rappresentano il contorno – voci pilotate di ammissioni di colpevolezza e manifestazioni organizzate contro l’ospedale di Emergency che sarebbe “un pericolo per la sicurezza della regione” – confermano solamente che ancora una volta qualcuno cerca di colpire Emergency e il suo ruolo in Afghanistan, con l’obiettivo di screditarne la credibilità e indurla a lasciare il paese. Come sostiene giustamente Gino Strada “non vogliono testimoni” – che, aggiungiamo noi, possano raccontare al mondo la realtà della guerra della Nato, una guerra fatta di bombardamenti, morti civili, corruzione politica e violazione dei diritti della popolazione afghana, in un “gioco” speculare a quello dei fondamentalisti (siano essi talebani o gruppi alleati di Karzai e della Nato).

Ci preoccupano le parole del ministro Frattini e del sottosegretario Mantica (gli arresti devono “far riflettere Gino Strada e la sua organizzazione, che forse da umanitario fa un po' troppa politica”), perché mostrano la volontà politica del governo di coprire l’attacco a Emergency.

Noi stiamo con Emergency e chiediamo a quello che in questi anni è stato ed è il “popolo della pace” di mostrare in tutti i modi la sua solidarietà a questa organizzazione e di tornare a manifestare la sua opposizione alla guerra della Nato – chiedendo ancora una volta che siano rispettati i diritti di tutte/i i in Afghanistan: i diritti delle donne e delle forze progressiste, il diritto di chi opera davvero per la pace e la convivenza.


Esecutivo nazionale Sinistra Critica – organizzazione per la Sinistra anticapitalista

12 aprile 2010

Io sto con Emergency


Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.

Emergency è indipendente e neutrale. Dal 1999 a oggi EMERGENCY ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 cittadini afgani e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso.

IO STO CON EMERGENCY

FIRMA L'APPELLO

8 X 1000

10 aprile 2010

COMUNICATO STAMPA: Tre operatori di Emergency prelevati all'ospedale di Lashkar-gah


Milano, 10 aprile.
Oggi pomeriggio uomini della polizia e dei servizi segreti afgani hanno fatto irruzione nel Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah, nella provincia meridionale di Helmand. Tre dei nostri operatori, cittadini italiani, sono stati prelevati attorno alle 16.30, ora afgana.
Non siamo finora riusciti ad avere un contatto telefonico con loro. Nell’unico contatto avuto con uno dei cellulari in uso ai nostri operatori ha risposto una persona che si è qualificata come ufficiale delle forze armate britanniche e che ha detto che gli italiani stavano bene ma che - al momento - non si poteva parlare con loro.
Altri cinque dei nostri operatori, tra cui quattro italiani e un indiano, sono al momento nell’abitazione dello staff internazionale e sono in costante contatto telefonico con il nostro staff a Milano.
Né le autorità afgane né rappresentanti della coalizione internazionale si sono messe in contatto con noi per spiegarci le ragioni di questo prelevamento.
Abbiamo appreso da un lancio di agenzia dell’Associated Press che alcune persone, tra cui cittadini afgani e “due medici italiani”, sarebbero state arrestate con l’accusa di avere complottato per uccidere il governatore della provincia di Helmand.
L’accusa ci sembra francamente ridicola e siamo assolutamente certi che la verità verrà presto accertata.
Fermo restante la libertà del governo afgano, delle forze di polizia afgane e dei servizi di sicurezza di svolgere tutte le indagini del caso, chiediamo l’assoluto rispetto dei diritti dei nostri operatori, locali e internazionali. Si tratta di persone che da anni lavorano, per assicurare cure alla popolazione afgana. Chiediamo pertanto di rispettare i loro diritti, per primo il diritto di comunicare con noi e farci sapere dove si trovano e come stanno.

Emergency è presente in Afganistan dal 1999 con tre centri chirurgici, un centro di maternità, una rete di 28 centri sanitari.
A Lashkar-gah, Emergency è presente dal 2004 con un centro chirurgico per vittime di guerra, che in questi anni ha curato oltre 66mila persone.ù
www.emergency.it

Afghanistan, arrestati a Lashkargah tre operatori italiani di Emergency


Tre operatori italiani dell'ospedale dei Emergency a Lashkargah, nella provincia meridionale di Helmand, sono stati arrestati dalle forze di sicurezza afgane e dalle truppe britanniche Isaf (entrate armate nell'ospedale: VIDEO) con l'accusa di coinvolgimento in un complotto per organizzare attentati suicidi e per assassinare il governatore locale, Gulab Mangal.
I tre sono Marco Garatti, coordinatore medico del progetto di Emergency in Afghanistan, Matteo Dell'Aira, infermiere capo dell'ospedale di Lashkargah, e Matteo Pagani, logista dello stesso ospedale.
Assieme a loro sono stati fermati altri sei dipendenti afgani dell'ospedale.
Secondo Daud Ahmadi, portavoce del governatore di Helmand, le forze di sicurezza che hanno fatto irruzione nell'ospedale di Emergency hanno trovato nel magazzino dell'ospedale giubbotti esplosivi, granate e armi da fuoco.
Non si sa dove gli arrestati siano detenuti.
La sede milanese dell'ong non e' ancora riuscita a parlare con loro.
"Quando abbiamo provato a chiamare il telefono di uno dei nostri operatori - ha dichiarato Maso Notarianni, responsabile comunicazione di Emergency - ha risposto un uomo che si e' qualificato come appartenente alle 'forze britanniche Isaf', ci ha assicurato che gli italiani erano con lui e stavano bene, ma non ce li ha passati".
"L'accusa di un qualsiasi complotto o del favoreggiamento di qualsiasi azione violenta è assolutamente ridicola", ha detto Notarianni. "Chiunque, qualsiasi afghano medio, ridirebbe del fatto che qualunque membro dello staff di Emergency possa complottare alcunché. Dal ministro Frattini ci aspettiamo che faccia immediatamente rilasciare i nostri medici e che esiga che la situazione torni alla normalità. L'ospedale di Lashkargah opera in una situazione difficile nella provincia di Helmand è in corso da settimane un'operazione militare che ha colpito molti civili, che spesso non potevano ricevere alcun soccorso".
La Farnesina, dal canto suo, "ribadisce la linea di assoluto rigore del governo italiano contro qualsiasi attività di sostegno diretto o indiretto al terrorismo in Afghanistan, così come altrove" e che "i medici italiani in stato di fermo lavoravano in una struttura umanitaria non riconducibile ne' direttamente ne' indirettamente alle attività finanziate dalla cooperazione italiana".
Per Gino Strada, fondatore di Emergency, "l'accusa mossa ai nostri e' assurda: e' come se in Italia si facesse circolare la voce che Don Ciotti sta complottando per uccidere il papa, e mi scuso con il mio amico per questo esempio. È vero - continua Strada - che il progetto che Emergency sta portando avanti in Afghanistan non è finanziato dalla cooperazione, ma ha ricevuto la 'conformità' del ministero degli Esteri, termine tecnico per dire che la Farnesina riconosce quel progetto e lo avalla, quindi non è vero che si possono tirare fuori". Sulle armi rinvenute nell'ospedale, Strada ha detto: "Non posso escluderlo, come non posso escludere che qualcuno possa entrare con una pistola in qualunque ospedale italiano".
www.peacereporter.net

09 aprile 2010

Madrid: iniziano le contestazioni al processo di Bologna


E' iniziata oggi la settimana di rivolte, contestazioni, workshop e assemblee che si terrà dall'8 al 14 aprile a Madrid contro il Processo di Bologna e le politiche europee di smantellamento del sistema d'istruzione pubblico.
La rete nazionale Ateneinrivolta.org, come nel precedente meeting di Vienna, sarà presente a Madrid contribuendo ai dibattiti e sostenendo attivamente le giornate di mobilitazione. Tramite questo sito internet forniremo continui aggiornamenti sul meeting, con articoli quotidiani, corrispondenze audio, foto, video e racconti delle giornate a Madrid.

segui tutto su

http://ateneinrivolta.org/

06 aprile 2010

Contro la crisi per una prospettiva anticapitalista. A Roma il 17 aprile, assemblea di Sinistra Critica


Contro la crisi per costruire una prospettiva anticapitalista. E' il senso della nostra assemblea-convegno che si terrà a Roma il 17 aprile - dalle ore 13 al Centro Congressi di via Rieti - e che costituirà un'occasione di confronto e di discussione, dentro e fuori Sinistra Critica, dopo le elezioni. Elezioni che non offrono grandi novità ai fini di un'ipotesi anticapitalista. Il grande tema della crisi è infatti del tutto assente dalla campagna elettorale e le stesse forze della sinistra istituzionale, nella scelta di rimanere agganciati al carro del centrosinistra, ai suoi candidati e, quindi, ai suoi temi ha perso l'ennesima occasione per presentare un progetto politico alternativo. Le elezioni contribuiranno a chiarire gli scenari, certamente non modificheranno un dato di fondo: la crisi continua a essere dura, attacca il mondo del lavoro, precarizza le nostre esistenze, rafforza il razzismo e la xenofobia, distrugge l'ambiente.
Per questo ci vediamo a Roma il 17 aprile: per costruire una riflessione unitaria attorno alla crisi a partire dalle differenti vertenze e dai diversi ambiti in cui ognuno, ognuna di noi vive e opera. E per cercare di ribadire il concetto che "contro la crisi occorre unire le lotte": per questo all'assemblea parleranno i lavoratori che si mobilitano, le vertenze territoriali, studentesche, per i diritti civili. E un particolare spazio avrà l'avvio del Referendum contro la privatizzazione dell'acqua.
Un momento di confronto e di riflessione anche per progettare il futuro della sinistra anticapitalista e rilanciare la proposta di uno "Spazio comune", che mobiliti energie politiche, sociali, associative, sindacali, individuali oggi prive di un punto di riferimento credibile. Uno spazio comune plurale ma coerente, determinato a non far morire nel nostro paese l'ipotesi di un altro mondo possibile e di una sinistra alternativa

04 aprile 2010

25 Aprile 2010, Sessantacinquesimo anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo

Verona 1 aprile 2010,
Al Sig. Presidente della Repubblica Italiana: dott. Giorgio Napolitano
Al Sig. Prefetto di Verona: dott.ssa Perla Stancari
Al Sig. Questore di Verona: dott. Vincenzo Stingone
Al Sig. Sindaco di Verona: Flavio Tosi
Si avvicina il 25 Aprile 2010
Vi scriviamo perché, come cittadine e cittadini veronesi, vorremmo partecipare alle celebrazioni ufficiali che si svolgeranno la mattina di quel giorno, senza dover 'combattere' con le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, che abbiamo trovato all'entrata del Palazzo della Gran Guardia vecchia e in Piazza Bra negli ultimi anni, sia in occasione della festa della Liberazione che della Giornata della Memoria.
Sarete senz'altro d'accordo con noi nell'ammettere che lo spettacolo di numerosi carabinieri, poliziotti e dirigenti della Questura, impegnati nel contenere le persone che volevano presenziare alle cerimonie, è stato indecoroso e spropositato, oltre che molto oneroso per le tasche dei contribuenti. Quest'anno, lo scorso 27 gennaio, dopo aver inviato una lettera simile a questa, i controlli e le “emarginazioni” sono stati contenuti ma sempre attivi.
Ribadiamo adesso, anche se ci sembra super uo, che è diritto di tutte e tutti le/i cittadine/i veronesi partecipare alle commemorazioni pubbliche del 25 aprile 2010, se di commemorazione pubblica si tratta.
Viviamo ancora in uno stato democratico, per quanto sottoposto a crude revisioni, e crediamo che sia un grave pregiudizio trattare ogni volta la libertà di espressione e di manifestazione come un problema di ordine pubblico.
Ci toccherà anche quest'anno, nel giorno che celebra la liberazione dal nazi-fascismo, mercanteggiare la nostra presenza in sala e in piazza?
Fino a prova contraria, non abbiamo mai fomentato odi rancori pregiudizi ma svolto la semplice funzione di difesa della Costituzione, nata dalla Resistenza antifascista. Pertanto, chiediamo di sapere se qualche autorità vorrà esercitare, anche questa volta, il proprio potere di veto, indirizzandolo, in modo del tutto illegale, verso i soliti noti, per impedire loro di entrare o essere presenti.
Vorremmo inoltre sapere dal sig. Prefetto se, considerati i gravi abusi commessi negli anni precedenti, non ritenga di doversi dichiarare garante, in modo esplicito e preventivo, della libertà delle cittadine e dei cittadini di Verona, che volessero accedere alla cerimonia pubblica di Gran guardia vecchia, in Piazza Bra e negli altri luoghi della Resistenza veronese?
Al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in visita a Verona il prossimo 8 e 9 Aprile, vorremmo rivolgere un appello particolare, la gentilezza di concederci dieci minuti del suo tempo prima dei vari impegni istituzionali che avrà a Verona. Dieci minuti per ascoltare quei cittadini e cittadine a cui da troppi anni viene impedito, e non solo il 25 aprile, di partecipare liberamente alle manifestazioni u ciali.
Ringraziano per l'attenzione
Le cittadine e i cittadini antifasciste/i veronesi

Mobilitiamoci perchè non rubino altri mesi di vita a Joy


Il 12 aprile scadono i 60 giorni affibbiati a Joy il 12 febbraio scorso, con un’udienza di convalida fatta in fretta e furia e senza i suoi avvocati dopo il trasferimento dal carcere di Como al Cie di Modena.
Molto probabilmente, qualche giorno prima della scadenza la questura di Modena chiederà al giudice di pace di firmare il prolungamento della sua detenzione nel Cie per altri 60 giorni. E il giudice di pace firmerà senza battere ciglio, come sempre.

Questi sono gli “automatismi burocratici” che, grazie alle nuove norme introdotte col “pacchetto sicurezza”, rubano fino a sei mesi di vita a donne e uomini migranti rinchiudendole/i in uno dei 13 lager sparsi sul territorio italiano per poi rimpatriarle/i.
Automatismi che ci richiamano alla memoria l’apparato burocratico che tenne in piedi i lager nazisti, quella “banalità del male” che dissimula la ferocia del razzismo istituzionale e dei suoi esecutori – oggi come ieri. Automatismi contro cui si rivoltano, giustamente e sempre più frequentemente, le centinaia di donne e uomini rinchiuse nei lager di stato e quotidianamente sottoposte ad umiliazioni, vessazioni, molestie e violenze.

Joy che, come tante altre donne rinchiuse nei lager per migranti, avrebbe diritto ad un permesso di soggiorno come vittima di tratta, è ingabbiata nel circuito Cie-carcere-Cie dal 26 giugno 2009. Quel giorno, infatti, venne fermata per un controllo mentre andava al supermercato. Sprovvista di documenti, venne trattenuta per tre giorni in caserma e poi portata al Cie milanese di via Corelli, il 29 giugno.
Ad oggi le hanno rubato quasi dieci mesi di vita. Quanti altri gliene vogliono rubare?

Raccontare la storia di Joy come storia paradigmatica significa rendere pubblica la “banalità del male” a cui ci vorrebbero assuefare e contro la quale RIBELLARCI E’ GIUSTO!

Invitiamo le realtà antirazziste a costruire nei propri territori, intorno al 12 aprile, iniziative e mobilitazioni contro i Cie, le deportazioni e le norme liberticide e razziste del pacchetto sicurezza.
Come sempre il blog noinonsiamocomplici è a disposizione di chi nega fattivamente la propria complicità col razzismo istituzionale e i suoi servi. Segnalateci le iniziative a complici@anche.no
Noinonsiamocomplici

03 aprile 2010

Cucchi e Uva, quante analogie

di Luigi Manconi
Alle ore 11.10 del 14 giugno 2008 Giuseppe Uva, 43 anni, gruista, muore nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Circolo di Varese. Attenzione alla data: 14 giugno 2008, quasi due anni orsono. Intorno alle 3 di quella notte Uva e l'amico Alberto Biggiogero erano stati fermati in stato di ebbrezza da una pattuglia dei carabinieri. Portati nella caserma di via Saffi, sempre a Varese, erano stati separati e Biggiogero, dalla sala di aspetto, aveva potuto ascoltare per ore le grida strazianti dell'amico. Intorno alle 6 di mattina, poi, Uva era stato ricoverato nel pronto soccorso dell'ospedale: da qui, trasferito in psichiatria e sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio e alla somministrazione di farmaci incompatibili con il suo stato etilico. Da qui la morte, qualche ora dopo.
Questi i fatti essenziali (tutte le circostanze e le testimonianze si trovano sul sito www.innocentievasioni.net). Per quasi due anni le indagini sono state completamente ferme. Dopo che l'opinione pubblica e i familiari di Uva hanno sollevato con forza il caso, ecco la prima iniziativa della Procura: ieri un giornalista della Prealpina e uno della Provincia di Varese sono stati sentiti da un pm per «sommarie informazioni testimoniali» (evidentemente i loro articoli non sono stati apprezzati in procura). Ma non è stato ancora mai ascoltato il principale testimone, Biggiogero, l'uomo che quella notte era stato fermato con Uva. Si spera che accadrà presto, così come ci si augurano nuove indagini e nuovi rilievi autoptici (la procura starebbe pensando alla riesumazione della salma), per rispondere ai molti quesiti rimasti elusi.
Questi i principali: 1. Esisteva un rapporto pregresso tra Uva e un appartenente alle forze dell'ordine? Testimonianze delle ultimissime ore parlano di una relazione tra Uva e la moglie di un carabiniere, e questo spiegherebbe il risentimento personale che determinò l'accanimento persecutorio di quella tragica notte.
2. Come mai l'autopsia sul corpo di Uva non ha contemplato gli esami radiologici necessari a individuare eventuali fratture?
3. Perché non sono state considerate le dichiarazioni del comandante del posto di polizia presso l'ospedale? Quest'ultimo ha scritto che la morte di Uva non sarebbe «un evento non traumatico»; che è rilevabile «una vistosa ecchimosi rosso-bluastra» sul naso e che «le ecchimosi proseguivano su tutta la parete dorsale»; che il corpo di Uva risultava privo degli slip e che sui suoi pantaloni «si evidenzia tra il cavallo e la zona anale una macchia di liquido rossastro». Fatto confermato dalla testimonianza della sorella, che afferma di aver visto «tracce di sangue dall'ano».
Siamo in presenza, come si vede, di un altro (l'ennesimo?) "caso Cucchi". Balzano agli occhi le analogie. La prima: Uva e Stefano Cucchi (il giovane morto nei mesi scorsi a Roma dopo l'arresto e il ricovero all'ospedale Pertini) subiscono violenze mentre si trovano nella disponibilità di apparati statuali, che hanno come primo dovere istituzionale quello di garantire l'incolumità di chi si trovi sotto il loro controllo (è questo che fonda la legittimità giurido-morale dello Stato). Ancora: Uva e Cucchi, a seguito delle violenze subite, vengono ricoverati in una struttura sanitaria pubblica. Qui trovano la morte a causa di precise responsabilità del personale medico. Infine: nel caso di Cucchi e di Uva (ma anche in quello di Marcello Lonzi, Giovanni
di Luigi Manconi
Lorusso e di molti altri ancora), a rompere il muro del silenzio è una figura femminile, madre o sorella della vittima che trova in sé la forza, disperata e intelligente, per fare del proprio dolore più intimo un'occasione di denuncia pubblica.
Lunedì scorso il procuratore capo di Varese Maurizio Grigo ha convocato una conferenza stampa per affermare che «il 30 settembre 2009 la dottoressa Sara Arduini ha aperto un nuovo procedimento proprio per verificare le nuove accuse della famiglia e le dichiarazioni rese dal signor Biggiogero».
In altri termini ha ammesso candidamente qualcosa di enorme: la testimonianza, dettagliata e puntualissima, resa da Biggiogero il 15 giugno 2008 ha indotto il magistrato ad aprire un fascicolo contro ignoti il 30 settembre 2009. Ovvero a distanza di oltre 15 mesi dall'evento. E a distanza di quasi 6 mesi dall'apertura di quel fascicolo, come si è detto, quel testimone prezioso ancora non è stato ascoltato. Così come non sono stati ancora interrogati i carabinieri e i poliziotti presenti in caserma quella notte. Come dire: i tempi della giustizia.
il manifesto 27/03/2010

02 aprile 2010

Zaia e Cota impediscono l'autodeterminazione della donna


Comunicato stampa del Circolo Pink Verona
Che il partito dei leghisti restituisca alla chiesa cattolica i favori ricevuti durante la campagna elettorale, fa parte della politica dei traffici illeciti, che si rinnova a ogni stagione, nel nostro paese.


Ma che tale contraccambio assuma, e fin da subito, la forma dell’ennesimo attacco alla legge 194, la dice lunga sul modo in cui il partito leghista intende governare: ponendo divieti, alimentando confusioni e paure, mettendo in atto manovre repressive e dannose contro le donne, ritenute, evidentemente, la parte debole, e sicuramente spregevole, della società.

Per questo esprimiamo parole di severa condanna nei confronti delle dichiarazioni parallele di Zaia e Cota, che vorrebbero vietare l’uso del farmaco denominato Ru 486, quello stesso che consente alla donna di procedere all’interruzione non invasiva della propria gravidanza. I due presidenti leghisti, inaugurando in questo modo il quinquennio del loro mandato, vogliono rilanciare un messaggio ben chiaro: non c’è diritto che tenga, non c’è storia, anche la più appassionata e sentita, che non possa essere cancellata; non c’è corpo non c’è sofferenza che meritino rispetto e tutela, quando lo richiedano i principi superiori degli interessi del clan, del gruppo identificato come proprio e prevalente. Gli altri sono fuori, i sommersi. Questa è ideologia di uno stampo che abbiamo già conosciuto, e Zaia, che afferma di avere Primo Levi fra i suoi autori preferiti, potrebbe darle il nome che più le conviene.
Siamo ancora al punto in cui i prevalenti di turno ripetono il tragico copione: spogliare e corrodere le vite ritenute minori, per poi procedere con tutte le altre che vengono ritenute indegne.
La sortita inaugurale del duo leghista riguarda tutte e tutti: la condanniamo, la respingiamo come un’insidia che viene da lontano.

Il nuovo medioevo delle destre: battute sugli stupri e stop alla RU486


Ieri la dichiarazione di Cicchitto (presidente dei deputati del PDL) “la vittoria in Piemonte è politicamente uno stupro”. Ieri le innumerevoli esternazioni del Capo del Governo, l’ultima al comizio finale della Polverini dove, con fare ammiccante e sorridente, le ha ricordato: «Sai che ho lo ius primae noctis sulle nostre candidate?”
Lo ius primae noctis era il diritto di un signore feudale di trascorrere, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, la prima notte di nozze con la sposa. Cioè il diritto ad uno stupro. Battute simpatiche? Storielle divertenti? Frasi da caserma? Volgarità di cattivo gusto?
No, niente di tutto questo. E’ l’ennesima esternazione della società italiana a cui ambisce il Cavaliere: l’Italia di sudditi e cortigiane. E’ la considerazione che il Capo del Governo ha delle donne: corpi da disporre a suo piacimento. Le noti vicende politiche degli ultimi tempi hanno scoperchiato un sistema costruito sullo scambio tra corpi femminili e poteri maschili, tra favori sessuali e carriere, tra sesso e politica.
Queste vicende parlano della profonda connessione che esiste tra la gestione del potere politico ed economico e la rappresentazione delle relazione tra uomini e donne.
Il maschilismo (o patriarcato) vive con agio, sempre più alimentato, nella mentalità collettiva e fonda il sistema politico ed economico di questa società.
E’ questione che interroga la politica e riguarda tutti e tutte noi.

Donne di Sinistra Critica

Comunicato Stampa del gruppo donne di SC

"Dall'inno allo stupro di Cicchitto (presidente dei deputati del PDL): "la vittoria in Piemonte è politicamente uno stupro", allo stop alla Ru486 (la pillola del giorno dopo) dei neogovernatori Cota, Zaia e Polverini (rinominata in modo riprovevole dagli stessi 'kill pill' annunciando di volerne imboscare le scorte per non farla arrivare nelle farmacie), le destre continuano a governare sul corpo delle donne secondo le usuali linee guida del Vaticano. E proprio mentre quest'ultimo affonda nell'ignominia dei casi 'interni' pedofilia coperta dalle più alte gerarchie, i neogovernatori di Lega e Pdl fanno di nuovo sponda al Papa, negando dignità alle donne la tutela della loro salute.
Infatti le dichiarazioni di queste ore degli esponenti del centro destra contro l'aborto farmacologico, permesso e praticato da anni nei paesi europei più avanzati, mostrano la sostanza che si cela dietro le continue ed orrende battute sessiste e volgari di molti esponenti del Pdl, Berlusconi in testa. Altro che scandalo escort. La destra considera tutte le donne corpi da controllare e reprimere, da offendere e denigrare quando non conformati all'idea che loro stessi hanno delle 'femmine', oppure soprammobili per abbellire il tavolo del governo.
Una sinistra degna di questo nome non può che ripartire da una forte battaglia femminista per difendere libertà e dignità delle donne. Noi faremo la nostra parte."

Quello che manca è una vera sinistra alternativa e anticapitalista

A cura dell'Esecutivo Nazionale di Sinistra Critica

Le elezioni regionali dello scorso weekend hanno dato alcuni risultati indiscutibili: su tutte la “vittoria” dell’astensionismo – quasi 2 milioni di elettori rispetto alle elezioni europee del 2009 questa volta non sono andati votare – che ha come effetto diretto il successo politico della Lega Nord, nel quadro di una tenuta della destra al governo e di Berlusconi (destra che non solamente strappa 4 regioni al centrosinistra, ma soprattutto non paga il prezzo delle sue politiche di governo e non perde consensi, almeno in termini relativi).
I numeri assoluti segnalano che l’astensionismo colpisce (quasi) ovunque: il PDL perde il 27% dei voti delle europee (anche se le liste civiche dei candidati della destra vanno meglio di quelli del centrosinistra); il PD perde il 16% dei voti delle Europee, mentre UDC e IDV circa il 25%; la Federazione della Sinistra perde ancora il 30% dei voti; nonostante la percezione evidente del suo successo anche la Lega perde il 4% dei voti dello scorso anno, con un arretramento di 60 mila voti nel Piemonte appena conquistato (solo in Emilia aumenta in voti assoluti, di 10 mila unità)
L’astensionismo è un segnale naturalmente non univoco: indifferenza; distanza crescente da una politica che non offre soluzione ai bisogni sociali; adesione ad un idea “spettacolare” della politica, per cui si assiste ma non si partecipa; mancanza di un referente politico che si senta vicino alle proprie idee e prospettive: questi e molti altri i motivi di una sempre maggiore disaffezione verso le elezioni. Un dato che non ci conforta e che anzi consideriamo estremamente negativo anche se ne vediamo le responsabilità nelle forze politiche – di centrodestra e di centrosinistra – che hanno prodotto questa politica e questa concezione non partecipativa della stessa, espropriando i luoghi della rappresentanza formalmente democratica e concentrando i poteri negli esecutivi e in enti non eleggibili e non controllabili democraticamente. In particolare, è frutto di una generale disillusione e demoralizzazione che trova fondamento nell'assoluta inconsistenza dell'alternativa politica e in una prospettiva credibile che faccia da contraltare al berlusconismo ma anche all'attuale crisi.
Anche per questo la Lega Nord riesce ancora una volta a presentarsi come partito “di lotta e di governo”, determinando scelte importanti a livello governativo (in particolare contro migranti e in materia di “sicurezza”), garantendo la tenuta del governo Berlusconi mentre allo stesso tempo si fa propaganda nei quartieri riuscendo a intercettare diversi settori di disagio sociale e gli umori razzisti che essa stessa (aiutata dal centrodestra e da profonde connivenze del centrosinistra) produce nel corpo sociale. Così risulta vincente sia dove governa che dove è all’opposizione. Per la prima volta governerà importanti regioni del nord e farà sempre più pesare il suo ruolo nella coalizione di governo.
Il centrodestra perde centinaia di migliaia di voti, ma non perde la scommessa di quelle che chiama “elezioni di medio termine” evitando quell' “effetto Sarkozy” che temeva e che ha spinto Berlusconi a intensificare la sua visibilità nelle ultime settimane di campagna elettorale. Certamente, il rafforzamento della Lega al Nord e un partito che al Sud si intreccia a un apparato clientelare-mafioso, potrà determinare crepe e contraddizioni. Ma al momento il governo Berlusconi è piuttosto saldo.
Il centrosinistra esce sconfitto da queste elezioni – pur non perdendo nell’insieme più voti del centrodestra – perché la sua proposta non riesce a presentarsi come davvero alternativa e attenta a quanto si muove nella società. Perde voti per le astensioni e perde voti in molti casi verso liste civiche o legate alla protesta locale o “antiberlusconiana”: significativi in questo senso i risultati delle liste di Beppe Grillo in Emilia Romagna (7%) e nella Val di Susa – a Bussoleno raggiunge oltre il 28% contribuendo in gran misura alla sconfitta della Bresso, che contro il movimento NoTav aveva giocato una parte della sua battaglia politica.

Anche la “sinistra” arretra ancora – continuando la parabola discendente cominciata dopo la caduta del governo Prodi.

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L'aviazione israeliana bombarda pesantemente la Striscia di Gaza


Gaza - Infopal. L'aviazione militare israeliana, quest'oggi 2 aprile, ha sferrato una serie di attacchi su varie zone della Striscia di Gaza, proseguendo l'operazione avviata nella serata di ieri.
Il nostro corrispondente riferisce che F16 israeliani hanno sparato tre razzi sulla cittadella dell'informazione di Hamas, a Khan Younis. Inoltre, due razzi sono stati lanciati sulla sede della polizia marittima, nella parte occidentale di Rafah.
Nella parte centrale della Striscia, sorvolata per tutta la notte dagli aerei israeliani, due razzi hanno colpito il laboratorio per la lavorazione del ferro della famiglia an-Namruti, completamente distrutto. Inoltre, è stato bombardato un centro della polizia palestinese all'ingresso del campo profughi di an-Nuseirat.
A Gaza, tre razzi israeliani, durante la notte, hanno colpito una fabbrica di latticini nel quartiere as-Sabra, devastandola del tutto. Fonti mediche riferiscono del ferimento di cinque persone, tra cui tre bambini, poiché la fabbrica si trova in mezzo alle case. Non si hanno invece notizie di feriti per quanto riguarda i precedenti bombardamenti. Sempre nella tarda serata del 1° aprile, dopo una serie di attacchi aerei, l'artiglieria a israeliana ha bombardato alcune postazioni della Resistenza palestinese nella parte occidentale di Jabaliya, quella vicina al mare, senza provocare vittime.
L'esercito israeliano giustifica questi bombardamenti con la risposta al lancio di un razzo palestinese fabbricato localmente e indirizzato verso Ashqelon, il quale però non ha provocato vittime. Vi è inoltre, da parte israeliana, il desiderio di vendicarsi per l'uccisione, una settimana fa, da parte della Resistenza palestinese, di due militari israeliani durante uno dei vari tentativi di entrare nella Striscia da parte dell'esercito di Tel Aviv per distruggere le postazioni della Resistenza.

www.infopal.it