La gestione privata degli acquedotti migliora il servizio?
Due terzi del servizio idrico integrato in Italia è stato affidato sottraendo la gestione al controllo diretto dei comuni. Il 33% di questi affidamenti è ad aziende con soci privati. Nonostante ciò la situazione delle perdite delle reti è fuori controllo. In media il 34% dell’acqua potabile si perde nei tubi. Un italiano su 3 subisce un approvvigionamento discontinuo ed insufficiente. Nell’ultimo decennio a fronte di un’inflazione pari al 22%, le tariffe sono aumentate del 61%.
Le privatizzazioni hanno fatto danni anche in altri settori. Si pensi al servizio sanitario. Le cliniche private convenzionate con il servizio sanitario nazionale sono arrivate a fare interventi inutili ai pazienti per ricevere il rimborso statale.
I risultati della privatizzazione, in Italia e nel mondo sono stati pesantemente negativi per gli utenti e i lavoratori in essi impiegati ma sono una comoda fonte di introiti certi per privati, fondi d’investimento, multinazionali ed esponenti del capitale finanziario, che sono entrati in queste imprese
I privati portano capitali?
Nel decennio 1986-1995 ovvero prima della Legge Galli che ha aperto ai privati la gestione dei servizi idrici con gestioni tutte pubbliche, gli investimenti sulle rete e le infrastrutture ammontavano a 2 mld euro/anno. Nel decennio successivo, quando tutte le gestioni sono diventate SpA, molte aperte ai privati e alcune collocate in Borsa, gli investimenti sono crollati a 700 mln euro l’anno.
I privati non portano capitali, ma incassano solo i guadagni. Infatti la legge garantisce di recuperare i soldi investiti nel servizio e di avere una quota di profitti garantiti, da qui l'aumento spropositato delle tariffe, il peggioramento del servizio e l'abbassamento dei diritti dei lavoratori di queste aziende..
Che succede dopo l'ulteriore spinta alla privatizzazione dell'acqua da parte del governo Berlusconi?
L'articolo 15 della legge Ronchi prevede che entro il 2011 vengano cedute ai privati le società a capitale pubblico che gestiscono l'acqua, lo smaltimento dei rifiuti e il trasporto su gomma. Insomma si vuole concludere il processo di privatizzazione in atto da 15 anni.
La libera concorrenza avvantaggia i cittadini?
La libera concorrenza è un mito. La maggior parte degli affidamenti sono fatti senza rispettare le norme sulla concorrenza, o sono stati fatti a trattativa privata. Di norma le aziende più grandi inglobano quelle più piccole senza passare per gare ad evidenza pubblica. Dopo aver affidato il servizio ad una S.p.A. questa può decidere autonomamente di mettere in vendita parte delle quote societarie. Parlare di “libera concorrenza”significa inoltre non voler vedere i rapporti di sfruttamento e le enormi differenze di potere che sono essenziali all’esistenza di queste società, significa non voler vedere che sono i capitalisti a decidere cosa e come produrre e che le dotazioni economiche dei consumatori dipendono dalla loro collocazione in un processo produttivo in cui ci sono sfruttati e sfruttatori.
Basta la ripubblicizzazione? No. Acqua pubblica e partecipata
Fermare la privatizzazione e ripubblicizzare l'acqua sono solo il primo passo. L'esperienza di decine di comitati territoriali per l'acqua pubblica ci insegna che non possiamo delegare agli amministratori, per quanto in buona fede.
Solo la partecipazione diretta dei cittadini e dei lavoratori del servizio idrico alle scelte potrebbe garantire un livello di controllo adeguato sulla risorsa acqua. Ma la partecipazione è una conquista contro l'apatia della maggior parte di noi che non è abituato/a a decidere, pensando sempre di dover delegare; una conquista contro chi non vuole cedere i suoi posti di comando.
Fuori l'acqua dal mercato! Fuori gli squali dall'acqua!
Le nostre vite valgono più dei loro profitti
Sinistra Critica Veneto
Due terzi del servizio idrico integrato in Italia è stato affidato sottraendo la gestione al controllo diretto dei comuni. Il 33% di questi affidamenti è ad aziende con soci privati. Nonostante ciò la situazione delle perdite delle reti è fuori controllo. In media il 34% dell’acqua potabile si perde nei tubi. Un italiano su 3 subisce un approvvigionamento discontinuo ed insufficiente. Nell’ultimo decennio a fronte di un’inflazione pari al 22%, le tariffe sono aumentate del 61%.
Le privatizzazioni hanno fatto danni anche in altri settori. Si pensi al servizio sanitario. Le cliniche private convenzionate con il servizio sanitario nazionale sono arrivate a fare interventi inutili ai pazienti per ricevere il rimborso statale.
I risultati della privatizzazione, in Italia e nel mondo sono stati pesantemente negativi per gli utenti e i lavoratori in essi impiegati ma sono una comoda fonte di introiti certi per privati, fondi d’investimento, multinazionali ed esponenti del capitale finanziario, che sono entrati in queste imprese
I privati portano capitali?
Nel decennio 1986-1995 ovvero prima della Legge Galli che ha aperto ai privati la gestione dei servizi idrici con gestioni tutte pubbliche, gli investimenti sulle rete e le infrastrutture ammontavano a 2 mld euro/anno. Nel decennio successivo, quando tutte le gestioni sono diventate SpA, molte aperte ai privati e alcune collocate in Borsa, gli investimenti sono crollati a 700 mln euro l’anno.
I privati non portano capitali, ma incassano solo i guadagni. Infatti la legge garantisce di recuperare i soldi investiti nel servizio e di avere una quota di profitti garantiti, da qui l'aumento spropositato delle tariffe, il peggioramento del servizio e l'abbassamento dei diritti dei lavoratori di queste aziende..
Che succede dopo l'ulteriore spinta alla privatizzazione dell'acqua da parte del governo Berlusconi?
L'articolo 15 della legge Ronchi prevede che entro il 2011 vengano cedute ai privati le società a capitale pubblico che gestiscono l'acqua, lo smaltimento dei rifiuti e il trasporto su gomma. Insomma si vuole concludere il processo di privatizzazione in atto da 15 anni.
La libera concorrenza avvantaggia i cittadini?
La libera concorrenza è un mito. La maggior parte degli affidamenti sono fatti senza rispettare le norme sulla concorrenza, o sono stati fatti a trattativa privata. Di norma le aziende più grandi inglobano quelle più piccole senza passare per gare ad evidenza pubblica. Dopo aver affidato il servizio ad una S.p.A. questa può decidere autonomamente di mettere in vendita parte delle quote societarie. Parlare di “libera concorrenza”significa inoltre non voler vedere i rapporti di sfruttamento e le enormi differenze di potere che sono essenziali all’esistenza di queste società, significa non voler vedere che sono i capitalisti a decidere cosa e come produrre e che le dotazioni economiche dei consumatori dipendono dalla loro collocazione in un processo produttivo in cui ci sono sfruttati e sfruttatori.
Basta la ripubblicizzazione? No. Acqua pubblica e partecipata
Fermare la privatizzazione e ripubblicizzare l'acqua sono solo il primo passo. L'esperienza di decine di comitati territoriali per l'acqua pubblica ci insegna che non possiamo delegare agli amministratori, per quanto in buona fede.
Solo la partecipazione diretta dei cittadini e dei lavoratori del servizio idrico alle scelte potrebbe garantire un livello di controllo adeguato sulla risorsa acqua. Ma la partecipazione è una conquista contro l'apatia della maggior parte di noi che non è abituato/a a decidere, pensando sempre di dover delegare; una conquista contro chi non vuole cedere i suoi posti di comando.
Fuori l'acqua dal mercato! Fuori gli squali dall'acqua!
Le nostre vite valgono più dei loro profitti
Sinistra Critica Veneto