26 ottobre 2012

No Monti Day. Per cominciare

di Dario Di Nepi 
www.ilmegafonoquotidiano.it
Il 27 Ottobre la manifestazione No Monti Day sarà il primo banco di prova dell’autunno italiano. Certamente ci sono state altre importanti manifestazioni settoriali, da quelle degli studenti medi di inizio ottobre fino a quelle degli insegnanti della scorsa settimana, ma il 27 si scenderà in piazza in un momento nazionale, che si spera possa essere il più partecipato possibile.
Il No Monti Day però chiuderà anche un ottobre che a livello europeo potremmo già definire notevolmente surriscaldato: gli scioperi generali in Grecia e le manifestazioni in Spagna, Portogallo e Francia dimostrano che i lavoratori, le lavoratrici, gli studenti e le studentesse così come i migranti del sud dell’Europa sono ormai arrivati al limite della sopportazione, le misure di austerità imposte dalle Trojka e dai governi nazionali stanno impoverendo pesantemente non solo le classi più deboli di questi Paesi, ma anche quelle classi medie che fino a qualche anno fa si sentivano protette, quasi inattaccabili dalla crisi. La Grecia è un esempio emblematico di questo processo, le strade di Atene sono ormai piene di macchine abbandonate e di negozi chiusi o falliti.
Se questa è la realtà non possiamo negarci che la costruzione delle mobilitazioni del sud Europa ha avuto certamente delle caratteristiche differenti rispetto alla dinamica del No Monti Day. In Grecia sindacati e movimento hanno ormai consolidato una prassi di mobilitazione abbastanza efficace, almeno dal punto di vista della quantità di persone portate in piazza e del livello di radicalità; in Spagna il movimento degli indignados si è ormai stabilizzato come un punto di riferimento importante in molti quartieri di Madrid e Barcellona, tramite la presenza delle “asembleas de barrios”, ed è riuscito a connettersi sia con settori più tradizionali delle classe operaia in lotta, come i minatori asturiani, sia ad influenzare anche sindacati moderati come la UGT e le CCOO (ne è la prova la convocazione dello sciopero europeo indetto da quest’ultimi per il 14 Novembre così come i ripetuti assedi al parlamento avvenuti a Settembre e ad Ottobre).
In Italia la situazione è radicalmente diversa, non c’è la presenza di un movimento “alla greca” né della radicalità espressa dagli indignados spagnoli. La costruzione del No Monti Day è stata quindi promossa principalmente da organizzazioni politiche e sindacali di base che hanno scelto una modalità più tradizionale, basata sulla classica manifestazione del sabato pomeriggio. Una scelta giusta ma che non scommette sufficientemente sulla possibile dinamica di attivazione di un movimento “alla greca” o “alla spagnola” nel nostro Paese.
Fortunatamente però, come quasi sempre, dai movimenti sociali può accendersi quella miccia che potrebbe innescare una dinamica diversa anche in Italia: tra gli insegnanti infatti si sta di fatto creando l’embrione di movimento diffuso, i provvedimenti previsti nella legge di stabilità sono terribili (l’esempio delle 24 ore di lavoro è solo la punta di un iceberg) e colpiscono ulteriormente una categoria già martoriata, mentre gli studenti delle scuole hanno già dimostrato una notevole potenzialità di mobilitazione. Se a questi due elementi aggiungiamo il sentimento di rigetto sempre più ampio nei confronti di una classe politica ormai pienamente identificata con gli scandali di Fiorito, Formigoni, Penati o Scajola, e le condizioni economiche e di lavoro sempre più drammatiche non possiamo non avere una speranza che anche in Italia cominci a soffiare un vento di rivolta.
La manifestazione del 27 quindi dovrebbe essere un passaggio nella costruzione di una dinamica di questo tipo e i promotori hanno l’occasione unica di mettersi a disposizione di un processo ampio, che vedrà come prossima tappa immediata lo sciopero europeo del 14 Novembre indetto in Grecia, Spagna, Portogallo e Malta, che potrebbe avere un risvolto importante e radicale anche nel nostro Paese. La formazione di uno spezzone della "conoscenza" dentro il corteo, ad esempio, è un utile esempio di come dare continuità alla giornata. Ora più che mai l’elemento di connessione internazionale è centrale e uno sciopero europeo ben riuscito sarebbe un tassello decisivo verso la costruzione di un movimento vasto e plurale.

Noi choosy? Ci vediamo sabato tutte/i a Roma!

La ministra Fornero, oltre a definire i giovani dei selettivi, schizzinosi, li invita a trovare ed accettare subito un lavoro, per poi guardarsi attorno, ma standoci già dentro, senza aspettare un'offerta migliore.
Sappiamo bene che la Fornero conosce tanti dati ufficiali che confermano l'aumento della precarietà. Ad esempio l'Unioncamere ha stimato che, su 152 mila nuovi posti nel 2^ trimestre del 2012, solo il 34% sarà a tempo indeterminato, mentre i contratti a tempo determinato saranno il 56,3%, a cui va aggiunto un altro 6,4% di apprendistato e il 3,3% di altre forme contrattuali. Nel 1^ trimestre 2012, invece, senza considerare i licenziamenti diretti, le uscite dalle imprese saranno quasi 230 mila e di queste quasi la metà per mancati rinnovi ai dipendenti a tempo determinato.
Un altra indagine, pubblicata da Repubblica, evidenzia lo stesso. Tra gli under 35 si è passati dal 20% del 2004 al 39 del 2011 con contratti cosiddetti atipici, e nel primo trimestre 2012 si sarebbe già sfondato il muro del 40%. Un giovane su due con meno di 24 anni è precario, circa il 23% tra i 25 e i 34 anni. Poi c'è una distinzione all'interno del precariato: degli oltre 3,5 milioni di precari italiani nel 2011 (il 15,5% degli occupati totali) i lavoratori a termine involontari (che vorrebbero cioè un contratto a tempo indeterminato) sono circa 2,2 milioni; i lavoratori part-time involontari sono oltre 1,1 milioni, quasi l'80% donne.Questi numeri possono ben bastare per smontare l'ennesima dichiarazione surreale della Fornero; la quale sa anche bene che tutto ciò è il frutto di riforme e leggi che dagli anni 90 in poi si sono susseguite in Italia. Dal pacchetto Treu sotto il governo Prodi nel '96, a cui è seguita la legge Maroni del 2003 e una serie di accordi tra governo, confindustria e sindacati confederali, come ad esempio il collegato lavoro del 2010, fino alla sua ultima riforma su pensioni e mercato del lavoro risalente a qualche mese fa.
Dietro i dati ci sono vite di milioni di persone, giovani e non solo, ormai costretti ad accettare qualsiasi lavoro, a prescindere dalle condizioni salariali, contrattuali, se corrispondenti o meno al proprio titolo di studio. Lavorare presso un ristorante, in un pub oppure in un call center senza contratto o a chiamata, ormai è consuetudine. Addirittura per molti si entra nel mercato del lavoro ancora prima di laurearsi o diplomarsi, perché nel frattempo si è smantellato anche il diritto allo studio, si sono aumentate le tasse.
Lavorare da assistente sociale in una cooperativa con un contratto a progetto per qualche mese oppure da commessa con contratto part-time intermittente, quando in realtà si lavora più di 40 ore settimanali significa vivere sotto il ricatto occupazionale. Altroché, nel frattempo ci si può “guardare attorno per trovare qualcosa di meglio”. E se la Fornero vuole mettere contro giovani e lavoratori over 35 deve ben sapere che queste condizioni di lavoro accomunano tutti: i precari di un ipermercato con gli stagisti di una multinazionale insieme ai lavoratori dell'Ilva, della Irisbus, dell'Alcoa e così via, costretti a rincorrere un reddito per sopravvivere, per pagarsi l'affitto di casa, l'aumento delle bollette, il trasporto e la sanità, ormai a pagamento a causa della loro privatizzazione.
Tutto questo la Fornero, il governo Monti, artefici delle politiche di austerity in voga in tutta Europa, lo sanno bene. Ma a loro non basta, devono continuare a denigrare, a rimarcare che anche quelle minime garanzie ancora esistenti sul posto di lavoro vanno definitivamente abbattute, per favorire un processo di provvisorietà permanente di lavoro e di vita.
Senza accanirci troppo contro di lei, siamo sempre più che convinti che “ci vorrebbe una bella botta...una rivoluzione!” Così verrebbero travolte anche le sue parole, ma soprattutto le sue leggi e quelle precedenti, insieme a tutti coloro che hanno smembrato in questi ultimi anni quelle garanzie e rigidità nel mondo del lavoro conquistate qualche decennio fa con scioperi, mobilitazioni, lotte permanenti, grazie ad un movimento di classe, intransigente di fronte alla necessità di vivere dignitosamente.
Anche e soprattutto per questo sabato 27 ottobre tutte e tutti a Roma per il NoMontiDay!
 
Sinistra Critica Bari.

13 ottobre 2012

L'Artico si sta sciogliendo

di John Gibbons*
tratto da The Irish Times (traduzione Gigi Viglino)
Vai al libro "L'impossibile capitalismo verde"
LA VERITÀ, come diceva Winston Churchill, è incontrovertibile. «La perfidia può attaccarla, l’ignoranza può deriderla, ma alla fine, lei è lì». Grattiamo via gli strati di negazione, offuscamento e falsità che oscurano il cambiamento climatico ed emerge una nuda verità: la calotta artica sta morendo – e con essa le migliori speranze dell’umanità per un futuro prospero e prevedibile.
Nella più drammatica riconfigurazione della carta geografica del mondo dalla fine dell’ultima Era Glaciale, la calotta glaciale artica è ora avviata a un collasso accelerato.
Nel 2007, il gruppo intergovernativo di lavoro sul clima (Ipcc), mise in guardia che a meno di una drastica riduzione globale delle emissioni, l’oceano artico sarebbe stato libero dai ghiacci in estate verso la fine del secolo.
Era straordinariamente ottimista. Il 16 settembre scorso, la banchisa artica ha raggiunto il livello minimo mai registrato, a 3,41 milioni di Km quadrati, appena metà della media 1979-2000. L’area di ghiaccio marino persa è 41 volte l’Irlanda [circa 9/10 volte l’Italia]. La diminuzione dell’ampiezza dell’area ghiacciata è allarmante, ma la diminuzione del 72 per cento del suo volume è peggiore. Non solo la superficie si restringe, ma il ghiaccio che sopravive si sta assottigliando precipitosamente.
Il professor Peter Wadhams, del Polar Ocean Physics Group, ha definito un «disastro globale» i dati del settembre 2012. Egli prospetta la distruzione del ghiaccio estivo dell’Artico per il 2015-16 – oltre mezzo secolo in anticipo sulle proiezioni dell’Ipcc. «Il collasso finale verso quello stato si sta producendo e sarà probabilmente completo entro quelle date» ha aggiunto.
È difficile esagerare l’ampiezza di quanto sta accadendo nella regione artica. La calotta polare artica copriva il 2 per cento della superficie terrestre, e l’effetto albedo del ghiaccio significava che grandi quantità di energia solare erano rilanciate nello spazio dalla lucida massa di ghiaccio bianco.
La scomparsa del ghiaccio e la sua sostituzione con lo scuro oceano aperto, crea un drammatico punto di non ritorno nell’equilibrio energetico planetario.
«In base ai nostri calcoli, la radiazione extra che viene assorbita è l’equivalente di circa 20 anni di CO2 supplementare aggiunta dall’uomo» ha detto il prof. Wadhams.
Con le emissioni globali di biossido di carbonio (CO2) che già salgono vertiginosamente molto al di sopra di quanto gli scienziati hanno avvertito rappresentare un grave rischio per l’umanità, l’iniezione di una nuova massiccia fonte di ulteriore energia nei sistemi della Terra non poteva venire in un momento peggiore.
L’emisfero nord sta già provando qualche brusco assaggio della futura destabilizzazione climatica prodotta dallo scioglimento dell’Artico.
Il jet stream [una corrente di venti ad alta quota], attiva tra il freddo Artico e le più tiepide latitudini medie, domina gran parte del nostro clima, e si sta indebolendo e diventando più irregolare, mentre la fusione del ghiaccio artico accelera e la regione si riscalda. Le ondate di freddo intenso che hanno fatto tremare e bloccato l’Irlanda nel 2010 e 2011, così come le incessanti piogge della scorsa estate, sono probabilmente connesse alla perdita di copertura ghiacciata dell’Artico. La debolezza del jet stream sta portando ai cosiddetti eventi bloccanti: episodi climatici estremi, come siccità, gelo o inondazioni che persistono per periodi insolitamente lunghi. L’ondata di caldo del 2010 in Russia e l’estrema siccità dell’estate scorsa negli USA sono altri due eventi correlati.
«Siamo in un territorio inesplorato» dice James Overland dell’Università di Washington. L’indebolimento del jet stream significa «violenti cambiamenti di temperature e un numero più grande di eventi estremi». L’ultima volta che l’Artico è stato libero dai ghiacci, si ritiene sia stato durante il periodo Eemiano, circa 125.000 anni fa, quando il livello globale dei mari era da quattro a sei metri più elevato di oggi. Ma i livelli attuali di CO2 nell’atmosfera sono già molto più elevati che durante il periodo Eemiano, e bisogna andare indietro di parecchi milioni di anni per trovare un’altra era nella storia della Terra paragonabile a quella attuale per i livelli di questo potente “gas serra” che intrappola il calore.
Inerzie nel sistema implicano che finora abbiamo provato solo gli effetti più miti del crescente squilibrio nel nostro sistema climatico. A luglio è stato registrato un altro storico indice regionale. In soli quattro giorni la fusione del ghiaccio superficiale della Groenlandia è passata dal 40 al 97 per cento.
«Era talmente straordinario che ho messo in dubbio il risultato: era vero o era dovuto a un errore dei dati?» ha detto Son Nghiem della NASA.
Tra il 2003 e il 2008 si sono fusi più di 2.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio terrestre da Groenlandia, Antartide e Alaska.
Dato che la banchisa artica estiva galleggia sull’acqua, la sua fusione non aumenta direttamente il livello dei mari, ma siccome va verso la distruzione finale, per la stabilità della vicina massa di ghiaccio terrestre della Groenlandia la partita è chiusa. L’acqua ghiacciata bloccata lì è sufficiente per innalzare da sei a sette metri il livello globale dei mari nel corso del tempo.
La catastrofe globale degli uni è un’opportunità commerciale per gli altri. Governi e imprese dell’energia, in particolare la Shell, stanno sgomitando per prendere posizione nel saccheggio del petrolio e dei minerali nascosti sotto il ghiaccio in rapida scomparsa della regione. È come dare fuoco alla casa per stare al caldo.
*John Gibbons è uno scrittore e commentatore su temi dell’ambiente.

10 ottobre 2012

Appello internazionale per una mobilitazione contro il pagamento del debito.

Dal movimento degli Indignados e di Occupy WS nasce un appello alla mobilitazione contro il pagamento del debito che inizi simbolicamente  il 13 Ottobre, due giorni prima dell'anniversario della morte di Thomas Sankara.  Riportiamo la traduzione dell'appello nella speranza che anche in Italia si innesti una dinamica di opposizione al pagamento del debito ampia e plurale, che sia in grado di connettersi ai grandi movimenti che dalla Grecia agli Stati Uniti  stanno ormai irrompendo sulla scena internazionale in maniera costante.
 
Alle istituzioni finanziarie internazionali abbiamo da dire una sola cosa: non vi dobbiamo NIENTE!
Ai nostri amici, salle nostre famiglie, alle nostre comunità, all'umanità e alla natura che rende la nostra vita possibile, noi dobbiamo tutto.
Agli abitanti di questo mondo diciamo: unitevi alla resistenza, non avete nulla da perdere fuorchè i vostri debiti.

Il 13 ottobre nella Settimana internazionale di Azione contro il Debito ci mobiliteremo  in diverse città del mondo: Barcellona, Madrid, Messico, Parigi, New York..
La risposta dello Stato alla crisi economica e finanziaria è stata la stessa ovunque: tagli alla spesa e misure di austerità con il pretesto della riduzione del deficit e del risanamento di un debito pubblico che è risultato diretto di decenni di politiche neoliberiste. Quelle stesse politiche neoliberali che per decenni in America Latina, Asia e Africa hanno sottratto risorse economiche e naturali e sfruttato vite umane e che sono oggi imposte anche in Europa e nel Nord America.
I governi asserviti alla finanza stanno usando questo pretesto per ridurre ulteriormente la spesa sociale, i salari e le pensioni, per smantellare e privatizzare i servizi sociali, per deregolamentare le leggi sul lavoro e per aumentare le tasse della maggioranza, mentre incentivi e sgravi fiscali sono concessi a grandi imprese, ai ricchi, all'1%.
La campagna per assoggettare il mondo al debito pubblico e privato è un attacco ben calcolato alla possibilità stessa di democrazia. E' un aggressione alle nostre case, alle nostre famiglie, ai nostri servizi sociali, alle nostre comunità e al fragile ecosistema del pianeta. Tutto ciò viene distrutto dalla produzione infinita necessaria a ripagare i creditori, i quali non hanno fatto nulla per monopolizzare il benessere che ci chiedono di produrre per loro.
Di fronte a questi attacchi coordinati alle nostre conquiste sociali, la lotta di resistenza si sta organizzando in giro per il mondo: ci sono scioperi nazionali generali e i movimenti degli "indignados" sono in crescente attività. In Islanda la popolazione ha rifiutato di pagare il debito di Icesave al Regno Unito e all'Olanda. In Equador la popolazione ha costretto il governo ad un Audit sul debito che ha permesso al paese di non pagare milioni di dollari di debito. In Argentina, Brasile, Bolivia, Zimbabwe, Mali, Burkina Faso, Indonesia e Filippine, e in tanti altri paesi, le popolazioni hanno resisto e si sono opposte al pagamento del debito per decenni.  In Spagna e in Portogallo dal 15 settembre enormi manifestazioni contro il debito hanno raccolto più di un milione di persone e un movimento su larga scala sta crescendo circondando il Parlamento di Madrid per richiedere un processo Costituente
Noi di Occupy/ Real Democracy Now / 15 M/ Movimento contro il Debito chiamiamo ad una lotta di resistenza e di ripudio del debito pubblico e privato. La lotta al debito include: lottare per un'istruzione pubblica gratuita, per un'assistenza sanitaria gratuita, per la difesa delle case pignorate e per la richiesta di un aumento dei salari, nonchè fornire mutuo soccorso. Ma è anche un primo passo per costruire una nuova economia basata sui principi di eguaglianza, solidarietà e cooperazione e non sull'avidità, l'accumulazione e la competizione.
In Europa così come in Egitto e Tunisia, imparando dai nostri colleghi in America Latina, nell'Africa sud-Sahariana e in Asia, le iniziative per un audit cittadino sul debito pubblico analizzano quanta parte del debito pubblico è illegittimo, odioso o insostenibile, e va quindi cancellato. Pagare questi creditori vuol dire rubare ciò che di diritto appartiene alle popolazioni; i pagamenti continueranno così ad essere causa della chiusura di scuole e ospedali, di tagli alle pensioni, e così via. E il debito alimenterà altro debito.
Noi non siamo debitori, quindi noi non pagheremo! Noi non siamo un prestito. Leggi sbagliate hanno permesso questo debito. Riscriviamole assieme.

05 ottobre 2012

FIOM Cgil - Sergio Bellavita "Le vere ragioni per cui sono stato dimesso"

Molti compagni sono davvero increduli rispetto a quanto accaduto intorno alla mia "dimissione" dalla segreteria. Non si capacitano che Landini, unanimemente riconosciuto come difensore dei diritti dei lavoratori e della democrazia stessa, possa rimuovere dalla segreteria un compagno per dissenso. Eppure e' cosi'. Non c'e' nessun altra ragione che ha spinto, per la prima volta nella storia dei metalmeccanici, un segretario Fiom  a rimuovere un componente di segreteria. Con questo atto autoritario Landini e Airaudo rompono la maggioranza congressuale degli ultimi 3 congressi estromettendo la rete 28 aprile.
Il dissenso. Di cosa sono accusato? Tralascio le vergognose, false e pretestuose ricostruzioni che vogliono il sottoscritto impegnato a organizzare contestazioni a Landini. Cosi' come e' francamente assurdo dover rispondere alle menzogne che descrivono il sottoscritto d'accordo nelle segreterie e contrario nei comitati centrali... Delle due l'una: o mi sono opposto troppo o troppo poco. La macchina del fango ha lavorato alacremente per screditare le ragioni che ho sostenuto attraverso il discredito del singolo, la denuncia dell'untore. C'e' una vecchia e poco nobile tradizione in questo senso. (...) 

Tralasciando tutto cio', l'accusa che mi viene mossa e' riferita alla  presunta scelta di rompere con la linea maggioritaria e di aver scelto, in un'ottica Cgil, di ricostruire l'opposizione in tutte le categorie della confederazione.
Tutto cio' e' facilmente smontabile. E' evidente a tutti che la Fiom ha dismesso l'opposizione sociale. Ha dismesso l'alterita' e l'opposizione alla paurosa deriva della Cgil con conseguenze nefaste, sconfitta su art.18 e pensioni.
Dopo il 16 ottobre 2010 la Fiom poteva svolgere uno straordinario ruolo di catalizzatore di un vasto movimento contro le politiche del governo e contro marchionne. Cio' avrebbe portato probabilmente la fiom allo scontro frontale con la cgil. landini e Airaudo hanno deciso di non farlo. Cosi la lotta Fiom si e' mantenuta alta sul terreno mediatico,forte di un consenso e di una domanda sociale straordinaria,ma e' via via scemata nelle pratiche concrete, nella politica contrattuale. Da qui una gestione della vertenza per il contratto tutta piegata al tentativo di cercare uno spiraglio per la riaffermazione della titolarita' Fiom piu' che orientata a costruire conflitto in rapporto con i lavoratori. 
Cosi come nella vertenza Fiat, dopo la  chiusura con sbagliati accordi sindacali di due stabilimenti al sud, termini imerese e irisbus e la pesante vicenda ex bertone, resta forte lo scontro sul terreno dei diritti sindacali e delle agibilita' fiom e sempre piu' evanescente la battaglia contro il modello autoritario e schiavistico di marchionne. In tutto questo considero profondamente sbagliato e incoerente con le battaglie di questi anni, con il valore che diamo al contratto nazionale, considerare l'accordo del 28 giugno come argine agli accordi separati, come riferimento per la democrazia sindacale. Proprio l'accordo che ha accolto le deroghe al contratto, che ha cancellato ruolo e funzioni del contratto nazionale.
Io non ho cambiato idea. Continuo a rivendicare la Fiom del congresso di Livorno e Montesilvano. Rivendico la Fiom che discute, che cerca, con la fatica che la democrazia richiede, di lavorare sempre all'unita' della categoria e della stessa con i lavoratori. La Fiom che parlando il linguaggio semplice e radicale dei bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici li conquistava alla lotta, dimostrando, in tanto lerciume della politica, che si puo' coniugare dire e fare.
Prendo atto che questo non e' piu' l'orientamento maggioritario in Fiom. C'e' una svolta, profonda dei gruppi dirigenti. Per queste ragioni il dissenso e' particolarmente avversato.
Ho atteso mesi prima di denunciare pubblicamente quanto avviene in Fiom. L'ho fatto per non ledere l'immagine della Fiom, per il bene dei lavoratori.
Oggi, con la rottura netta che landini e airaudo hanno deciso, credo tempo fa, e' necessario organizzare tutti coloro che vogliono salvare la lunga stagione della Fiom. Organizzare coloro, e sono tanti, che vogliono continuare a lottare.
Per mesi ho denunciato negli organismi preposti la gestione scarsamente democratica dell'organizzazione. Ho denunciato le scarse, scarsissime segreterie e quindi l'impossibilita' di poter discutere collettivamente almeno le grandi scelte, su fiat, contratto ecc. Cosi come ho contestato il perenne ricorso al voto di fiducia al segretario nelle discussioni al comitato centrale. Sono stato impossibilitato a esercitare il ruolo a cui il comitato centrale mi aveva chiamato, dalla partecipazione ai direttivi provinciali, agli attivi dei delegati. Persino gli ordini del giorno conclusivi li potevo leggere solo pochi minuti prima del voto.
Queste sono in sintesi le gravissime colpe che hanno indotto landini e airaudo a dimettermi.  Oggi ripartiamo, con chi ci sta, a organizzare l'opposizione alla svolta, al rientro nei ranghi della Fiom. Ripartiamo con i tanti e le tante che non vogliono chinare il capo e vogliono lottare contro Monti,Marchionne,Squinzi. E che hanno il diritto e il bisogno di un sindacato democratico, combattivo e di classe. Prossimo appuntamento il 27 ottobre con il "no monti day"

04 ottobre 2012

MOZIONE CONCLUSIVA DEL 3° CONGRESSO NAZIONALE DI SINISTRA CRITICA.