13 ottobre 2012

L'Artico si sta sciogliendo

di John Gibbons*
tratto da The Irish Times (traduzione Gigi Viglino)
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LA VERITÀ, come diceva Winston Churchill, è incontrovertibile. «La perfidia può attaccarla, l’ignoranza può deriderla, ma alla fine, lei è lì». Grattiamo via gli strati di negazione, offuscamento e falsità che oscurano il cambiamento climatico ed emerge una nuda verità: la calotta artica sta morendo – e con essa le migliori speranze dell’umanità per un futuro prospero e prevedibile.
Nella più drammatica riconfigurazione della carta geografica del mondo dalla fine dell’ultima Era Glaciale, la calotta glaciale artica è ora avviata a un collasso accelerato.
Nel 2007, il gruppo intergovernativo di lavoro sul clima (Ipcc), mise in guardia che a meno di una drastica riduzione globale delle emissioni, l’oceano artico sarebbe stato libero dai ghiacci in estate verso la fine del secolo.
Era straordinariamente ottimista. Il 16 settembre scorso, la banchisa artica ha raggiunto il livello minimo mai registrato, a 3,41 milioni di Km quadrati, appena metà della media 1979-2000. L’area di ghiaccio marino persa è 41 volte l’Irlanda [circa 9/10 volte l’Italia]. La diminuzione dell’ampiezza dell’area ghiacciata è allarmante, ma la diminuzione del 72 per cento del suo volume è peggiore. Non solo la superficie si restringe, ma il ghiaccio che sopravive si sta assottigliando precipitosamente.
Il professor Peter Wadhams, del Polar Ocean Physics Group, ha definito un «disastro globale» i dati del settembre 2012. Egli prospetta la distruzione del ghiaccio estivo dell’Artico per il 2015-16 – oltre mezzo secolo in anticipo sulle proiezioni dell’Ipcc. «Il collasso finale verso quello stato si sta producendo e sarà probabilmente completo entro quelle date» ha aggiunto.
È difficile esagerare l’ampiezza di quanto sta accadendo nella regione artica. La calotta polare artica copriva il 2 per cento della superficie terrestre, e l’effetto albedo del ghiaccio significava che grandi quantità di energia solare erano rilanciate nello spazio dalla lucida massa di ghiaccio bianco.
La scomparsa del ghiaccio e la sua sostituzione con lo scuro oceano aperto, crea un drammatico punto di non ritorno nell’equilibrio energetico planetario.
«In base ai nostri calcoli, la radiazione extra che viene assorbita è l’equivalente di circa 20 anni di CO2 supplementare aggiunta dall’uomo» ha detto il prof. Wadhams.
Con le emissioni globali di biossido di carbonio (CO2) che già salgono vertiginosamente molto al di sopra di quanto gli scienziati hanno avvertito rappresentare un grave rischio per l’umanità, l’iniezione di una nuova massiccia fonte di ulteriore energia nei sistemi della Terra non poteva venire in un momento peggiore.
L’emisfero nord sta già provando qualche brusco assaggio della futura destabilizzazione climatica prodotta dallo scioglimento dell’Artico.
Il jet stream [una corrente di venti ad alta quota], attiva tra il freddo Artico e le più tiepide latitudini medie, domina gran parte del nostro clima, e si sta indebolendo e diventando più irregolare, mentre la fusione del ghiaccio artico accelera e la regione si riscalda. Le ondate di freddo intenso che hanno fatto tremare e bloccato l’Irlanda nel 2010 e 2011, così come le incessanti piogge della scorsa estate, sono probabilmente connesse alla perdita di copertura ghiacciata dell’Artico. La debolezza del jet stream sta portando ai cosiddetti eventi bloccanti: episodi climatici estremi, come siccità, gelo o inondazioni che persistono per periodi insolitamente lunghi. L’ondata di caldo del 2010 in Russia e l’estrema siccità dell’estate scorsa negli USA sono altri due eventi correlati.
«Siamo in un territorio inesplorato» dice James Overland dell’Università di Washington. L’indebolimento del jet stream significa «violenti cambiamenti di temperature e un numero più grande di eventi estremi». L’ultima volta che l’Artico è stato libero dai ghiacci, si ritiene sia stato durante il periodo Eemiano, circa 125.000 anni fa, quando il livello globale dei mari era da quattro a sei metri più elevato di oggi. Ma i livelli attuali di CO2 nell’atmosfera sono già molto più elevati che durante il periodo Eemiano, e bisogna andare indietro di parecchi milioni di anni per trovare un’altra era nella storia della Terra paragonabile a quella attuale per i livelli di questo potente “gas serra” che intrappola il calore.
Inerzie nel sistema implicano che finora abbiamo provato solo gli effetti più miti del crescente squilibrio nel nostro sistema climatico. A luglio è stato registrato un altro storico indice regionale. In soli quattro giorni la fusione del ghiaccio superficiale della Groenlandia è passata dal 40 al 97 per cento.
«Era talmente straordinario che ho messo in dubbio il risultato: era vero o era dovuto a un errore dei dati?» ha detto Son Nghiem della NASA.
Tra il 2003 e il 2008 si sono fusi più di 2.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio terrestre da Groenlandia, Antartide e Alaska.
Dato che la banchisa artica estiva galleggia sull’acqua, la sua fusione non aumenta direttamente il livello dei mari, ma siccome va verso la distruzione finale, per la stabilità della vicina massa di ghiaccio terrestre della Groenlandia la partita è chiusa. L’acqua ghiacciata bloccata lì è sufficiente per innalzare da sei a sette metri il livello globale dei mari nel corso del tempo.
La catastrofe globale degli uni è un’opportunità commerciale per gli altri. Governi e imprese dell’energia, in particolare la Shell, stanno sgomitando per prendere posizione nel saccheggio del petrolio e dei minerali nascosti sotto il ghiaccio in rapida scomparsa della regione. È come dare fuoco alla casa per stare al caldo.
*John Gibbons è uno scrittore e commentatore su temi dell’ambiente.