26 aprile 2012

25 Aprile 2012: contro il fascismo di ieri e di oggi, contro le politiche del governo Monti-Napolitano

Sinistra Critica, nel condannare il grave episodio di aggressione poliziesca contro i/le militanti antifascisti/e del Circolo Pink, avvenuto proprio nel giorno dell'anniversario della Liberazione, esprime loro la massima solidarietà e vicinanza.
Da troppo tempo le autorità politiche cittadine, in linea con quelle nazionali, sono impegnate nella rimozione meticolosa e quasi scientifica del valore profondo del 25 Aprile.
Le autorità locali, da anni, riescono nel difficilissimo compito di celebrare la Liberazione senza mai nominare, in nessun discorso, le parole fascismo e antifascismo. Il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio, in una mirabolante opera di revisionismo storico invocano l'unità nazionale di allora come necessaria per affrontare la crisi economica, politica e sociale di oggi. Questi comportamenti, del resto, sono perfettamente in linea con il profilo politico dell'amministrazione locale e delle massime cariche nazionali.
La prima impegnata nell'occultare il legame con l'estrema destra neofascista e gli integralisti cattolici, gli accordi elettorali con Casa Pound e la condanna per propaganda razzista del Sindaco Tosi. Napolitano e Monti invece sono impegnati nel cercare di ammansire lavoratori, pensionati, giovani, studenti, donne e migranti, mentre con le pesanitssime misure di austerità - che con la scusa di pagare il debito pubblico attuano le politiche neoliberiste del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e dell'Unione europea - rubano loro diritti, salari, pensioni, futuro.
Sinistra Critica, che fa dell'antifascismo un valore fondante e che da tempo è impegnata nella costruzione di un'opposizione sociale alle politiche neoliberiste e repressive del governo Berlusconi prima e del governo Monti-Napolitano ora, denuncia il fatto che - come dimostrano le elezioni in Francia - l'attacco ai diritti sociali e del lavoro, fa molto spesso il gioco dell'estrema destra nazionalista e xenofoba.
Il rischio che una destra reazionaria, autoritaria e razzista si ponga strumentalmente come alternativa possibile all'attuale europa dei mercati e del debito è una questione cruciale che nessuno può ignorare. La possibilità per le destre europee di fare la voce grossa si nutre anche dello spazio vuoto lasciato dalle sinistre europee, troppo subalterne alle formazioni socialdemocratiche e riformiste, che continuano a fare danni (Zapatero, Bersani, Hollande).
L'antifascimo, dunque, assume oggi anche le vesti della necessaria costruzione del conflitto sociale, della resistenza alle politiche antisociali del governo Monit-Napolitano, alla repressione poliziesca in Val di Susa, alle connessioni tra politica istituzionale ed estrema destra.
Antifasciste/i sempre!

Sinistra Critica

25 aprile 2012

25 aprile, né onore, né pacificazione

Questa mattina, durante la celebrazione ufficiale del 25 aprile in piazza Bra, sono accaduti fatti gravi e inaccettabili. Quando il rappresentante della Provincia di Verona, invitato a parlare sul palco, ha iniziato il suo discorso parlando di onore a tutti i caduti e di riconciliazione, gli esponenti del Circolo Pink presenti in piazza hanno contestato l’intervento, urlando “vergogna, fascista” eccetera., supportati anche da altre persone che hanno fischiato e rumoreggiato.


Le forze dell’ordine presenti si sono accanite contro due degli esponenti più in vista del Pink, tentando di allontanarli dalla piazza a strattoni. Solo l’intervento prima di un’anziana antifascista, poi di una giornalista di Radio Popolare ha evitato più gravi conseguenze.

Il Circolo Pink denuncia lo spirito revisionista degli organizzatori della celebrazione del 25 aprile, involucro vuoto riempito di contenuti inaccettabili e offensivi nei confronti di chi ha sacrificato la propria vita alla liberazione dal nazifascismo, parola scomparsa da tutti gli interventi istituzionali. Tutti hanno parlato di liberazione – la prefetta, il vicesindaco Giacino e altri – ma nessuno ha nominato liberazione da cosa.

L’unico, e lo ringraziamo, è stato Raul Adami che ha negato la possibilità di qualsiasi riconciliazione e parificazione tra vittime e carnefici, i nazifascisti.


Il Circolo Pink


Verona, 25 aprile 2012

25 Aprile sempre!

24 aprile 2012

Allarghiamo l'opposizione al Governo Monti

Nota dell'Esecutivo Nazionale di Sinistra Crititca

Le proteste operaie contro la "riforma" dell'articolo 18, le critiche alla ministra Fornero, le parziali oscillazioni dello stesso Mario Monti dicono che gran parte del credito politico accumulato dal governo "tecnico" si sia consumato. La natura di classe dell'attuale governo, che abbiamo denunciato con chiarezza dal primo istante, si rivela ogni giorno con nettezza e la vicenda del "mercato del lavoro" sta lì a dimostrarlo. Monti persegue un progetto cristallino di regolamento dei conti al servizio, per citare Luciano Gallino, della "lotta di classe dopo la lotta di classe", cioè al servizio dei vincitori, il grande capitale, le banche, le multinazionali proiettate nella globalizzazione che, appunto, non hanno mai smesso di condurre una lotta a fondo contro il lavoro. E' un progetto che non richiede complotti internazionali a opera di una "spectre" più o meno segreta. E' fatto alla luce del sole ed è comprensibile nei suoi principali aspetti simbolici.
La vera riforma delle pensioni, quella che ha garantito per la prima volta l'aggancio di questa al salario è del 1969, lo Statuto dei lavoratori è del 1970. Il governo Monti sta riportando la legislazione sociale a prima di quelle date non tanto per tornare indietro nella Storia ma per destrutturare quel che resta della dimensione di classe acquisita in decenni di lotte e rendere un buon servizio al capitalismo italiano ed europeo. Il viaggio in Asia è in fondo il viaggio di un moderno ed elegante commesso viaggiatore incaricato di piazzare il capitale e il mercato italiano là dove la crisi sembra aver avuto un minor impatto. Si tratta dell'unica strada individuata per dare una risposta alla crisi, rassicurare il riavvio del processo di valorizzazione del capitale, obbedire alla logica perversa (e fallimentare) del liberismo cogliendo l'opportunità per assestare un colpo mortale al mondo del lavoro (peraltro senza risolvere nessuna delle cause fondamentali della crisi stessa).
La determinazione a smontare l'articolo 18 obbedisce a questa logica. L'obiettivo della riforma, al di là delle schermaglie su contratti di ingresso e ammortizzatori sociali (che pure vengono modificati al ribasso) è quello di abolire il reintegro nei licenziamenti illegittimi eliminando la principale forza deterrente che i lavoratori hanno nei confronti delle imprese e quindi indebolire lo stesso lavoro precario. E' così evidente che anche il Pd ha dovuto vacillare per qualche giorno con una Cgil in preda a qualche crisi di nervi. Eppure, la realtà materiale non ha impedito, anche in questo caso, al partito di Bersani di rendersi protagonista dell'ennesima "mediazione" distruttiva dei diritti dei lavoratori: ancora una volta una resa senza condizioni è stata spacciata per il miglior compromesso possibile. La Cgil si è subito allineata a questa scelta del Pd, anche se mantiene dei distinguo e dei contraccolpi interni, lasciando solo alla sua minoranza, a partire dalla Fiom, il compito di rappresentare il "no" all'abolizione dell'articolo 18 che pure è venuto da decine e decine di scioperi e manifestazioni in tutta Italia. Ce n'è abbastanza per un bilancio senza ambiguità: il Pd si conferma un partito della governance capitalistica, la Cgil ne rappresenta, con alcune contraddizioni, il braccio sociale nel mondo del lavoro. Solo nella Fiom, e in parte della sinistra Cgil e nel sindacalismo di base, si può rintracciare la volontà di una resistenza vincolata a una visione di classe.
In questo contesto non sfugge che il limite più rilevante della fase politica sia la rappresentazione di una solida opposizione di classe al governo Monti con la formazione più forte a sinistra del Pd, Sel, legata dalla sua prospettiva di alleanza strategica con il partito di Bersani e con la Federazione della sinistra costretta a fare i conti con le sue chiare contraddizioni (una sua ampia componente non ha partecipato alla manifestazione di Milano) e con i suoi tempi elettoralistici che la costringono a indire manifestazioni autocentrante. Ma per fortuna si sono verificati anche alcuni segnali in controtendenza e vanno ampiamente valorizzati. Il primo è la quantità e qualità delle manifestazioni operaie contro la riforma. Nulla che faccia invertire la tendenza alla rassegnazione o, meglio, alla disillusione di una classe operaia reduce da una serie infinita di sconfitte ma, proprio per questo, la voglia di reagire all'ennesimo schiaffo mostrata soprattutto dai giovani operai, che non a caso hanno contrassegnato la bella e importante manifestazione Fiom del 9 marzo, indica che esiste un piccolo potenziale per provare a resistere.
Ed è dentro questo scenario che si è realizzata l'altrettanta e importante manifestazione di Milano del 31 marzo che ha visto una partecipazione superiore alle aspettative e ricca di presenze differenti e plurali. "Occupyamo Piazzaffari", è stata una manifestazione utile per costruire un'opposizione coerente al governo Monti e interessante nella sua composizione: sindacati di base, una parte della sinistra Cgil, organizzazioni politiche, movimenti sociali, esperienze di lotta, a partire dai Notav, comitati per la casa, studenteschi, ecologisti e così via. Una manifestazione in cui la consapevolezza della spirale perversa del debito e della necessità di annullarlo ha avuto, per la prima volta, una visibilità e rappresentazione di piazza. Non era scontato che un tema per soli attivisti acquisisse una valenza più generale e questo ci sembra il primo risultato utile della manifestazione che premia, a nostro giudizio, la determinazione con cui Sinistra Critica ha voluto costruire una mobilitazione specifica a partire dal lancio della campagna "Rivolta il debito".
Così come è stato un risultato utile e importante essersi impegnati con grande determinazione e convinzione, all'interno del Comitato No debito di cui Sinistra Critica fa parte dall'inizio, per l'allargamento della giornata del 31 marzo ad altri spezzoni dell'opposizione sociale. Un risultato che chiede di essere consolidato con la prospettiva dell'allargamento dell'opposizione al governo Monti anche a chi non era in piazza il 31 marzo ma persegue una strada di resistenza sociale, a cominciare dalla Fiom con l'auspicio che si ponga più compiutamente sul terreno dell'opposizione al governo Monti.
Nel prossimo mese ci saranno diverse mobilitazioni, già indette a livello internazionale, come il 1 maggio a Milano (guardando all'impatto che potrà avere lo sciopero indetto dal movimento Occupy americano lo stesso giorno) e, soprattutto, le giornate di Francoforte, contro la Bce e le politiche europee, del 17-20 maggio. La prima indicazione che il neo-movimento di opposizione può darsi è quella di costruire una continuità tra "Milano e Francoforte" per un arrivare tutti insieme, mantenendo le specificità e le diversità, all'appuntamento in Germania. Sinistra critica proporrà alle varie forze implicate in questa prospettiva di opposizione, a partire da quelle che hanno promosso Occupy Piazzaffari, di realizzare un appello comune ma anche di trovare, insieme, le forme con cui allargare il movimento e proseguire un percorso comune dopo Francoforte. Sono le stesse mobilitazioni di piazza a esigere aperture e disponibilità al confronto per far rinascere un movimento plurale che la giornata del 15 ottobre ha soffocato. Vogliamo prenderci cura di questo movimento possibile, allargarlo e renderlo più forte a partire dalla rivendicazione sul debito e dalla necessità di realizzare degli Audit popolari per il suo annullamento. La costruzione di una Rete per l'Audit, nazionale e locale, come indicato dal convegno di Rivolta il debito tenutosi, con successo, a Roma il 24 marzo, è un'utile opportunità di lavoro. Ma le mobilitazioni, tutte, parlano della necessità di una piattaforma più generale che a partire dalla difesa dello Statuto dei lavoratori chieda di far pagare la crisi alle banche (nazionalizzando) e ai profitti privati, esiga una vera riforma fiscale dalla parte del lavoro dipendente con l'introduzione di una vera patrimoniale, imponga la difesa dei "beni comuni" a partire dal territorio (No Tav, forum Acqua pubblica), garantisca l'unità del lavoro, migrante e non, rilanci una battaglia di fondo contro la politica istituzionale e corrotta per una democrazia radicale e partecipata.
E con queste priorità che crediamo vada affrontata una discussione, che sembra essere ricominciata a sinistra, sulla necessità di un "soggetto politico nuovo". La ricostruzione di una soggettività di classe e di sinistra ha bisogno del "lavoro vivo" nel pieno del conflitto e dei movimenti, di sperimentazioni reali attorno alle quali costruire dibattito e avanzamenti progressivi: fuori da ambizioni elettoralistiche e istituzionali, dentro una dinamica di movimento, all'opposizione del governo Monti e della governance capitalistica, di centrodestra o di centrosinistra. E' questa la bussola che proponiamo alla discussione, pronti a frequentare tutte le sedi che pongano problemi corretti ma senza fughe in avanti o forzature elettorali. Dopo gli errori e le sconfitte che hanno fatto a pezzi la sinistra italiana il percorso della sua ricostruzione richiede una "lenta impazienza".

Negli Usa torna lo sciopero generale

di Felice Mometti

Dopo 66 anni, lanciato per il prossimo primo maggio da Occupy Wall Street, torna lo sciopero generale negli Stati Uniti, dove è vietato per legge. Stanno tuttavia circolando molti manuali, rivolti ai lavoratori stabili e precari, che illustrano i tanti modi per partecipare
Come andrà nessuno può dirlo. Nessuno è in grado di dirlo. Lo sciopero generale del 1° maggio indetto dal movimento Occupy americano è una novità assoluta per le forme che assumerà e per il modo in cui è stato costruito. Dopo 66 anni, dallo sciopero di Oakland del 1946, si parla di nuovo di sciopero generale. C'è voluto un movimento che ha terremotato lo scenario politico e sindacale statunitense, che da settembre ad oggi ha retto vari tentativi per isolarlo, reprimerlo, addomesticarlo. E i tentativi sono stati davvero molti e molto insidiosi. Dalla repressione su vasta scala operata in modo coordinato dai Dipartimenti di polizia di varie città - sostenuta nei fatti anche dall'Amministrazione Obama - con migliaia di arresti, sgomberi, minacce, sospensione di elementari libertà democratiche alla politica ammiccante di alcuni settori del Partito Democratico per cooptare il movimento all'interno dei luoghi istituzionali.
Sono stati mesi difficili, soprattutto gli ultimi, in cui la pressione politica, gli attacchi repressivi - mai venuti meno - e il circuito mediatico mainstream hanno cercato in tutti i modi di azzerare le legittime aspirazioni di un movimento che vuole cambiare radicalmente la società americana. E' il caso anche dell'azione concertata tra Partito Democratico e sindacati, molto attivi nello sminuire e ingabbiare qualsiasi lotta in vista della campagna per la rielezione di Obama. Il quale non sta facendo altro che rispolverare le promesse, non mantenute, fatte alle scorse elezioni. Lo sciopero del 1° maggio rappresenta quindi un test molto importante per la vitalità e la capacità di incidere del movimento. Allo stato attuale sono previsti blocchi, picchetti, manifestazioni in 120 città degli Stati Uniti. L'attenzione è però concentrata sulle mobilitazioni della West Coast del nord (San Francisco, Oakland, Seattle), di New York e di Chicago. L'appello di Occupy Oakland di dare vita a una giornata intera di mobilitazione, con vari appuntamenti, che inizia alle 6 del mattino con il blocco del Golden Gate, il lungo ponte che collega San Francisco al resto della Bay Area, sta funzionando un pò come modello di riferimento. A New York sono previste tre manifestazioni, di cui solo una autorizzata, e un'intera giornata di picchetti davanti a banche e società finanziarie. Il 1° maggio di Chicago sarà invece l'inizio di tre settimane di mobilitazioni che arriveranno a contestare anche il vertice della Nato che si svolgerà in quella città il 20-21 maggio. Il vertice del G8, inizialmente previsto in contemporanea nello stesso luogo, è stato spostato a Camp David - completamente militarizzato - per timore delle proteste. Di fronte all'oscuramento della giornata di sciopero fatta dei grandi media e dalla quasi totalità delle organizzazioni sindacali, in molte città il movimento si è organizzato per una campagna di volantinaggi davanti alle scuole e ai luoghi di lavoro oltre che per un uso massiccio della rete con l'apertura di centinaia, se non migliaia, di siti web, mailing list, pagine facebook e di hashtag di twitter. A New York ad esempio la SEIU - il potente sindacato dei lavoratori pubblici - pur avendo annunciato nelle riunioni di Occupy Wall Street la propria partecipazione alla manifestazione autorizzata del pomeriggio non la pubblicizza in alcun modo sui luoghi di lavoro. Ancora peggio la situazione sulla West Coast dove i sindacati stanno decisamente boicottando lo sciopero. Un risultato comunque si è già ottenuto. Nei campus universitari, tra le associazioni antirazziste e di migranti, nei gruppi informali di lavoratori precari sono state organizzate una miriade di iniziative e dibattiti per sostenere lo sciopero. Per aggiornare e riappropriarsi, all'epoca di una delle più grandi crisi capitalistiche, di questa forma di lotta dal basso e in modo autorganizzato. E' questo anche un modo per ricostruire una memoria senza miti né nostalgie, con la consapevolezza che il passato non tornerà più e si tratta di inceppare i meccanismi di domino e sfruttamento del capitalismo contemporaneo. Il movimento Occupy ha puntato i riflettori sul dispotismo di un sistema politico-economico che ha varato da molti anni a questa parte leggi, statali e federali, che vietano gli scioperi generali e prevedono multe salatissime fino ad arrivare al licenziamento dei lavoratori che lo fanno. Stanno tuttavia circolando molti manuali, rivolti ai lavoratori stabili e precari, che illustrano i tanti modi per partecipare allo sciopero senza incorrere nel rischio del licenziamento. Nessuno ha indetto formalmente lo sciopero, però c'è. Nessuno ha chiesto l'autorizzazione ai picchetti e ai blocchi, peraltro vietati dalle leggi, però ci sono. E infine, come si dice a Oakland, nessuno ha il monopolio della lotta di classe.
A pochi giorni dallo sciopero generale la frase che si sente pronunciare sempre più spesso a Union Square, la piazza diventata il quartier generale di Occupy Wall Street, che meglio riassume lo stato d'animo generale del movimento è : "Whose time ? Our time". Di chi è il tempo ? Il tempo è nostro.

Bellavita (Fiom): “La Fornero all'Alenia per un'ora? In fabbrica bisogna provare a lavorarci per 45 anni, cara Ministra”

La Fornero all'Alenia per un'ora? In fabbrica bisogna provare a lavorarci per 45 anni, cara Ministra. Si può essere d'accordo o meno sull'invito ad andare a confrontarsi con i lavoratori dell'Alenia di Torino, che qualcuno della Fiom ha fatto alla ministra Fornero; io penso sia stata una scelta sbagliata. Quello che è innegabile è che con questo gesto di estrema cortesia la gravità delle politiche della Fornero e del governo Monti viene fortemente ridimensionata. La Ministra ne esce persino riabilitata dagli applausi che i lavoratori, ai quali nulla si può addebitare sulla vicenda, gli concedono per il riconosciuto coraggio nell'essersi confrontata con loro.
Non sono avvezzo alle false cerimonie. Il vero coraggio è quello dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari, dei disoccupati, dei pensionati, di tutti coloro che si ostinano a combattere per arrivare alla fine del mese, non certo quello di una docente universitaria sicuramente benestante, sabauda nei modi, sprezzante del dissenso e che, senza nessun mandato democratico, ha determinato scelte di una violenza inaudita sulla vite delle persone che il sindacato dovrebbe rappresentare. Sì, violenza, perché costringere chi guadagna, quando li guadagna, poco più di mille euro al mese, a lavorare sino e oltre i 67 anni per una pensione da fame è un atto violento che come un machete si abbatte sull'esistenza di una persona, sulla sua famiglia.
Non paga, la Ministra pretende di cancellare l'art. 18 per dare alle imprese libertà assoluta di licenziamento, per distribuire brioche ai cosiddetti esodati (termine orrendo), per tagliare gli ammortizzatori sociali esistenti e mantenere intatta tutta la precarietà. La Ministra Fornero non ha bisogno di sentire la voce dei lavoratori per conoscere le conseguenze delle sue scelte politiche; sa benissimo che ai lavoratori sta chiedendo un prezzo altissimo, mentre nulla è richiesto ai redditi più alti.
Non abbiamo mai invitato Sacconi o Maroni a un'assemblea in fabbrica, eppure questi ex Ministri del lavoro non hanno mai fatto scelte brutali come quelle compiute adesso dalla Fornero. La ragione del non invito era legata al fatto di considerarli quantomeno avversari. Pertanto, le assemblee le facevamo noi per invitare i lavoratori a lottare contro la loro politica. Per la stessa ragione, abbiamo sempre detto no alle assemblee convocate dal padrone per parlare direttamente con i lavoratori. Forse, a prescindere dal merito, con la venuta della Fornero qualcosa è cambiato, se non nei contenuti, negli schieramenti.

20 aprile 2012


Il deficiente. La selezione della classe dirigente di domani
di Girolamo De MicheleBossi_Bricolo.jpg
Questo racconto fa parte dell'antologia Sorci Verdi. Storie di ordinario leghismo, edizioni Alegre, 2011 

Nella Lega si lavora. Chi lavora fa carriera, chi non lavora va a casa
(Umberto Bossi, a proposito di Renzo Bossi, 2009)
Non serve certo un teologo per accorgersi di quanta confusione ci sia sotto il cielo
(on. Federico Bricolo, 2003)
10 marzo 2004, Madrid
Aeroporto Barajas, ore 20
Salutano gli autisti senza un cenno. Scendono in silenzio dall'auto, abiti scuri e occhiali uguale. Si dirigono al Terminal per il check in impugnando la valigetta come un'arma. Destinazione Monaco di Baviera: un grande hub. Da lì, Rabat, via Francoforte. In ogni città qualcuno ad aspettarli.
Importante non esserci, domattina: a Madrid.
10 marzo 2004, Treviso
Aeroporto Antonio Canova, ore 20
- Diocan, Deficiente, gheto pressia? Sei un cadenasso, mica puoi andar zo a Romaladrona onto come (segue un rutto), gli fa il Folaga.
- Va in mona, Zuan: io domani devo anche fave un dis... un dis... g'ho da pavlave, domani. In Pavlamento. E allova mi accompa... mi accompagni. E la smetti di chiamavmi Deficiente.
- Vaccadì, Deficiente, hai un fiato che schiaccia peggio di... (altro rutto) di un pallavolista. Non ci fanno neanche entrare sull'aereo.
- Te si pvopvio en bvasa cue... en bvasa cuevta... Mi, g'ho il tesse... il tessevino, dice appoggiandosi al Suv. E smetti di chiamavmi Deficiente...
- Te lo infilano su per il cul la carta da deputato, dice il Pantegana: quello al volante. 'Scolta ben Deficiente, dice mostrando la boccia di vodka: si torna in città, e a Romaladrona ci vai domani!
E sigilla l'affermazione con un peto.
- Tromba de cul corpo san!, esclama l'Ascella.
10 marzo 2004, Madrid
Aeroporto Barajas, ore 20
Diocan, che mona! È salito sul taxi parlando al cellulare, ha risposto con un sì della testa a non sa più quale domanda del tassista, ed è sceso dal taxi senza guardarsi intorno, sempre al telefono, che non si perdesse il gancio con il grossista di coca a Barcellona finché gli accordi non erano definiti.
Adesso, davanti al Terminal sbagliato, lo capisce cosa aveva chiesto il tassista.
Non resta che tornare in camera.
E mentre Marangon sta per avviarsi ai taxi, il cellulare squilla.
Legge il nome sul display e pensa: allora è la mia serata fortunata.
10 marzo 2004, Treviso
Aeroporto Antonio Canova, ore 20
Scende dall'aereo, stringe la mano al collega che lo aspetta fuori, e sale in macchina. Convegno noioso, ma era importante esserci: soprattutto nella cena di lavoro di ieri sera. La cartellina con le relazioni degli altri cardiologi vola distrattamente sul sedile posteriore. Quasi non si accorge del gruppo di giovani insulsi attorno al Suv. Non riesce a non pensare che anche un Suv costa lavoro per guadagnarselo, e quelli lì... chi g’ha el pan no g’ha i denti, conclude senza riconoscere suo figlio in quello piegato che vomita: il Deficiente.
11 marzo, ore 01.30
Il Residence promette lusso & discrezione, dietro la porta delle venti casette colorate. Stasera lei è una donna famosa: è nel pieno dei suoi 15 minuti. Indossa solo i gioielli che pubblicizza nelle foto esposte nelle vetrine e sui giornali, e aspetta.
Lui è ancora più famoso. Da molto più di 15 minuti: è uno di quelli che l'orologio lo fanno andare, lui. Non si è ancora tolto i pantaloni: prima, appoggia con cura sul tavolino lo specchietto estratto dalla tasca, la carta di credito per tagliare le righe, e la scatolina delle pillole blu. Ne ha già presa una, ma ha proprio voglia di essere all'altezza della sua fama. Ne prende un'altra.
11 marzo, ore 6.40
Il Chirurgo non ci ha messo molto a capire che dev'essere successo qualcosa di grave, se il telefono del Senatore ha chiamato dieci minuti fa. E non era il Senatore a chiamare.
Una brìgola di mona. Il Senatore è circondato da una manica, un nugolo, un esercito, una legione di mona!, urla mentre comincia a chiamare con il cellulare nella destra, intrigandosi nei vestiti che cerca di infilarsi con la sinistra.
Mentre scende le scale con la cravatta in mano gli sale su un diocan che resta strozzato in gola.
Can o non can, non è il momento di bestemmiare.
11 marzo, ore 8.00
- Minchia, commissario, ce l'ha sentita la radio?
- Diocan, Caputo, laseme star che son invià laorar, un'altra di quelle beghe col Deficiente, vaccadì che mona, una volta sì e una no onto come on porco a bighelonar zigozago tra il corso e piazza Erbe. Coma etilico, diocan, si fosse annegato nel suo vomito...
- Stava mica da solo, commissario...
- Stava con la sua brìgola de butèi, allora. Fammi indovinare: il Pantegana, il Folaga e l'Ascella... Diocan, si fosse affogato nel vomito di uno di quella maraia de semi era anca meglio. Caputo, ma dov'è il cellulare di quell'altro mona di suo padre, che in clinica non c'è e a casa non risponde...
- Commissario, scusi davvero, ma l'ha... venga a sentire la radio, c'è stata una cosa davvero brutta in Spagna: la stazione dei treni, o la metro, non si capisce bene, due bombe...
- Spagna dove, Caputo?
- Madrid, commissario. Un sacco di morti.
- Vaccadì Caputo, son tre dì che tiro un bò, mi ricapita il Deficente in questura e il Chirurgo non si trova, e ti te n'esci con Madrid?
Poi il commissario Toso si calma. Guarda meglio la faccia di Caputo, e quella degli altri nell'ufficio. Ascolta il silenzio che fa da sfondo alle parole della radio («...riversi sulle rotaie, altri quasi interrati nella ghiaia nera, altri ancora confusi con ferraglie torte nei tre squarci prodotti dalle bombe in altrettanti vagoni. Ferrovieri e sopravvissuti hanno trasportato i feriti...») e capisce.
Marangon. L'operazione Màscara.
- Dov'era Marangon, diocan diocan, diamoci una mossa! Chi l'ha sentito per ultimo?
Di Biagio: l'ultimo è stato il casertano, tre giorni fa, da Siviglia. Agganciato il corriere e fissato l'appuntamento per l'acquisto della merce. Dieci chili di fecola: a Barcellona, giusto oggi.
- Vaccadì, Caputo, che spavento... mi trovi quel cellulare, adesso? Quello del Chirurgo, che il Deficiente chiuso nella stanza ormai spusa da freschin?
Alegre_sorciverdi_web.jpgIl cellulare del Chirurgo: suona a vuoto.
Il secondo cellulare del chirurgo: quello su cui chiama suo figlio. Il Deficiente. Che stamattina non chiama. Non chiama da due giorni: brutto segno. Il Deficiente deve chiamare la sera prima per dire che sta prendendo l'aereo per Roma. E invece, niente: ha tirà el pero anca sta olta, pensa suo padre.
No: non pensa. Penserebbe: se avesse tempo. Se non avesse incollato all'orecchio il terzo cellulare.
Quello del Senatore.
Quello che ha squillato alle 6.30, e che da allora non s'è più spento.
- Te si insulso, Roberto, te lo dico io. Vaccadì, ma come ti funziona el sservel? Trasportare un ictus emorragico su e giù per i laghi invece di portarlo subito nell’ospedale della città più vicina. Ci metto due ore ad arrivare fin lì, mona! Due ore! Vuoi che mi freghi dello scandalo! Io sono un chirurgo, mica uno scribacchino: sono uno che salvo la gente, cosa mi frega di... 'scolta, renditi utile: stai zitto, meglio star muto che dir stramboti. Resta in linea, che sento a Lugano...
Fuori dai gangheri come un portone sfondato, il Chirurgo. Se ci giochiamo il Senatore per una monata come questa.... E mentre pensa “monata” gli viene in mente il Deficiente: che ancora non ha chiamato. Mona d'un figlio, l'ho spedito a Romaladrona per toglierlo dal giro alcolico, mica per regalargli l'appartamento nella capitale.
Prende il cellulare, schiaccia i primi tasti, poi si ferma ad ascoltare la radio che ancora non dà la notizia, forse è vero che c'è un dio: «...palazzi mitragliati dalle schegge vedrà a lungo lo spettacolo intollerabile dei cadaveri mutilati, di membra, di teste spiccate, d'una ragazza con la bocca e gli occhi aperti seduta lì dov'è stata fulminata: non sarà possibile ricomporli fin quando...».
- Cos'è questa storia, Gino?, chiede all'autista. Terroristi, risponde: bombe a Madrid, baschi o islamici. Sui treni. Siamo quasi a Monza, dottore. Tre quarti d'ora, se siamo fortunati...
Se siamo fortunati deve averlo pensato Di Biagio mentre faceva il numero del Chirurgo e lo trovava libero. E il Chirurgo risponde.
- Guardi, non sto neanche a spiegargliela, dottore. Come al solito. Lo abbiamo preso su in piazza Erbe, dopo le segnalazioni che ci sono arrivate. Lui e altri tre. Uno è in coma etilico, il De... suo figlio, mi scusi, ci è andato vicino. Se ci manda qualcuno a ritirarlo...
- Ritirarlo chi? Mica un pacco postale, mio figlio è un deputato. Porti rispetto e stia lì, che mando qualcuno a prenderlo con la macchina. Ma è sveglio?
Di Biagio trattiene la risposta. Conta fino a dieci. Pensa alla carriera, alla moglie e al figlio da mantenere. Pensa al Chirurgo, quello che va sempre pronunciato con la maiuscola. Il numero uno in città. Uno dei più importanti d'Italia. Il cardiologo del Senatore.
Il padre del Deficiente: nu figghj'e'ndrocchia puro isso.
- No dottore, non è sveglio. L'hanno dovuto sedare. Scalmanava. C'era il pericolo che si facesse male... le solite cose...
E mentre Di Biagio dice «le solite cose», Caputo apre le mail e trova un messaggio di Marangon: “le solite cose”. L'intestazione in codice per l'operazione Màscara.
Da: Felipe
A: Diego Amando
Cc: Osvaldo
Oggetto: Le solite cose.
Faccio tappa a Madrid, cena vegan, ma mi sposto a Barna in nottata. I migliori Picasso sono lì, non al Prado. Hasta, F.
Felipe è Marangon, Diego Armando è Di Biagio, Osvaldo è il commissario Toso. La cena vegan significa che alloggia al Lope de Vega. Quindi stamattina è a Barcellona. A Barna, come dicono i castigliani.
Tutto bene, dunque.
Se non fosse che il diversamente scaltro si è svegliato.
E comincia a piangere. Perché nessuno lo ama. Perché tutti lo chiamano Deficiente: persino suo padre. Perché nessuno ha fiducia nelle sue capacità.
E del resto, pensa Di Biagio, se persino suo padre che è medico lo chiama Deficiente, un motivo ci sarà.
– Te lo dico il perché, Deficiente: da picolo sito cascà dala cunarèla, mormora Toso sbattendo la porta. La radio continua a sputare servizi, le orecchie colgono schegge di discorsi da Madrid: «treni aperti come scatolette … bolgia dantesca … dai tempi della guerra civile che non bombardavano ...». E intanto sono saltate le reti telefoniche: a Madrid, non in Catalogna. E allora, perché Marangon non è raggiungibile?
- Vieni, Caputo, andiamo a mangiare qualcosa, così quando vengono a prendersi il Deficiente non mi tocca vederli...
Non gli va giù, al commissario Toso, che in Questura si debba tenere impegnata una stanza per i figli di papà che vanno a sbronzarsi nel fine settimana, e non gli si può fare neanche un verbale. Che il giorno dopo li ritrovi sul giornale a parlare di valori cristiani e messa in latino, relativismo dei valori e crocifissi nelle scuole.
– Non ci provare, Caputo: la pastissada non la mangio, chiaro? Non mangio cavalli. Sono animali intelligenti, i cavalli.
- Beh, commissario, se tutti ragionassero così...
- Beh cosa, Caputo?
- Allora quelli come il Deficiente potremmo mangiarceli... o no?
(Già: perché non possiamo?)
Toso ordina insalata e formaggio. Per due.
brococlo.jpgLa prima doccia serve a svegliarlo.
La seconda a lavar via il freschin di dosso.
La terza a rimetterlo in piedi.
La dichiarazione per la stampa: in visita presso il convento lefevriano in Toscana, come sua abitudine, l'onorevole ha appreso in ritardo la notizia del grave malore che ha rischiato di privare il movimento della... no, guida non va bene... capo... no, non va... lìder: del suo lìder. Le rassicuranti notizie del primo pomeriggio eccetera eccetera... l'affetto del popolo padano che dalla nostra radio eccetera eccetera... la dimostrazione che nessun politico è amato tanto quanto il nostro eccetera...
Il Deficiente si siede. Beve un'altra tazza di caffè.
Ci vorrebbe una svolta, pensa. Un colpo d'ala. Si potrebbe pensare a un disegno di legge... vaccadì, in tre anni ne ha presentato uno solo, neanche arrivato in commissione...
Ripensa a quello che gli ha detto suo padre: sta tranquillo che te lo trovo io da fare a Roma. Ti trovo da lavorare, mona d'un Deficiente, cos'è che hai da dire?
- No o gnan avfià!, gli ha risposto.
Ecco, bene, muto: solo respirare. Capace solo di far casino coi tre semi lì, e scondarse soto le cotole de to mare, Deficiente. Ghe n'ho du maroni di te e della tua brigola... ma vedrai che ti sistemo io, non appena il Senatore torna dalla Svizzera.
- Svizzeva?
- Svizzera, certo: cosa ti aspettavi?
- Come Cavlo Cattaneo?
Il Chirurgo sospira. Ma da dove viene fuori questo Deficiente? Dalla mona de so mare, o da sotto un cavolo?
- Vaccadì, buteo, cerca di ragionare. Il Senatore l'è andà so de ropeton, mica uno scherzo. E quei mona che hanno aspettato a chiamarme son peggio dei tuoi fradei. Lo abbiamo ripreso per un pelo, ci vorranno mesi, e anche dopo... secondo te dove lo faccio curare?
- In Svizzeva?
- Ecco, bravo: se ci arriva anche un Deficiente come te... Adesso devo chiudere, ho il Roberto e il Francesco sull'altro telefono. Ma sta' tranquillo che a te ci penso io.
- Ripeti con molta calma, Di Biagio.
Non c'è molto da ripetere. Perché non è che le cose cambiano se le dici una seconda volta.
Sono riusciti a mettersi in contatto con gli agenti spagnoli. Quelli che conoscevano Marangon. Hanno rintracciato un tassista che ha accompagnato al terminal 2 un passeggero che corrisponde alla descrizione di Marangon. Da quel terminal non partono aerei per Barcellona.
Lì il suo cellulare è stato agganciato da un altro cellulare, di proprietà di un altro agente infiltrato nella rete che scarica polvere bianca sul Veneto e va a lavare il denaro sporco in Spagna.
Marangon è tornato a dormire in albergo. Si è svegliato presto ed è uscito.
Non si sa per dove.
Anche l'altro agente, quello spagnolo, è uscito presto.
Non si sa per dove.
Anche di lui non si hanno più notizie.
A Madrid la popolazione è nelle piazze. Dona sangue, manifesta: ¡Aquì estamos!.
Comunicato di Al Qaeda: «Lo squadrone della morte è riuscito a penetrare nel cuore dei Crociati europei ed infliggere un colpo doloroso ad uno dei pilastri dell'alleanza crociata, la Spagna...»
Comunicato del senatore Cossiga: «È stata una scheggia impazzita dell'Eta ad agire con tali modalità a Madrid».
Comunicato del primario dell'ospedale: «Il Senatore è stato colpito da insufficienza cardiaca. Le sue condizioni seppur gravi sono stazionarie. Per poterlo dichiarare fuori pericolo è necessario aspettare le prossime 72 ore. Il paziente è attualmente intubato, ma la sua forte fibra e l'immediata reazione ai trattamenti sanitari consentono di nutrire un moderato ottimismo».
Attorno al tavolo del ristorante, i fedelissimi del Senatore possono distendersi. Fumare una sigaretta. Bere un bicchiere.
- È andata bene, dice il Chirurgo.
Il Ministro lo guarda negli occhi.
- Ce la farà. Fidati, ce la farà. Ma adesso...
Adesso, è il momento di presentare il conto. L'altra volta il prezzo è stata l'elezione del Deficiente.
- Non è bastato spedirlo a Romaladrona, sospira il Chirurgo. Deve diventare un biglietto di sola andata. Dovete trovargli qualcosa da fare. Qualcosa che lo tenga impegnato.
Si guardano.
- Hai in mente qualcosa?
- Trovategli un paio di collaboratori capaci.
- Capaci di cosa?
- Di tenere l'agenda di un sottosegretario.
Pausa di riflessione.
- Hai detto sottosegretario?
- Si: ho detto sottosegretario.

11 aprile 2012

Lega, la crisi è più profonda

di Felice Mometti

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La crisi era già scoppiata al raduno di Pontida dello scorso anno con la contrapposizione, allora solo simbolica, tra Maroni e Bossi. E’ continuata negli ultimi mesi con la guerra intestina nei congressi provinciali, nell’azzeramento di segreterie e gruppi dirigenti locali, nella lotta per i posti nelle municipalizzate e nelle banche ed infine nello scontro sulle candidature alle prossime elezioni amministrative. Un modello di partito, il più vecchio che siede in parlamento, troppo autoritario e centralizzato che in ultima analisi non ha retto lo “ stato di eccezione permanente” imposto dal governo Monti. Infatti risulta difficile capire la brusca accelerazione della crisi se si guardano solo le ruberie, i fondi neri, l’accaparramento di denaro pubblico e il conseguente corollario di squallidi personaggi. E non si tratta nemmeno, almeno non più, dello scontro tra i conservatori del “cerchio magico”, che gestiscono a piacimento un presunto inconsapevole e malato Bossi, e la schiera dei “barbari sognanti” posizionati dietro il cosiddetto modernizzatore Maroni.

La Lega, così com’è, non ha retto l’urto del governo Monti. Paradossalmente, ma poi non tanto, il partito che sembrava il piu’ attrezzato ad opporsi, agitando spettri razzisti e populisti, alle politiche governative e’ diventato vittima delle proprie contraddizioni interne. Una serie di contraddizioni laceranti che sembrano andare più in profondità rispetto anche alle due crisi precedenti che avevano investito la Lega nel 2001 e nel 2006. Il venir meno di un ampio strato di attivisti, cosa molto diversa dai militanti vestiti di verde con tanto di elmo vichingo ed anche di un generico elettorato, che garantivano partecipazione, impegno ed erano il termometro sociale della Lega. Il formarsi di un ceto di amministratori, parlamentari, ministri e sottosegretari completamente inserito nei meccanismi istituzionali, l’inclusione – seppur con problemi e difficoltà - nei circuiti industriali e finanziari di esponenti leghisti, si sono sommati e hanno fatto emergere in modo virulento una crisi che covava da un po’ di tempo. Si può dire che sia fallita la coabitazione tra i fautori del leghismo territoriale, teso alla mobilitazione permanente, e i sostenitori della “ lunga marcia” attraverso le istituzioni con lo scopo di stravolgerle mediante il federalismo. Il federalismo non si e’ ottenuto, la capacità di mobilitazione della Lega e’ diminuita e lo stesso progetto di sindacato dei lavoratori del Nord non e’ mai decollato.

E’ quasi ovvio che in tale situazione si acuiscano i contrasti interni, soprattutto avendo di fronte un governo che impone molta flessibilita’politica e adattamento istituzionale ( vedi PD e PdL ), tanto da mandare in fibrillazione un partito troppo accentrato e verticale come la Lega. Nel senso che chi non si piega corre il rischio di spezzarsi se tutto sommato rimane dentro l’attuale quadro politico e istituzionale. Ora nella Lega si apre una partita dagli esiti incerti. Il progetto politico di Maroni, l’unico che ne abbia uno, sembra quasi un ossimoro: istituzionalizzare la Lega mantenendo un profilo anti-istituzionale. I fedelissimi di Bossi pensano che passata la tempesta si possa rimettere l’icona al proprio posto e partire con una rabbiosa controffensiva. Entrambi devono però tener conto che la Lega, dopo gli anni di governo con Berlusconi, è profondamente cambiata sia nelle forme del proprio radicamento, più istituzionale che sociale e territoriale, e di aggregazione degli iscritti ed anche dei semplici sostenitori. Uscire dall’angolo, rilanciando il razzismo e la secessione, come è stato fatto nelle due crisi precedenti, non sembra credibile. Allora l’operazione riuscì mantenendo inalterata la struttura del partito, oggi la crisi si concentra in larga misura anche sull’inadeguatezza di un modello di partito pensato per la mobilitazione e che invece si trova sempre più a mediare nelle istituzioni, nei consigli di amministrazione delle municipalizzate, delle banche e delle grandi aziende. Non è escluso, ed è la cosa che temono di più sia Bossi che Maroni, che si inneschi una sorta di scissione silenziosa da parte di molti attivisti e militanti della Lega, una sorta di ritorno a casa manifestando la propria adesione solo sulla scheda elettorale. L’attuale crisi della Lega è un’occasione che la sinistra radicale non deve farsi sfuggire per costruire un’opposizione politica e sociale al governo Monti e all’attuale sistema di dominio e sfruttamento a patto che si ripensi profondamente, abbandoni i politicismi, e punti decisamente all’autorganizzazione e al protagonismo dei soggetti sociali che maggiormente stanno pagando i costi della crisi.

06 aprile 2012

MIRA FUORI DEL COMUNE



Questo Movimento partecipa alle prossime elezioni amministrative del 6 maggio per sfidare sul suo terreno una “politica” sempre più chiusa nel suo fortino, sempre più autoreferenziale e autoritaria, sempre più sorda ai bisogni e alle istanze delle comunità e dei cittadini.

La lista si chiama MIRA FUORI DEL COMUNE a significare non solo la diversità delle idee e degli intenti, ma anche la diversità del metodo partecipativo e dal basso con il quale si vuole ricostruire un’altra politica.

Come già accaduto a Dolo e a Vigonovo, CAT ha deciso di stare dentro questo percorso non solo per una questione strategica rispetto alla difficile battaglia contro le “Grandi opere” ( a Mira sono previste Camionabile, Romea Commerciale e Polo Logistico di Dogaletto) che se realizzate devasteranno irreparabilmente tutto il territorio Rivierasco, ma anche perchè è solo insieme agli altri movimenti impegnati come i comitati su questi temi che si può provare a costruire delle alternative a questa politica e a questo modello di sviluppo.

CAT crede talmente tanto in questo percorso che ha acconsentito che la figura del candidato Sindaco della lista Mira Fuori del Comune, sia uno dei suoi esponenti più in vista e cioè Mattia Donadel. Una scelta difficile, ma frutto di un percorso partecipativo condiviso con il Movimento Mira 2030.

La presentazione della lista e del candidato Sindaco è avvenuta ieri in una conferenza stampa al mercato di Mira, e da questo momento Mattia Donadel ha rassegnato pubblicamente le dimissioni da Coordinatore e Portavoce di CAT, funzioni svolte da oltre 4 anni. Oltre ad Adone Doni, altro portavoce, CAT individuerà un’altra nuova figura di riferimento per tutta questa fase elettorale, ed eventualmente anche per il futuro.

Ora la priorità per CAT, per tutti i suoi attivisti e per tutti i suoi simpatizzanti è fare di tutto affinchè la sfida lanciata a Mira si concluda con un grande successo!

Un bel risultato a Mira ci consentirà di affrontare ancora più forti di prima le difficili battaglie sul territorio.

L’invito a tutti è quindi quello di mobilitarsi e di rendersi disponibili a dare una mano.

CAT

05 aprile 2012

Il risultato delle manfrine parlamentari:l’articolo 18 viene modificato, lavoratori e lavoratrici con meno diritti di prima!

Dopo frenetiche consultazioni notturne e con le grida di vittoria del Pd,il nuovo disegno di legge definito di “riforma del mercato del lavoro”,presentato dalla ministra Fornero con la benedizione di Monti appare subito per quel che è: conferma della manomissione dell’articolo 18,demolizione del sistema degli ammortizzatori sociali,con pochissime risorse messe a disposizione per la “grande riforma”,peggioramento della cosiddetta “flessibilità in entrata”,cioè del “contratto di apprendistato” con il mantenimento di tutte le tipologie contrattuali atipiche presistenti ,strumenti di gestione della dilagante precarietà.
La parzialissima modifica del testo originario del governo sull’art.18,non ne cambia la sostanza:in presenza della “manifesta insussistenza” del licenziamento economico ,il giudice “può” decidere il reintegro sul posto di lavoro. Altrimenti scatta l’indennizzo che ,a differenza della prima ipotesi, scende in una forchetta tra 12 e 24 mensilità.
Non si tratta quindi del decantato “modello tedesco” e rimane la gravissima lesione dei diritti dei lavoratori,raggiungendo l’obiettivo di questa ardita “riforma”:rendere tutti più ricattabili e sfondare “simbolicamente” il muro delle residue garanzie collettive esistenti per il movimento dei lavoratori sul terreno dei licenziamenti.
La Cgil ,dopo un lungo silenzio,da il via libera alle modifiche del governo,convocando “iniziative” con Cisl e Uil e cancellando di fatto il pacchetto di ore di sciopero già proclamate.
Ogni indugio va rotto da quanti non vogliono farsi prendere per il naso e non rinunciano alla battaglia per difendere diritti e forza collettiva del movimento dei lavoratori. Bisogna seguire l’esempio dei lavoratori della Piaggio di Pontedera e di altre aziende pisane e livornesi che hanno scioperato oggi contro la “riforma del mercato del lavoro”.La Fiom,i sindacati base e conflittuali,le strutture di lavoratori autoconvocati,i movimenti sociali contro il debito e l’austerità che si sono ritrovati il 31 marzo a manifestare a Milano devono mobilitarsi subito contro questo inganno vergognoso,riprendendo l’iniziativa nelle proprie mani.
Occorre intraprendere la strada della preparazione dello sciopero generale. Occorre combinare la costruzione di un momento di lotta davvero generale capace di fermare il Paese e far pesare la forza dell’insieme del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici con il percorso delle mobilitazioni animate dai movimenti sociali europei contro il debito e le politiche di austerità. Per un vero Primo maggio di lotta in tutte le città europee e per una presenza massiccia a Francoforte dal 18 al 20 maggio, in occasione dell’iniziativa di blocco della cittadella finanziaria del capitalismo europeo.

I lavoratori e le lavoratrici di Sinistra Critica

03 aprile 2012

Ora allarghiamo il movimento contro il debito


Non era scontato che la questione del non pagamento del debito diventasse terreno di iniziativa di massa. Adesso serve allargare, senza forzature organizzative, il blocco sociale e la mobilitazione contro la crisi, il debito e le politiche di austerità.

Una bella giornata contro il potere delle banche e le politiche del governo Monti-Napolitano.

Il sole e il caldo insolito della Milano primaverile hanno visto sfilare un corteo bello, con una partecipazione superiore alle aspettative (15/20 mila persone) e ricco di presenze differenti e plurali.

La giornata già alla mattina ha visto diverse azioni davanti a istituti di credito, tra i quali l’iniziativa di Atenei in Rivolta e Rivolta il debito davanti alla filiale di “Che Banca!” (Mediobanca) di Largo Augusto. Lo striscione “Che futuro! Precario e impossibile grazie a banche e governo” irrideva al sito di “idee per l’innovazione” (chiamato appunto “Che futuro!”) organizzato da “Che banca!” – in quanto tale corresponsabile delle politiche di austerità e di speculazione sul debito dei paesi europei (ricordiamo che Mediobanca ha ottenuto un prestito di 3,5 miliardi di Euro al tasso del 1% dalla Bce…).

Il corteo del pomeriggio ha visto manifestare le forze oggi decisamente e coerentemente all’opposizione del governo Monti-Napolitano – dai sindacati di base (Usb, Cub, Si.Cobas) alle organizzazioni politiche (Prc, Pcl, Sinistra Critica, Rete dei comunisti…), alle diverse espressioni dei movimenti sociali e delle esperienze di lotta di lavoratrici e lavoratori: NoTav, lavoratori di Wagon Lits, cooperative dell’Esselunga, Alcoa, Sanprecario, NoTem, centri sociali, comitati No Debito, comitati di lotta per la casa, disobbedienti, Atenei in Rivolta, Rivolta il debito, collettivi Lgbt e così via.

Una manifestazione che ha offerto uno spazio prezioso a queste espressioni di movimento e a tutte/i quelle/i che volevano mostrare apertamente l’opposizione ai provvedimenti del governo Monti (in particolare per la difesa dell’articolo 18 e contro la riforma del mercato del lavoro) e la consapevolezza del non pagamento del debito come strumento di lotta e di riappropriazione di risorse per costruire politiche alternative – per garantire un reddito sociale e un welfare degno di questo nome, per la riduzione dell’orario di lavoro e la redistribuzione dei lavori, per politiche sociali e di riconversione ambientale, contro grandi opere inutili e dannose, contro le spese militari.

Non era scontato alla fine della scorsa estate che la questione del non pagamento del debito diventasse terreno di iniziativa di massa, o comunque uscisse dal chiuso dei dibattiti intellettuali e tra economisti.

Una mobilitazione di lavoratrici e lavoratori – precari e non -, studenti (molte le/i giovani nel corteo, anche questo fatto non scontato), pensionate/i e tanti che in pensione non riescono ad andarci (ma nemmeno a trovare un lavoro dignitoso), migranti, che hanno mostrato le facce di quei soggetti in carne ed ossa vittime dei provvedimenti di Monti-Napolitano-Bersani-Alfano-Casini.

La ricchezza e la pluralità del corteo chiedono oggi di continuare sulla strada del consolidamento di un blocco sociale e politico di opposizione al governo e alle sue politiche, con una dimensione sempre più continentale.

Da una parte questo significa rilanciare le reti e le esperienze locali e nazionali (ed europee) che affrontano direttamente e concretamente la battaglia per la cancellazione del debito, in particolare attraverso la costruzione di audit di cittadine/i sul debito – strumento per allargare ancor più la consapevolezza di questo vero e proprio ricatto europeo e per agire seriamente sul terreno della partecipazione (quello che viene posto in tutte le espressioni degli “Occupy” con la loro contestazione dell’autoritarismo che permette all’1% di decidere anche per il 99% restante, e ancor più con chiarezza dalle/dagli indignad@s e dalle/dai giovani arabi che hanno ripreso voce e piazze).

In secondo luogo questo corteo chiede una continuità di iniziativa che già nelle prossime settimane deve essere praticato, per arrivare tutti insieme – anche se partendo da diverse valutazioni e da relazioni internazionali differenti – alle giornate di Francoforte del 18/20 maggio con il blocco della Bce e della cittadella delle banche tedesca. Un appello comune che mostri la volontà di azione congiunta sarebbe certamente un segnale importante di una continuità con la manifestazione di Milano (come recitava lo striscione di RiD e AiR “da Milano a Francoforte, assaltiamo il debito”).

Ma prima di quelle giornate ci sarà l’11 aprile con la chiamata della Val Susa in occasione della data di notifica ufficiale dell’occupazione dei terreni privati in Val Clarea, ove permane l’occupazione militare dell’inesistente cantiere per il TAV (interessante la campagna collegata di http://www.sbankiamoli.it/ che propone ai risparmiatori di ritirare in quella giornata i soldi dai loro conti dalla “banche irresponsabili”).

E ancora il 15 aprile internazionale contro le banche proposto da OWS, il 1° maggio di lotta e altre giornate analoghe.

In definitiva questa manifestazione non chiede una forzatura organizzativa che chiuda uno spazio offerto ad un soggetto davvero plurale e ad un movimento ancora in embrione, ma che ha forti ragioni e potenzialità per ripartire da quel 15 ottobre abortito sul nascere. Al contrario chiede di prendersi cura di questo stesso movimento, di rafforzarlo e allargarlo, di rendere più forte e diffuso il blocco sociale e la mobilitazione contro la crisi, contro il debito, contro le politiche di austerità e di attacco ai diritti e alle condizioni di vita di lavoratrici e lavoratori (precari o non ancora tali), giovani, studenti, pensionate/i.

Partire dalle immagini e dalla partecipazione di oggi sotto il sole milanese è una buona spinta per evitare di percorrere strade già più volte fallite e provare a guardare avanti e alle possibilità di diventare un movimento di cui si dovrà tenere conto.

(da ilmegafonoquotidiano.it)