24 aprile 2012

Allarghiamo l'opposizione al Governo Monti

Nota dell'Esecutivo Nazionale di Sinistra Crititca

Le proteste operaie contro la "riforma" dell'articolo 18, le critiche alla ministra Fornero, le parziali oscillazioni dello stesso Mario Monti dicono che gran parte del credito politico accumulato dal governo "tecnico" si sia consumato. La natura di classe dell'attuale governo, che abbiamo denunciato con chiarezza dal primo istante, si rivela ogni giorno con nettezza e la vicenda del "mercato del lavoro" sta lì a dimostrarlo. Monti persegue un progetto cristallino di regolamento dei conti al servizio, per citare Luciano Gallino, della "lotta di classe dopo la lotta di classe", cioè al servizio dei vincitori, il grande capitale, le banche, le multinazionali proiettate nella globalizzazione che, appunto, non hanno mai smesso di condurre una lotta a fondo contro il lavoro. E' un progetto che non richiede complotti internazionali a opera di una "spectre" più o meno segreta. E' fatto alla luce del sole ed è comprensibile nei suoi principali aspetti simbolici.
La vera riforma delle pensioni, quella che ha garantito per la prima volta l'aggancio di questa al salario è del 1969, lo Statuto dei lavoratori è del 1970. Il governo Monti sta riportando la legislazione sociale a prima di quelle date non tanto per tornare indietro nella Storia ma per destrutturare quel che resta della dimensione di classe acquisita in decenni di lotte e rendere un buon servizio al capitalismo italiano ed europeo. Il viaggio in Asia è in fondo il viaggio di un moderno ed elegante commesso viaggiatore incaricato di piazzare il capitale e il mercato italiano là dove la crisi sembra aver avuto un minor impatto. Si tratta dell'unica strada individuata per dare una risposta alla crisi, rassicurare il riavvio del processo di valorizzazione del capitale, obbedire alla logica perversa (e fallimentare) del liberismo cogliendo l'opportunità per assestare un colpo mortale al mondo del lavoro (peraltro senza risolvere nessuna delle cause fondamentali della crisi stessa).
La determinazione a smontare l'articolo 18 obbedisce a questa logica. L'obiettivo della riforma, al di là delle schermaglie su contratti di ingresso e ammortizzatori sociali (che pure vengono modificati al ribasso) è quello di abolire il reintegro nei licenziamenti illegittimi eliminando la principale forza deterrente che i lavoratori hanno nei confronti delle imprese e quindi indebolire lo stesso lavoro precario. E' così evidente che anche il Pd ha dovuto vacillare per qualche giorno con una Cgil in preda a qualche crisi di nervi. Eppure, la realtà materiale non ha impedito, anche in questo caso, al partito di Bersani di rendersi protagonista dell'ennesima "mediazione" distruttiva dei diritti dei lavoratori: ancora una volta una resa senza condizioni è stata spacciata per il miglior compromesso possibile. La Cgil si è subito allineata a questa scelta del Pd, anche se mantiene dei distinguo e dei contraccolpi interni, lasciando solo alla sua minoranza, a partire dalla Fiom, il compito di rappresentare il "no" all'abolizione dell'articolo 18 che pure è venuto da decine e decine di scioperi e manifestazioni in tutta Italia. Ce n'è abbastanza per un bilancio senza ambiguità: il Pd si conferma un partito della governance capitalistica, la Cgil ne rappresenta, con alcune contraddizioni, il braccio sociale nel mondo del lavoro. Solo nella Fiom, e in parte della sinistra Cgil e nel sindacalismo di base, si può rintracciare la volontà di una resistenza vincolata a una visione di classe.
In questo contesto non sfugge che il limite più rilevante della fase politica sia la rappresentazione di una solida opposizione di classe al governo Monti con la formazione più forte a sinistra del Pd, Sel, legata dalla sua prospettiva di alleanza strategica con il partito di Bersani e con la Federazione della sinistra costretta a fare i conti con le sue chiare contraddizioni (una sua ampia componente non ha partecipato alla manifestazione di Milano) e con i suoi tempi elettoralistici che la costringono a indire manifestazioni autocentrante. Ma per fortuna si sono verificati anche alcuni segnali in controtendenza e vanno ampiamente valorizzati. Il primo è la quantità e qualità delle manifestazioni operaie contro la riforma. Nulla che faccia invertire la tendenza alla rassegnazione o, meglio, alla disillusione di una classe operaia reduce da una serie infinita di sconfitte ma, proprio per questo, la voglia di reagire all'ennesimo schiaffo mostrata soprattutto dai giovani operai, che non a caso hanno contrassegnato la bella e importante manifestazione Fiom del 9 marzo, indica che esiste un piccolo potenziale per provare a resistere.
Ed è dentro questo scenario che si è realizzata l'altrettanta e importante manifestazione di Milano del 31 marzo che ha visto una partecipazione superiore alle aspettative e ricca di presenze differenti e plurali. "Occupyamo Piazzaffari", è stata una manifestazione utile per costruire un'opposizione coerente al governo Monti e interessante nella sua composizione: sindacati di base, una parte della sinistra Cgil, organizzazioni politiche, movimenti sociali, esperienze di lotta, a partire dai Notav, comitati per la casa, studenteschi, ecologisti e così via. Una manifestazione in cui la consapevolezza della spirale perversa del debito e della necessità di annullarlo ha avuto, per la prima volta, una visibilità e rappresentazione di piazza. Non era scontato che un tema per soli attivisti acquisisse una valenza più generale e questo ci sembra il primo risultato utile della manifestazione che premia, a nostro giudizio, la determinazione con cui Sinistra Critica ha voluto costruire una mobilitazione specifica a partire dal lancio della campagna "Rivolta il debito".
Così come è stato un risultato utile e importante essersi impegnati con grande determinazione e convinzione, all'interno del Comitato No debito di cui Sinistra Critica fa parte dall'inizio, per l'allargamento della giornata del 31 marzo ad altri spezzoni dell'opposizione sociale. Un risultato che chiede di essere consolidato con la prospettiva dell'allargamento dell'opposizione al governo Monti anche a chi non era in piazza il 31 marzo ma persegue una strada di resistenza sociale, a cominciare dalla Fiom con l'auspicio che si ponga più compiutamente sul terreno dell'opposizione al governo Monti.
Nel prossimo mese ci saranno diverse mobilitazioni, già indette a livello internazionale, come il 1 maggio a Milano (guardando all'impatto che potrà avere lo sciopero indetto dal movimento Occupy americano lo stesso giorno) e, soprattutto, le giornate di Francoforte, contro la Bce e le politiche europee, del 17-20 maggio. La prima indicazione che il neo-movimento di opposizione può darsi è quella di costruire una continuità tra "Milano e Francoforte" per un arrivare tutti insieme, mantenendo le specificità e le diversità, all'appuntamento in Germania. Sinistra critica proporrà alle varie forze implicate in questa prospettiva di opposizione, a partire da quelle che hanno promosso Occupy Piazzaffari, di realizzare un appello comune ma anche di trovare, insieme, le forme con cui allargare il movimento e proseguire un percorso comune dopo Francoforte. Sono le stesse mobilitazioni di piazza a esigere aperture e disponibilità al confronto per far rinascere un movimento plurale che la giornata del 15 ottobre ha soffocato. Vogliamo prenderci cura di questo movimento possibile, allargarlo e renderlo più forte a partire dalla rivendicazione sul debito e dalla necessità di realizzare degli Audit popolari per il suo annullamento. La costruzione di una Rete per l'Audit, nazionale e locale, come indicato dal convegno di Rivolta il debito tenutosi, con successo, a Roma il 24 marzo, è un'utile opportunità di lavoro. Ma le mobilitazioni, tutte, parlano della necessità di una piattaforma più generale che a partire dalla difesa dello Statuto dei lavoratori chieda di far pagare la crisi alle banche (nazionalizzando) e ai profitti privati, esiga una vera riforma fiscale dalla parte del lavoro dipendente con l'introduzione di una vera patrimoniale, imponga la difesa dei "beni comuni" a partire dal territorio (No Tav, forum Acqua pubblica), garantisca l'unità del lavoro, migrante e non, rilanci una battaglia di fondo contro la politica istituzionale e corrotta per una democrazia radicale e partecipata.
E con queste priorità che crediamo vada affrontata una discussione, che sembra essere ricominciata a sinistra, sulla necessità di un "soggetto politico nuovo". La ricostruzione di una soggettività di classe e di sinistra ha bisogno del "lavoro vivo" nel pieno del conflitto e dei movimenti, di sperimentazioni reali attorno alle quali costruire dibattito e avanzamenti progressivi: fuori da ambizioni elettoralistiche e istituzionali, dentro una dinamica di movimento, all'opposizione del governo Monti e della governance capitalistica, di centrodestra o di centrosinistra. E' questa la bussola che proponiamo alla discussione, pronti a frequentare tutte le sedi che pongano problemi corretti ma senza fughe in avanti o forzature elettorali. Dopo gli errori e le sconfitte che hanno fatto a pezzi la sinistra italiana il percorso della sua ricostruzione richiede una "lenta impazienza".