di Dario Di Nepi
www.ilmegafonoquotidiano.it
Il 27 Ottobre la manifestazione No Monti Day sarà
il primo banco di prova dell’autunno italiano. Certamente ci sono state
altre importanti manifestazioni settoriali, da quelle degli studenti
medi di inizio ottobre fino a quelle degli insegnanti della scorsa
settimana, ma il 27 si scenderà in piazza in un momento nazionale, che
si spera possa essere il più partecipato possibile.
Il No Monti Day però chiuderà anche un ottobre che a livello europeo potremmo già definire notevolmente surriscaldato: gli scioperi generali in Grecia e le manifestazioni in Spagna, Portogallo e Francia dimostrano
che i lavoratori, le lavoratrici, gli studenti e le studentesse così
come i migranti del sud dell’Europa sono ormai arrivati al limite della
sopportazione, le misure di austerità imposte dalle Trojka e dai governi
nazionali stanno impoverendo pesantemente non solo le classi più deboli
di questi Paesi, ma anche quelle classi medie che fino a qualche anno
fa si sentivano protette, quasi inattaccabili dalla crisi. La Grecia è
un esempio emblematico di questo processo, le strade di Atene sono ormai
piene di macchine abbandonate e di negozi chiusi o falliti.

In Italia la situazione è radicalmente diversa, non
c’è la presenza di un movimento “alla greca” né della radicalità
espressa dagli indignados spagnoli. La costruzione del No Monti Day è
stata quindi promossa principalmente da organizzazioni politiche e
sindacali di base che hanno scelto una modalità più tradizionale, basata
sulla classica manifestazione del sabato pomeriggio. Una scelta giusta ma che non scommette sufficientemente sulla possibile dinamica di attivazione di un movimento “alla greca” o “alla spagnola” nel nostro Paese.
Fortunatamente però, come quasi sempre, dai movimenti sociali può
accendersi quella miccia che potrebbe innescare una dinamica diversa
anche in Italia: tra gli insegnanti infatti si sta di
fatto creando l’embrione di movimento diffuso, i provvedimenti previsti
nella legge di stabilità sono terribili (l’esempio delle 24 ore di
lavoro è solo la punta di un iceberg) e colpiscono ulteriormente una
categoria già martoriata, mentre gli studenti delle
scuole hanno già dimostrato una notevole potenzialità di mobilitazione.
Se a questi due elementi aggiungiamo il sentimento di rigetto sempre più
ampio nei confronti di una classe politica ormai pienamente
identificata con gli scandali di Fiorito, Formigoni, Penati o Scajola, e
le condizioni economiche e di lavoro sempre più drammatiche non
possiamo non avere una speranza che anche in Italia cominci a soffiare
un vento di rivolta.
La manifestazione del 27 quindi dovrebbe essere un passaggio nella
costruzione di una dinamica di questo tipo e i promotori hanno
l’occasione unica di mettersi a disposizione di un processo ampio, che
vedrà come prossima tappa immediata lo sciopero europeo del 14 Novembre
indetto in Grecia, Spagna, Portogallo e Malta, che potrebbe avere un
risvolto importante e radicale anche nel nostro Paese. La formazione di
uno spezzone della "conoscenza" dentro il corteo, ad esempio, è un utile
esempio di come dare continuità alla giornata. Ora più che mai
l’elemento di connessione internazionale è centrale e uno sciopero
europeo ben riuscito sarebbe un tassello decisivo verso la costruzione
di un movimento vasto e plurale.