27 ottobre 2010

L'ecologismo popolare

di Maurizio Braucci*
«C'è una nuova corrente di ecologismo o ambientalismo globale che nasce dai conflitti sociali intorno al diritto e alla titolarità sull'ambiente, ai rischi di contaminazione, alla perdita di accesso alle risorse naturali e ai servizi ambientali». Così ha scritto Joan Martinez Alier, divulgatore dei temi dell'ecologismo popolare, la forma più attuale e drammatica di lotta al neoliberismo nelle aree di retrosviluppo del pianeta. Chiarisce Alier nel suo libro "Ecologia dei poveri" edito da Jaca book: «Nei conflitti ecologici distributivi i poveri si trovano spesso dalla parte della conservazione delle risorse e di un ambiente non inquinato, senza la pretesa di essere ecologisti». Se si vuole cercare di capire quanto sta accadendo in questi giorni a Terzigno e Boscoreale, bisogna partire, oltre che dalla premessa storica - cosa è accaduto negli ultimi 15 anni al ciclo dei rifiuti campano - da quella economica - le risorse ambientali sono risorse affaristiche.
Da quando nel 1999 la regione Campania appaltò il suo ciclo dei rifiuti alla Impregilo, la monetarizzazione del ciclo della monnezza l'ha fatta da padrona. A partire dal piano finanziario con cui la multinazionale richiedeva alle banche il capitale necessario al suo business, progettando così un ciclo inadatto alle caratteristiche del territorio (alta densità abitativa, grande presenza di terreni agricoli, una condizione ambientale già compromessa) ma invece capace di attrarre investimenti per la sua alta redditività. Un sistema obsoleto di discariche e inceneritori, incentivato dall'esistenza di fondi europei (Cip6) alle energie prodotte dalla combustione, prevalse perfino sulla legislazione europea che già prescriveva una gestione dei rifiuti più moderna ed ecologica. Ciò che rese possibili tali inefficienze e illeciti fu l'esistenza in Campania della gestione emergenziale dei rifiuti che permetteva, se necessario, l'inosservanza delle leggi e garantiva enormi finanziamenti pubblici speciali.
La fine degli anni '90 segnava inoltre in tutta Italia il passaggio di numerosi servizi pubblici locali nelle mani di privati, gli enti appaltavano alcune delle loro attività a società miste e consorzi creati all'uopo anche per assorbire un po' di disoccupazione e sistemare in ruoli dirigenziali esponenti di partito. Queste operazioni, ancora oggi contestate al nostro Paese dalla Corte Europea, si sono spesso risolte in nuove forme di finanziamento ai partiti (dopo la fine di tangentopoli) e in affarismi e clientele che in Campania, nel settore dei rifiuti, data la disponibilità degli ingenti finanziamenti all'emergenza, diede la stura alla creazione di società e consorzi meramente speculativi o addirittura legati alla camorra. Un elevato livello di business, non solo locale, è stato dal 1999 la matrice della gestione del ciclo dei rifiuti campano, attraverso appalti oscuri se non criminali. L'avidità dei soggetti preposti alla delicata gestione dell'emergenza e la natura politica e/o criminale dei loro amministratori, non poteva che partorire quell'immenso caos fatto di inefficienze, speculazioni e ricatti divenuto famoso in tutto il mondo come emergenza (o meglio truffa) dei rifiuti in Campania.
Le proteste delle popolazioni locali, partite ad Acerra nel 2001, insieme alle denunce di alcuni parlamentari hanno portato a continui interventi della magistratura capaci di disturbare l'esecuzione del piano previsto per i rifiuti. Il Tribunale di Napoli ha iniziato così a sequestrare alcuni impianti della Impregilo fino a confiscarle - nel 2007 - 750 milioni di euro (per profitto di reato) e interdirla a partecipare per un anno a contrattazioni con la pubblica amministrazione (mentre le si stava concedendo l'appalto del Ponte sullo Stretto). Ciò ha posto la Impregilo in grandi difficoltà verso le banche creditrici. Da quel momento, prima il governo Prodi e poi quello Berlusconi si sono adoperati per aiutare quella finanza italiana i cui investimenti erano bloccati in Campania dalla magistratura e dalle proteste. Il testo del decreto n° 90 del maggio 2008 promulgato da Berlusconi durante la sua marcia trionfale a Napoli va letto come un capolavoro di provvedimenti capaci di sbloccare il rientro del capitale investito dalle banche attraverso la Impregilo, salvando amici e sodali della politica italiana e disponendo tutto il possibile in deroga a numerose leggi in vigore.
È evidente che una soluzione del genere è stata in continuità con gli interessi della finanza a spese della gente e del territorio e che presto avrebbe riportato tutto allo stadio emergenziale di partenza. Non è un caso che a gestire il redditizio inceneritore di Acerra sia subentrata alla Impregilo la società A2A alleata della Lega (Bossi ha infatti richiesto un ulteriore utilizzo della forza per sbloccare le resistenze di Terzigno, difendendo anche lui gli investimenti del partito nel ciclo campano). Ad Acerra vengono bruciati composti di miscele che non dovrebbero andare in combustione per i devastanti effetti sull'ambiente ma che ci vanno grazie al decreto n° 90. Prima che dalla folle intenzione di aprire una seconda discarica tra le già flagellate Terzigno e Boscoreale in pieno Parco Nazionale del Vesuvio, l'attuale ripresa dell'emergenza rifiuti in Campania è nata dagli scioperi e dai boicottaggi dei lavoratori di alcuni consorzi che sono sotto minaccia di smantellamento da parte del nuovo governatore regionale Stefano Caldoro (il quale evidentemente non vuole tenersi le reti clientelari create dai suoi precedessori).
Quella di Terzigno e Boscoreale è davvero una lotta contro il neoliberismo, di quelle che se accadessero in America Latina verrebbero subito intese come forme di resistenza allo sfruttamento capitalistico ambientale, ed è una lotta che merita senza dubbio il sostegno di quanti si battono per la democrazia e per la giustizia. Come ogni forma di ecologismo popolare è una lotta di retroguardia, cioè non solo per ampliare i diritti ma per non perdere quelli fondamentali, e che viene vista spesso attraverso le lenti deformanti dello snobismo e del pregiudizio proprio a causa della sua concretezza. In Campania ci si sta battendo per mantenere una linea di confine tra esigenze umane e affari, con in campo una componente fortemente femminista, la più pronta finora a comprendere quanto questa sia una battaglia per la vita e per lo stato di diritto.
* Scrittore, sceneggiatore del film "Gomorra"
il manifesto 24/10/2010