
"Tutto quello che era in nostro potere per avere giustizia lo abbiamo messo in pratica. La prossima udienza contro Massera era fissata per metà dicembre, non si farà, certo, ma il processo ha comunque avuto un suo grande perché"
Jorge Ithurburu è nato a Las Heras, in Argentina, il 5 agosto 1959, e vive in Italia dal 1980. Sulla sua pelle ha vissuto la tragedia della dittatura e ha sempre lottato affinché la Giustizia trionfasse. La sua battaglia l'ha condotta militando nella Lega per i Diritti dei Popoli di Milano e fondando il Comitato promotore del processo Esma (Escuela Mecánica de la Armada, uno dei più grandi centri di detenzione illegale e tortura) in Italia - per i crimini contro cittadini di origine italiana - grazie alla pressione del quale si è arrivati ad azioni giudiziarie che hanno poi portato alle sentenze del 6 dicembre 2000 e del 14 marzo 2007 entrambe emesse dal Tribunale di Roma. La prima è una storica sentenza della Corte di Assise della capitale che ritiene provata la consumazione di una serie di reati gravissimi (omicidio, rapina, sequestro di persona, lesioni, sostituzione di stato, violenza carnale ed altro), commessi da numerose persone (quasi tutte operanti nell'organico della pubblica amministrazione argentina) ai danni di cittadini italiani durante la dittatura dei colonnelli in Argentina. Con la seconda, sempre la Corte d'Assise di Roma ha condannato all'ergastolo cinque ex ufficiali della Marina accusati di aver sequestrato, torturato e poi ucciso Angela Maria Aieta e Giovanni e Susanna Pegoraro. L'ammiraglio Emilio Eduardo Massera, coinvolto come e più degli altri, non era stato compreso in quella sentenza perché processato a parte, essendo stata la sua posizione stralciata a causa delle precarie condizioni di salute. Massera è morto ieri. Ecco cosa ci ha detto oggi Ithurburu
In Argentina da molti anni, a ogni manifestazione, cantiamo uno slogan che termina dicendo "Fino all'ultimo giorno vi cercheremo, vi verremo a cercare sempre". Ecco, è quello che abbiamo fatto. Massera è morto, ma non lo abbiamo mai lasciato un giorno tranquillo. Mai gli abbiamo permesso di dimenticare quanto male ha fatto agli argentini. E la sua vita l'ha trascorsa con la Giustizia sul collo. Tutto quello che era in nostro potere per avere giustizia lo abbiamo messo in pratica. La prossima udienza contro Massera era fissata per metà dicembre, non si farà, certo, ma il processo ha comunque avuto un suo grande perché. Ha portato alla luce tante verità. Ha fatto rincontrare tanti rifugiati con i loro familiari e fatto conoscere parenti mai visti prima. Non dimentichiamo che tanti sopravvissuti, tanti testimoni non sono mai più potuti tornare in Argentina da allora. Grazie al processo, ci sono tanti pezzi del puzzle della verità che altrimenti mai sarebbero saltati fuori. Grazie alla pressione, all'attenzione dei cittadini che mai hanno dimenticato, e soprattutto grazie ai processi. Quindi al di là della persona di Massera, che è stato inchiodato e a cui abbiamo tolto ogni afflato di libertà, assillandolo con periti a casa, procedure, indagini, testimonianze, i processi sono serviti ai familiari delle vittime, a ritrovarsi, a sostenersi, a farsi forza. Lui è morto, ma quel che ha fatto non morirà mai.