21 novembre 2010

Processo Tommasoli: comunicato dell'Assemblea cittadina 17 maggio

La corte d’appello di Venezia, con la sentenza di venerdì 19 novembre, ha molto ridimensionato il giudizio emesso dal tribunale di Verona per i cinque ragazzi accusati della morte di Nicola Tommasoli. Dieci anni e quattro mesi per Veneri e Perini, già condannati a quattordici anni. Due assolti, Dalle Donne e Corsi (prima condannati, rispettivamente, a dodici e dieci anni); assolto, come già in primo grado, Vesentini. Potremmo gioire, anche senza aspettare le motivazioni della sentenza, al solo pensiero che ci siano meno colpevoli, meno gravi responsabilità. E potremmo auspicare che i giovani coinvolti tornino chi a vivere la vita libera di prima, chi a redimersi, dopo la punizione. Ma proprio questo è il nodo dell’intera tragica vicenda, che nessun tribunale ha ritenuto di dovere affrontare, e che la città ha eluso, con vari espedienti e ai più diversi livelli: la vita di questi ragazzi imputati era quella di chi è intimamente collegato alle idee della destra estrema, di chi pratica e coltiva l’aggressività, quando non la violenza, come propria componente identitaria.

Le associazioni e i movimenti, che in questi anni si sono adoperati perché la memoria dell’assassinio di Tommasoli non fosse cancellata, volevano impedire che si consolidasse questo silenzio, apparentemente impolitico, ma in realtà fortemente politico, perché inteso a difendere un certo tipo di cultura, oltre che le strategie del potere che governano questa città. La matrice politica dell’ omicidio di Nicola Tommasoli, già individuabile nei comportamenti dei ragazzi imputati, ha ricevuto una straordinaria conferma proprio dal modo in cui si è instaurata e stabilizzata la pratica del silenzio omertoso. D’altra parte, la cultura dell’intolleranza, che serpeggia ormai da decenni in questa città, è stata paradossalmente rimossa, proprio grazie alla morte di Tommasoli, fin da subito interpretata come l’esito d’una scazzottata per futili motivi, essendo coinvolti "quattro deficienti" (Tosi dixit) ed essendo intervenuta la casualità del destino ("una su un milione" disse sempre Tosi) .

La recente sentenza per la strage di piazza della Loggia (nessun colpevole, anche a causa dell’ esorbitante materiale giudiziario raccolto nel corso di lunghi anni) ci mette di fronte a una crudele evidenza: in questo paese, l’impossibilità di formulare condanne si trasforma- inesorabilmente, scientemente- in un’opera di diseducazione civile. Non si sa chi è stato, e neppure perché è stato. Ecco dunque che anche questa sentenza per l’assassinio di Tommasoli si aggiunge agli eventi che hanno ben poco da insegnare, men che meno alle generazioni di quelli che vivono circondati dalla cultura della violenza, dell’odio per il diverso, del disprezzo per i più deboli e svantaggiati.

Assemblea cittadina 17 maggio