dalla parte delle rivoluzioni arabe
Contro ogni intervento militare (Usa, Nato, Onu)
La rivolta libica va avanti e va avanti la sanguinosa repressione da parte dei mercenari e delle forze leali al colonnello Gheddafi. Una repressione brutale, che non ha esitato ad usare il bombardamento aereo sulla popolazione che manifestava nelle strade. Le notizie che arrivano parlano di migliaia di morti – ed è vergognoso il razzismo cinico di chi parla di possibili “sbarchi” di migliaia di profughi e “clandestini”.
La rivolta in Libia è prima di tutto il frutto della rabbia contro un regime autoritario, che ha espropriato negli anni qualsiasi dinamica e soggettività politica, per instaurare una dittatura personale e familiare che ha giocato sul terreno della politica internazionale e delle alleanza geopolitiche in maniera spregiudicata in modo da garantire a Gheddafi, ai suoi famigliari e ai loro sodali maggior potere economico e politico.
Queste le ragioni in base alle quali la leadership libica si è trovata a volte a giocare la parte del soggetto “antimperialista” – scontrandosi con le aggressioni statunitensi e sostenendo anche direttamente guerriglie di sinistra in America latina; ha chiamato centinaia di volte alla rivolta contro il sionismo, lasciando però sempre i palestinesi da soli e cacciandoli dalla Libia quando non servivano più agli scopi del regime; ha raccontato la favola del nuovo sistema nato dalla rivoluzione, alleandosi però a molte imprese multinazionali in occidente – svolgendo il ruolo tranquillo di “banca svizzera” di buona parte del capitale internazionale, come ricordava Gianni Agnelli, che nella Fiat aveva i libici come partner, così come li hanno Berlusconi, Mediobanca, Unicredit, Finmeccanica. Un sistema sociale e economico che si regge sullo sfruttamento intensivo di un milione e mezzo di migranti senza diritti, fino ad arrivare negli ultimi anni all’applicazione massiccia di politiche neoliberiste e a farsi pagare profumatamente il ruolo di gendarme del mediterraneo dall’Unione europea (Italia in prima fila) che voleva campi di concentramento per migranti fuori dai confini europei.
Alla faccia del leader pan-africanista e antimperialista!
Oggi il vento delle rivolte arabe, il riaccendersi di conflitti tribali e di scontri interni al regime, l’insopportabilità di una condizione di chiusura politica e culturale – e certamente anche il lavoro sotterraneo di servizi di varia provenienza – hanno portato alla rivolta e ad una quasi dispiegata “guerra civile”. Ma parlare di guerra civile non può essere un alibi per non schierarsi e per non stare dalla parte di chi chiede libertà e diritti sociali, contro chi decide di usare aerei e armi (magari italiane e di altri paesi “imperialisti”) per schiacciare la rivolta.
Di fronte a quanto sta accadendo Stati uniti, Nato e Unione europea non sono semplici spettatori, con tutte le loro ambiguità e la loro volontà di frenare le rivoluzioni arabe e magari utilizzarle per affermare rinnovate presenze e una nuova egemonia “democratica” in nord Africa.
Già in Tunisia ed Egitto si sono viste differenze tra i governi europei (e il governo israeliano) che hanno cercato fino all’ultimo di salvare i loro uomini al governo di quei paesi e l’amministrazione Obama che ha cercato di gestire e/o organizzare una transizione a loro favorevole – per frenare il processo di rivoluzione permanente che stava prendendo piede e per ribadire la loro presenza politica e militare, soprattutto in Egitto, crocevia strategico di quel “grande medioriente” già caro ai vari Bush…
Riguardo alla Libia siamo arrivati al paradosso – apparente – di sentire ministri del calibro di Frattini sostenere che non si potevano esportare in Libia “modelli europei” (ma non era per esportare la democrazia di modello europeo che si è andati a fare le guerre in Iraq, Somalia, Afghanistan ecc???); sottosegretari del non meno significativo calibro di Giovanardi (quello della famiglia complice della gestione dei centri di detenzione per migranti) smentire l’esistenza di fosse comuni e prendersela con la stampa che “ingigantisce” (dopo averci massacrato occhi e orecchie con le armi non convenzionali di Saddam, mai esistite, o con decine di altre stragi più o meno inventate per organizzare guerre e interventi militari di vario genere); e il presidente del consiglio per giorni non ha voluto chiamare l’amico Gheddafi “per non disturbarlo” (mentre quello utilizzava armi italiane per la sua guerra contro la popolazione).
E gli altri governi europei si sono per giorni allineati al silenzio e alla complicità italiane, preoccupati solamente dei loro affari, dal loro posto nelle distribuzione del petrolio e della necessità del controllo militare dei migranti.
L’allargamento e l’estensione degli scontri in Libia hanno cominciato a far parlare di intervento militare, di opzioni “tutte sul terreno”, addirittura di “guerra umanitaria – ancora!
Per il momento la Nato – il cui segretario Rasmussen ha comunque messo a disposizione dell’Onu e della Ue la forza militare alleata - non pare però così ansiosa di mettere in piedi un intervento di cui non conosce bene le prospettive e senza la sicurezza di una gestione che non si trasformi in un boomerang – visto che in Afghanistan le cose non vanno proprio benissimo, e già uscire da quel pantano senza troppe conseguenze negative militari e politiche non sarà semplice.
Questo non significa però che il rischio di un intervento militare sia scongiurato, visto anche che gli Stati uniti – che hanno deciso sanzioni “unilaterali” e hanno già inviato sul posto consiglieri militari e personaggi simili - da tempo hanno costituito il nuovo comando militare nel continente africano (Africom) e che l’occasione di impadronirsi del rubinetto petrolifero libico potrebbe essere così forte da portare a qualche forma di intervento (magari usando un’altra volta la maschera dell’Onu – che come sappiamo esiste come Babbo Natale…).
Dobbiamo essere allora molto chiari riguardo la nostra posizione e il nostro impegno in questi giorni.
Non chiediamo nulla ad una “comunità internazionale” – nome innocuo e mistificatorio dietro il quale si nascondono governi e alleanze internazionali ben delineate - che in questi anni ha giustificato e organizzato guerre e massacri in nome volta per volta della libertà, della democrazia, persino dell’umanità…
Dall’Unione europea e dal governo italiano - che finanziamo con le nostre tasse e che parlano in nostro nome - possiamo solamente pretendere che mettano immediatamente fine ad ogni relazione diplomatica e politica con Gheddafi e gli altri dittatori, di cancellare ogni accordo militare e interrompere il commercio di armi verso quei paesi (e verso ogni paese, per mettere fine una volta per tutte alle spese militari), di fare tutto il possibile per accogliere i migranti e i profughi in arrivo dall’Africa.
Allo stesso tempo diciamo con chiarezza che siamo e saremo sempre contro qualsiasi forma di intervento militare (Onu, Usa, Nato, europeo, “africano”…), nelle varie forme in questi anni inventati: NoFly Zone, truppe “umanitarie”, forze di rapido intervento – ma anche embarghi contro la popolazione.
Lo diciamo ancora una volta: siamo dalla parte delle rivoluzioni arabe, siamo dalla parte delle donne e degli uomini che hanno riempito le strade di tutti i paesi del nord africa e del medioriente per ottenere finalmente libertà, democrazia e giustizia sociale. Stiamo con le forze popolari di quei paesi, con le loro organizzazioni politiche e sociali, democratiche e rivoluzionarie.
I nostri alleati non possono allora essere i governi europei, o le opposizioni di loro maestà come il Pd in Italia che hanno in questi anni messo in campo lo stesso pensiero unico militare ed economico e le stesse politiche liberiste e interventiste; non sono nemmeno i militari arabi che dall’occidente sono stati armati e addestrati; non sono le nuove borghesie arabe in ascesa e che cercano di approfittare delle rivolte per affermare una loro leadership. Ma non sono nemmeno in alcun modo sedicenti leader “antimperialisti” (come Gheddafi, come AhmadinNejad) che possono governare solamente schiacciando le libertà e i bisogni delle loro popolazioni.
I nostri alleati in Europa e in tutto il mondo sono le forze politiche e sociali che si battono contro le privatizzazioni e la mondializzazione capitalista e il liberismo, contro l’espropriazione della partecipazione politica, per la giustizia sociale. Con loro vogliamo mobilitarci per sostenere i processi rivoluzionari in corso, con loro manifesteremo con forza il nostro NO alla guerra e all’intervento militare occidentale e il nostro sostegno alle reti democratiche e rivoluzionarie arabe.
I nostri alleati sono i movimenti sociali che nella loro assemblea al Forum di Dakar hanno lanciato il 20 marzo come “giornata internazionale di sostegno alle rivolte arabe”. Il 20 marzo noi ci saremo
LA RIVOLUZIONE E’ POSSIBILE!
Esecutivo nazionale Sinistra Critica