New York - Agenzie, InfoPal. Ieri, 18 febbraio, gli Stati Uniti hanno fatto ricorso al proprio diritto di veto, contrastando la risoluzione di condanna delle attività dello Stato di Israele in terra di Palestina (le colonie illegali, ndr).
La risoluzione di condanna era appoggiata da circa 130 Paesi, e dai 15 Stati membri del Consiglio di sicurezza, tuttavia il voto è stato annullato dal veto degli Stati Uniti. Sono Stati aventi diritto a veto, insieme agli Usa, anche Francia, Cina, Russia e Gran Bretagna.
Le prime dichiarazioni. L'ambasciatore Usa presso l'Onu, Susan Rice, ha fatto sapere che, rammaricato per il rifiuto incontrato nelle misure per un compromesso, proposte precedentemente dagli Usa, il suo Paese non ha avuto altra scelta all'infuori del veto.
"La risoluzione avrebbe allontanato dalla realtà una soluzione basata su mutui negoziati. Gli Usa respingono le attività coloniali di Israele in Cisgiordania, ma le Nazioni Unite non rappresentano il foro appropriato per risolvere il decennale conflitto".
Per Rice, insomma, esiste una qualche autorità dell'Onu, ma, così decretando, il suo Paese dimostra di non riconoscerne la legittimità del ruolo di mediatore internazionale nella risoluzione dei conflitti.
"Gli Stati Uniti preferiscono un approccio diretto alle questioni cruciali tra israeliani e palestinesi". Forse le colonie non lo sono per la diplomazia americana, e quest'idea si ritrova anche nelle dichiarazioni rilasciate a poche ore dal voto dal Segretario di Stato Usa, Hilary Clinton, durante una conferenza stampa di fronte ai senatori statunitensi.
"In passato, l'intervento delle Nazioni Unite ha dimostrato di essere debole e inefficiente. L'America sostiene uno Stato palestinese che garantisca a Israele di vivere in frontiere sicure e che possa intrattenere relazioni pacifiche con il resto dei Paesi della regione mediorientale".
Subito dopo l'esito del voto, Francia, Gran Bretagna e Germania hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui hanno reiterato la condanna delle colonie israeliane e hanno incoraggiato una soluzione basata sui due Stati, ribadendo il sostegno alla ripresa dei negoziati sullo status finale, nell'ottica di accogliere lo Stato di Palestina tra i membri Onu entro settembre 2011.
Da parte sua, Yasser 'Abed Rabbo, segretario generale dell'Organizzazione di liberazione della Palestina (Olp), ha affermato: "Da ora sarà necessario rivalutare l'intero processo negoziale".
I palestinesi hanno ricordato alla comunità internazionale che, proprio attraverso le sue attività coloniali in terra di Palestina, Israele sta creando una colonizzazione de facto della loro terra e che, di conseguenza, si è molto vicini a precludere la fattibilità della realizzazione concreta dello Stato palestinese.
Israele, invece, chiede ai palestinesi di tornare al tavolo negoziale, stando alle dichiarazioni del portavoce agli Esteri, Yigal Palmor, il quale, analogamente all'ambiguità delle dichiarazioni di Rice, afferma di "non ritenere utile il Consiglio di sicurezza Onu per assicurare pace e stabilità nella regione".
Soddisfazione per il veto Usa è stata espressa da Israele agli Usa, dove anche, l'Aipac (The American Israel public Affairs Committee - http://www.aipac.org/), ha salutato il decisivo intervento americano. Commentando l'esito del voto, la "Human Rights Watch", invece, ha posto in evidenza la pericolosità dell'azione statunitense: "E' una lesione del potere esecutivo della legge internazionale".
Le varie Convenzioni di Ginevra, di cui Israele è parte contraente, proibiscono all'occupante il trasferimento di popolazione civile nel territorio occupato. Esattamente quello che Israele fa con le illegali colonie in Palestina.