di Christian Elia www.peacereporter.net
La foto di Carlo Saturno che tutti i giornali pubblicano in questi giorni è un atto di accusa. Scritto in quello sguardo di una tristezza offensiva, per i suoi ventidue anni e per tutto quello che la società italiana non riesce a garantire a se stessa, ai suoi cittadini. Una solitudine tagliente, senza speranza.
Non serve essere cresciuto a Manduria per sapere che Carlo è uno come tanti, di quelli che giocano a pallone con te da quando sei ragazzino. E poi, magari, uno fa il poliziotto e l'altro il ladro. Un bivio molto più casuale di quello che raccontano. Carlo si è trovato, bambino rubato alla sua età, nel carcere minorile di Lecce per furto. In quegli anni ha subito vessazioni criminali. Proprio nelle braccia di quello Stato che non ha saputo dare a lui e a molti altri un futuro. Carlo denuncia, ancora in carcere, a Bari questa volta. Carlo è stato trovato agonizzante, nella cella, il 1 aprile scorso.
Tentativo di suicidio, è stata la prima ricostruzione. Ma la situazione pare essere più complessa di così.
I pm Isabella Ginefra e Pasquale Drago, della Procura di Bari, hanno in mano l'inchiesta e sono decisi ad andare fino in fondo. Secondo le prime indagini, il giorno prima del ritrovamento di Carlo ormai privo di coscienza, il ragazzo avrebbe subito un duro pestaggio dalle guardie carcerarie del penitenziario di Bari. I primi ad avanzare dei dubbi sulla dinamica della ricostruzione delle prime ore, secondo la quale Carlo si sarebbe impiccato in cella, con un lenzuolo, sono stati i medici del reparto Rianimazione del Policlinico di Bari. Per la perizia della Procura, a cura del professor Introna, i segni sul collo di Carlo sarebbero compatibili sia con un atto autolesionista che con un'aggressione.
Come detto sia il 30 marzo, quando Carlo sarebbe stato portato in isolamento, anche se non ci sono conferme, sia il 29 marzo il ragazzo ha avuto violenti diverbi con gli agenti del carcere. Un quadro fosco, che richiede la massima chiarezza. ''In tanti anni di attività con l'associazione raramente ci era capitato un caso così drammatico'', racconta Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone, nata nel 1991 perla tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale.
''Non sappiamo con certezza se fosse in isolamento, ma sappiamo con certezza che è stato abbandonato. Hanno abbandonato un ragazzo che credeva nello Stato e lo dimostra il fatto che si è costituito parte civile nel processo di Lecce - spiega Gonnella - Non sappiamo ancora se si è suicidato, la magistratura farà chiarezza. Ma resta una storia di abbandono di un ragazzo con tutte le problematiche nate dal coraggio dimostrato nel denunciare abusi e violenze, che vengono rubricate così solo perché nell'ordinamento italiano non esiste il reato di tortura''.
Il processo ai nove agenti del carcere minorile di Lecce, denunciati da Carlo, non va avanti.
''Peggio, molto peggio. L'udienza è stata fissata oltre i limiti della prescrizione del reato, un atto indecente. La sua memoria è stata già cancellata. Che almeno adesso ci sia chiarezza, in assenza di giustizia'', risponde Gonnella. La famiglia di Carlo, per ora, tace e si affida all'avvocato Tania Rizzo di Lecce. ''Non ho nulla da dire, per ora'', spiega il legale. "La direzione del carcere di Bari dovrà darci dichiarazioni ufficiali, intanto ci costituiremo nel procedimento che la Procura ha aperto per seguire meglio le indagini''.
Aspettare, dunque. Mentre di Carlo e dei suoi ventidue anni, per ora, resta un referto medico gelido. Residui di attività elettrica registrati dall'elettroencefalogramma. Tra la vita e la morte, appeso a un filo. Solo.
La foto di Carlo Saturno che tutti i giornali pubblicano in questi giorni è un atto di accusa. Scritto in quello sguardo di una tristezza offensiva, per i suoi ventidue anni e per tutto quello che la società italiana non riesce a garantire a se stessa, ai suoi cittadini. Una solitudine tagliente, senza speranza.
Non serve essere cresciuto a Manduria per sapere che Carlo è uno come tanti, di quelli che giocano a pallone con te da quando sei ragazzino. E poi, magari, uno fa il poliziotto e l'altro il ladro. Un bivio molto più casuale di quello che raccontano. Carlo si è trovato, bambino rubato alla sua età, nel carcere minorile di Lecce per furto. In quegli anni ha subito vessazioni criminali. Proprio nelle braccia di quello Stato che non ha saputo dare a lui e a molti altri un futuro. Carlo denuncia, ancora in carcere, a Bari questa volta. Carlo è stato trovato agonizzante, nella cella, il 1 aprile scorso.
Tentativo di suicidio, è stata la prima ricostruzione. Ma la situazione pare essere più complessa di così.
I pm Isabella Ginefra e Pasquale Drago, della Procura di Bari, hanno in mano l'inchiesta e sono decisi ad andare fino in fondo. Secondo le prime indagini, il giorno prima del ritrovamento di Carlo ormai privo di coscienza, il ragazzo avrebbe subito un duro pestaggio dalle guardie carcerarie del penitenziario di Bari. I primi ad avanzare dei dubbi sulla dinamica della ricostruzione delle prime ore, secondo la quale Carlo si sarebbe impiccato in cella, con un lenzuolo, sono stati i medici del reparto Rianimazione del Policlinico di Bari. Per la perizia della Procura, a cura del professor Introna, i segni sul collo di Carlo sarebbero compatibili sia con un atto autolesionista che con un'aggressione.
Come detto sia il 30 marzo, quando Carlo sarebbe stato portato in isolamento, anche se non ci sono conferme, sia il 29 marzo il ragazzo ha avuto violenti diverbi con gli agenti del carcere. Un quadro fosco, che richiede la massima chiarezza. ''In tanti anni di attività con l'associazione raramente ci era capitato un caso così drammatico'', racconta Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone, nata nel 1991 perla tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale.
''Non sappiamo con certezza se fosse in isolamento, ma sappiamo con certezza che è stato abbandonato. Hanno abbandonato un ragazzo che credeva nello Stato e lo dimostra il fatto che si è costituito parte civile nel processo di Lecce - spiega Gonnella - Non sappiamo ancora se si è suicidato, la magistratura farà chiarezza. Ma resta una storia di abbandono di un ragazzo con tutte le problematiche nate dal coraggio dimostrato nel denunciare abusi e violenze, che vengono rubricate così solo perché nell'ordinamento italiano non esiste il reato di tortura''.
Il processo ai nove agenti del carcere minorile di Lecce, denunciati da Carlo, non va avanti.
''Peggio, molto peggio. L'udienza è stata fissata oltre i limiti della prescrizione del reato, un atto indecente. La sua memoria è stata già cancellata. Che almeno adesso ci sia chiarezza, in assenza di giustizia'', risponde Gonnella. La famiglia di Carlo, per ora, tace e si affida all'avvocato Tania Rizzo di Lecce. ''Non ho nulla da dire, per ora'', spiega il legale. "La direzione del carcere di Bari dovrà darci dichiarazioni ufficiali, intanto ci costituiremo nel procedimento che la Procura ha aperto per seguire meglio le indagini''.
Aspettare, dunque. Mentre di Carlo e dei suoi ventidue anni, per ora, resta un referto medico gelido. Residui di attività elettrica registrati dall'elettroencefalogramma. Tra la vita e la morte, appeso a un filo. Solo.