19 gennaio 2013

Spagna: la "Marea blanca”, verso un nuovo sindacalismo?

Pubblichiamo la traduzione di un articolo tratto da Madrilonia.org. L'articolo prova ad analizzare il fenomeno della "marea blanca", una forma innovativa di lotta contro lo smantellamento del sistema sanitario pubblico che sta decisamente andando oltre i confini della vertenza corporativa di settore. 

Lo scorso mese di settembre la Marea Verde in difesa dell'educazione pubblica ha compiuto un anno. Un anno dopo la nascita possiamo quindi affermare che il fenomeno delle "Maree" non è qualcosa di isolato, ma identifica una nuova modalità di organizzazione (di cui la Marea Bianca è la migliore espressione).
Ci proponiamo qui di evidenziarne alcune particolarità per rispondere alla domanda iniziale: le "Maree" configurano una nuova forma di sindacalismo?
1) Dalla difesa del servizio pubblico alla comunità
La differenza essenziale del movimento delle Maree rispetto alla concezione tradizionale del sindacalismo è quella di avere abbandonato la difesa dei servizi pubblici come conflitto corporativo vincolato in forma esclusiva alle rivendicazioni salariali immediate dei lavoratori. Il successo delle mobilitazioni delle Maree Verde e Bianca, si deve al fatto che hanno saputo aprire a tutta la società la questione dei tagli alla spesa. Facendo appello alla comunità come difesa fondamentale dei servizi pubblici, si introduce l'idea che la salute e l'educazione siano appunto questioni comuni, che tutti necessariamente debbano difendere.
Aprendo la problematica alla società nel suo complesso, si inizia a rompere la barriera tra gli utenti di un servizio e personale che vi lavora. Si stabilisce il concetto fondamentale secondo il quale i centri di salute, le scuole, gli ospedali sono spazzi di e per chiunque. Superando così l'idea che un servizio pubblico sia di competenza esclusiva dell'amministrazione pubblica.
Negli ultimi anni, l'attacco neocon contro i pubblici dipendenti aveva fatto leva sulla condizione di privilegio di questi lavoratori rispetto ad altri, per le condizioni lavorative migliori e più stabili “pagate da tutti noi”. Le Maree hanno però dimostrato che non lottano solo per mantenere questi benefici sociali ed inoltre hanno reso visibile l'alto livello di precariato nel pubblico impiego (lavoratori impiegati nel settore pubblico in attesa del concorso per l'assegnazione definitiva del posto di lavoro, esternalizzazioni, subappalti). I conservatori liberali li accusavano anche di essere “pigri”, di “non fare nulla”, di “approfittare della loro condizione privilegiata”; le Maree hanno dimostrato che tanti dipendenti pubblici tengo moltissimo al loro lavoro e sono disposti a rinunciare al salario (con gli scioperi) e ai privilegi (rinunciando a incarichi di alto livello) per difendere il servizio.
Questa apertura è ricca inoltre di relazioni, complicità, intese costanti tra la comunità ed i lavoratori che creano un legame sociale, un vincolo che favorisce l'appoggio alle lotte e che trasforma ogni persona in un co-partecipante alle mobilitazioni.
2) Scioperi serrati, presa della città e comunicazione
Nelle ultime settimane abbiamo visto intensificarsi la campagna per “regolare il diritto di sciopero”. Ed il motivo è uno solo: le Maree hanno posto al centro dell'azione gli scioperi serrati, facendoli diventare uno dei meccanismi essenziali del conflitto.
E' ovvio che per bloccare la dinamica di funzionamento del proprio servizio pubblico è necessario bloccarlo in modo più o meno costante. Ciò ha costituito un dibattito intenso all'inizio della Marea Verde (sciopero a oltranza o sciopero momentaneo), mentre nel caso della Marea Bianca lo sciopero a oltranza ha rappresentato la costante ed è riuscito a reggere perché ha incorporato due elementi che possono essere fondamentali per comprenderne il successo: un sistema di rotazione che ripartisce il peso economico dello sciopero e uno zelo particolare nel mantenere una scrupolosa copertura dell'assistenza sanitaria per quelle persone o situazioni che più ne hanno bisogno.
Questo sciopero serrato non si limita solo al blocco del servizio, ma si accompagna ad un'altra serie di questioni come la democrazia, la governabilità e l'occupazione dello spazio urbano,  che puntano ad imporsi nelle vertenze aperte con l' amministrazione pubblica. 
Le Maree si prendono le città con grandi mobilitazioni che bloccano la circolazione e che attraversano i mezzi di comunicazione dimostrando l'ingovernabilità della situazione. Si tratta di produrre disordine, di dimostrare un'anomalia. Così lo sciopero si accompagna con chiusure, con azioni di disobbedienza civile, incluso la pressione diretta sulle istituzioni circondando il palazzo del parlamento a Madrid o i palazzi delle amministrazioni locali.
Tutto ciò costruito con una forza comunicativa indipendente capace di arrivare ad un'ampia platea tramite la comunicazione sui social network e un' impressionante diffusione di strumenti più tradizionali (cartelli, striscioni, adesivi, magliette...).
Relativamente all'uso dei social network, esso risulta particolarmente rilevante nella Marea Bianca, dove invece di avere un unico “account della Marea”, ce ne sono differenti aperti nei diversi luoghi di conflitto e l'idea stessa della Marea è un logo aperto, comune, accessibile da chiunque. Inoltre la strategia comunicativa ha potuto contare, sia per la Marea Bianca che per la Marea Verde, sull'ampia produzione di conoscenza teorica-tecnica per attaccare uno ad uno gli argomenti utilizzati dalla Comunità di Madrid per giustificare i tagli.
3) Paradosso sindacale e democrazia organizzativa
C'è il paradosso che quanto più strutturate e potenti sono le organizzazioni sindacali tradizionali dei servizi pubblici, più difficile risulta che le dinamiche delle Maree si sviluppino completamente. Così, la Marea Blanca che dovrebbe avere in teoria meno potenziale sindacale nel senso classico (a parte la presenza degli ordini professionali o i sindacati di tipo corporativo) rispetto al settore dell'educazione pubblica, è capace di generare una dinamica di maggior conflitto. D'altro canto invece, i servizi di trasporto pubblico o di comunicazione, con livelli più alti di sindacalizzazione, incontrano molte difficoltà a sviluppare questi tipi di pratiche e produrre un'alleanza "lavoratori-utenti" che è la chiave per l'estendersi del conflitto. Nell'ultimo sciopero della metropolitana di Madrid abbiamo potuto notare come queste differenze diminuiscano lievemente perché i social network hanno attivato un effetto di mutuo riconoscimento. Lo sciopero però non si è configurato come una Marea. Non ci sono cartelli scritti a mano che nei corridoi nella metropolitana spieghino le ragioni de conflitto, non ci invitano a mobilitazioni creative tipo "io non pago", per aumentare la partecipazione delle persone alla lotta, perché lo assumano come qualcosa di proprio. Non c'è personale nei vagoni o alle uscite della metropolitana che spieghi che la mobilitazione è per la difesa di un servizio pubblico e non solo per mantenere certe condizioni di lavoro.
Qualcosa di simile succede con le mobilitazioni in difesa di Telemadrid, con grandi difficoltà per rendere “comune” una televisione che è stata la punta di lancia della manipolazione informativa nella Comunità di Madrid (anche se con l'opposizione, questo si, delle lavoratrici e dei lavoratori).
La Marea Verde è stata chiaramente attraversata, fin dal principio, dalla relazione conflittuale che si produce nei differenti ambiti tra le istituzioni politiche tradizionali e le nuove forme di espressione politica, nate a partire dal 15M. Organizzata in forma assembleare nel quadro dell'esplodere della manifestazioni del 15M da precari, dipendenti col posto fisso e in seguito da una parte del settore dell'educazione, si è trovata a fare i conti con alcuni sindacati maggioritari che mantenendo una posizione di ascolto e favorendo degli spazi di incontro, volevano al tempo stesso restare a tutti i costi come capi riconoscibili ed interlocutori necessari rispetto alla Comunità di Madrid, a prescindere dal fatto che questa li ignorava sistematicamente.
I sindacati concertativi, che vedevano la Marea con interesse (per le potenzialità) e con sospetto (perché questa potenza poteva mettere in crisi la loro egemonia) si posizionarono per limitare la portata della mobilitazione nel timore di una possibile sconfitta che li lasciasse in una situazione ancora peggiore.
4) Possiamo sognare?
Immaginiamo uno sviluppo di queste dinamiche di Maree come realtà socio-sindacali di tipo nuovo. Potremmo pensare strutture sindacali nelle quali l'insieme di coloro che non lavorano in quel servizio pubblico, le e gli utenti abbiano voce e voto? E' possibile democratizzare le organizzazioni sindacali per porle al servizio di una dinamica comunitaria? Che tipo di rivendicazioni si potrebbero produrre? Possiamo pensare a un nuovo sindacalismo non solo in difesa delle condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche per la difesa e lo sviluppo dei servizi pubblici che offrono? Che potere può avere in questo contesto il resto della società? La proposta delle Maree si può estendere a settori che non siano il pubblico impiego? Può sopravvivere il sindacalismo così come l'abbiamo conosciuto finora se non fa proprie queste posizioni?

Madrilonia 10/01/2013