29 maggio 2010

Barak, vecchia guerra con nuove parole


di Tariq Ali
Il documento sulla strategia della Sicurezza nazionale di Obama ha un linguaggio diverso da quello di Bush e Cheney, ma c'è da chiedersi quanto sia grande la differenza in termini di scelte concrete. I cambiamenti che vengono proposti appaiono per lo più cosmetici. «La nostra sicurezza nazionale comincia in casa» è una banalità, simile a «seguiremo da vicino il programma di modernizzazione militare della Cina e ci muoveremo di conseguenza» o «manterremo la superiorità militare che da decenni ha garantito la sicurezza del nostro paese e sostenuto la sicurezza globale». Se l'Iran agisce secondo gli auspici di Washington, allora «potrà procedere lungo un percorso verso una maggiore integrazione politica e economica con la comunità internazionale», altrimenti «perseguiremo una serie di manovre per aumentare il suo isolamento». Sulla questione israelo-palestinese non c'è nessun progresso. Obaman rimane intrappolato in un abbraccio coitale con Netanyahu.
La linea di continuità con Bush è evidente, tranne che sul versante linguistico. Non è più una guerra «contro il terrore», ma una guerra contro al-Qaeda (membri stimati: 2-3000) e i «radicali» nel paese e all'estero. L'amministrazione Obama userà toni emollienti, ma non farà nulla che rompa con le strategie imperiali sviluppate in più di due decenni. Una economia lievemente più regolata all'interno e una ideologia lievemente meno offensiva all'estero è tutto quello che ha da offrire. Sul multilateralismo ci vengono ammanniti i seguenti sermoni: «Mentre l'uso della forza è a volte necessario, esperiremo altre opzioni prima di quella bellica ogni volta che sia possibile, e soppeseremo accuratamente i costi e i rischi dell'azione contro i costi e i rischi dell'inazione. Quando la forza sarà necessaria, continueremo a farne uso in un modo che rifletta i nostri valori e rafforzi la nostra legittimità, e cercheremo un ampio sostegno internazionale, lavorando con istituzioni come la Nato e il Consiglio di sicurezza dell'Onu. Gli Stati Uniti si devono riservare il diritto di agire unilateralmente, se necessario, per difendere la nostra nazione e i nostri interessi, ma cercheremo anche di adeguarci ai criteri che governano l'uso della forza».
In altri termini, combatteremo la guerra delle pubbliche relazioni molto meglio di Bush/Cheney in modo da cercare di tirarci dietro l'Unione Europea e gli altri quando decidiamo di invadere o di bombardare un nuovo paese. Potrebbe sembrare una parodia dal Daily Show. Non c'è nulla nel documento che meriti la parola «progressista». In effetti non ci sono riferimenti all'ordine militare segreto firmato dal generale Petraeus il 30 settembre 2009 che ha autorizzato l'uso di missioni «clandestine» nel Corno d'Africa e nel Medio Oriente e che, secondo il New York Times, «sembra autorizzare specifiche operazioni in Iran». Quest'ordine è stato approvato dal commander-in-chief Obama? Naturalmente. Nel qual caso, qual è la differenza rispetto a Bush?
Gli europei, disperatamente desiderosi di un cambio di direzione a Washington, non l'avranno dal titolare in carica. Tutto quello che avranno saranno delle belle parole concepite per mascherare una brutta realtà. Prima se ne accorgeranno e meglio sarà.
il manifesto 28/05/2010