di Maso Notarianni
Tempo fa il ministro La Russa aveva dichiarato che avrebbe mandato i militari nei cantieri per verificare il rispetto delle normative vigenti sul lavoro. Non è successo.
Non solo non abbiamo visto nessun militare in alcun cantiere o fabbrica o campo agricolo. Ma vediamo, nel rispetto delle strazianti sofferenze e con un qualche fastidio per la loro ipocrisia, l'affollarsi delle istituzioni e delle alte cariche dello Stato ai funerali di ragazzi che loro stessi hanno mandato a morire, e lì piangere lacrime di coccodrillo.
L'anno 2008 si è chiuso con 874.940 infortuni sul lavoro e 1.120 casi mortali.
In netto calo rispetto all'anno precedente, e questo è positivo. Ma si tratta sempre di una strage di proporzioni enormi, inaccettabili. Una guerra. E il calo, come dice l'Inail, è dovuto piuttosto al fatto che il periodo di riferimento è stato un momento particolarmente negativo per l'economia italiana sia sul versante dell'occupazione (diminuita dello 0,9% nel primo trimestre e dell'1,6% nel secondo) sia su quello della produzione industriale, calata di oltre il 20%. Se a questo si aggiunge il massiccio ricorso alla Cassa integrazione, appare chiaro come al sostenuto calo della quantità di lavoro effettuata corrisponda, ovviamente, una considerevole flessione dell'esposizione al rischio di infortunio.
E' una situazione che non può essere accettabile per un Paese civile, moderno, chiamatelo come volete. Ma soprattutto è inaccettabile e incompatibile con l'Articolo 1 della nostra Costituzione: L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Oggi l'Italia è una repubblica che affonda nelle fosse entro le quali vengono ogni giorno calate tre bare e mezzo.
E allora chiediamo che a ogni funerale di quella guerra che è il lavoro vada una alta carica dello Stato. Sono tre: un funerale al giorno cadauno, riuscirebbero quasi a coprirli tutti.
Scusate il cinismo, ma magari in questo modo, avendo tutti i giorni impegnati per lavoro, finalmente si decideranno ad affrontare il problema.
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