Questo servizio di Khadra Adawin è il resoconto di un dibattito a Beirut con Noam Chomsky.
Beirut, 27 maggio 2010, Nena News – L’incontro, avvenuto qualche giorno fa a Beirut, con il linguista Noam Chomsky, ha visto la partecipazione di un’ampia e variegata società libanese. In molti, almeno 1500, secondo gli organizzatori, erano curiosi ed interessati nel capire cosa di così «pericoloso» aveva da dire il celebre intellettuale ebreo americano dopo che Israele, qualche giorno prima, gli aveva rifiutato l’ingresso.
Gli argomenti dell’incontro, tanto quanto la partecipazione del pubblico, sono stati molti: Iran, il conflitto israelo-palestinese, Iraq e la politica americana nel Vicino Oriente.
Chomsky, come sempre, è partito dalla genesi stessa del problema. Gli Stati Uniti – ha spiegato l’intellettuale – sono una federazione creata su politiche imperialiste, a cominciare dallo sterminio degli indiani la popolazione originaria d’America. All’inizi della Seconda Guerra Mondiale – ha proseguito Chomsky – gli Stati Uniti, che allora cominciavano ad essere una super potenza, a differenza di Francia e Gran Bretagna, avevano steso un piano di spartizione del mondo con il quale Washington prevedeva una divisione in arie di influenza con la Germania nazista. Ciò che sfuggì allora alla Casa Bianca, fu l’attacco della Russia alla Germania e il conseguente cambio degli equilibri. Con la Guerra Fredda, gli Stati Uniti riuscirono ad avere un ruolo di potere indiscusso nel mondo tramite l’espansionismo imperialista. Da qui, ha sottolineato il linguista americano, deriva ciò che in politica viene chiamata the Mafia Principle, che attua il controllo capillare del territorio sotto la propria influenza impedendo qualsiasi tipo di disobbedienza. Al fine di mantenere il potere: se uno Stato-vassallo disobbedisce, allora lo faranno anche gli altri e, al fine di mantenere il controllo, è necessario soffocare qualsiasi forma di disubbidienza.
Chomsky ha poi parlato dell’Iraq, dove ci sono state forme di disobbedienza anche pacifiche che tuttavia gli Stati Uniti hanno tentato di nascondere, facendo passare una parte di irakeni terroristi e l’altra come un povero popolo in attesa del grande liberatore, l’America, portatrice di democrazia.
E’ difficile, ha aggiunto Chomsky, parlare del Medio Oriente evitando a questione israelo-palestinese: un conflitto che ha visto, nei diversi trattati stipulati sino ad oggi, il soddisfacimento solo delle esigenze di sicurezza della parte israeliana, sostenuta dall’Occidente. La mancanza di volontà politica di un reale cambiamento è stata evidente nel corso degli ultimi 62 anni, ha spiegato l’accademico. Qual’è la soluzione? L’unica auspicabile, per Chomsky, è il cambiamento della volontà politica dei governi, sia di quelli occidentali che di quelli arabi, tramite forti movimenti di opinione pubblica. La campagna BDS (di boicottaggio di Israele) rappresenta un primo passo, ma, Chomsky avverte, potrebbe trasformarsi in una lotta cieca e poco produttiva se correlate ad una mancanza di analisi delle scelte che si effettuano sul boicottaggio stesso. Secondo Chomsky è improponibile il paragone tra l’apartheid del vecchio Sudafrica e l’occupazione israeliana dei territori palestinesi second Chomsky. I bianchi, in Sud Africa, avevano realmente bisogno dei neri per avere manodopera locale, mentre gli israeliani non hanno bisogno dei palestinesi, ha spiegato.
Infine, un tema che in Libano è sempre di attualità: il diritto al ritorno nella loro terra d’origine (oggi Israele) dei profughi palestinesi. Nel Paese dei cedri i palestinesi, ha detto l’intellettuale americano, vivono in condizioni disumane . Non solo non hanno i diritti umani e civili fondamentali, ma non possono nemmeno avere accesso a istruzione e sanità. Il ritorno dei profughi ci sarà, ma gradualmente, e, specifica Chomsky, se il Libano veramente volesse agire per un reale diritto al ritorno potrebbe cominciare da domani stesso, dando loro un istruzione, una sanità adeguata, il lavoro e molto altro.
www.nena-news.com