23 ottobre 2010

Francia: la protesta non si ferma, un intero Paese bloccato

di Nina Ferrante
Parigi

www.ateneinrivolta.org

Il governo trema, inspira, espira, tuona soluzioni. Unità di crisi. I treni funzionano a singhiozzo in tutta la Francia, la rete metropolitana, ulteriore orgoglio dei parigini non assicura il servizio pieno da giorni, le pompe della benzina continuano a chiudere una dopo l'altra cedendo al blocco delle raffinerie che nenache la repressione più dura riesce a riattivare.
Intanto i camionisti, uno dei settori più coinvolti nel movimento, si coalizzano con gli operatori territoriali per quella che è stata nominata “opération escargot”, operazione lumaca: l'obiettivo rallentare le arterie del traffico francese. Mentre di notte il porto di Marsiglia brilla delle navi bloccate dal prolungato sciopero dei portuali. E gli aereoportuali non resteranno a guardare. Secondo le stime del ministero trecento licei sono bloccati, secondo i sindacati studenteschi, oltre il migliaio.
Dall'inizio di settembre tra scioperi e manifestazioni la mobilitazione ha continuato a crescere, ma il vero attacco è stato sferrato il 12 ottobre, quando più settori hanno convocato lo sciopero ad oltranza. Sciopero duro, ma soprattutto contagioso; i disagi aumentano insieme al consenso popolare per le proteste contro un governo che continua a rifiutarsi di trattare. Il governo resiste, il consenso cresce, la protesta dilaga. “Sarko t'es fotou la jeunesse est dans la rue”, Sarkozy, sei fottuto, i giovani sono per strada. Il governo trema, inspira, respira, ostenta sicurezza. Polizia. Sarko continua a dichiarare che tutto è sotto controllo, la realtà è che né la
polizia, né i gas, né i flash ball riescono a riportare l'ordine. Crescendo il consenso cresce la repressione, e quanto più cresce la repressione tanto più si risveglia la collera dei giovani (era mai andata a dormire?).
Nei giorni passati un ragazzino di sedici anni, di Montreuil, periferia est di Parigi, mentre costruiva una barricata fuori il suo liceo, è gravemente ferito da un flash ball, tanto che rischia di perdere un occhio. Dal 12 ottobre, secondo dati ufficiali del Ministero dell'Interno francese, sono circa 2000 i ragazzi interpellati dalla polizia perchè coinvolti nelle proteste. Sarkozy conosce bene il potenziale di questa gioventù e sa bene anche come affrontarla, come tagliarle le gambe prima che il movimento esploda realmente anche tra i giovani, che negli anni passati hanno rappresentato un catalizzatore di tutte le mobilitazioni. Opera così una divisione scientifica tra “buoni e cattivi”. E i più cattivi di tutti sono quei nani da giardino con il cappuccio tirato giù e la kephia. Sono giovani, giovanaissimi, ma secondo lo stato abbastanza grandi per la galera; quindi grandi abbastanza per poter decidere del loro futuro e da aver accumulato abbastanza odio contro la società franco-francese che li ha relegati a cittadini di seconda categoria, con un
passato coloniale, un presente di merda e un futuro senza prospettive. Ogni mattina blocage, bloccano la scuola, affrontano per questo la polizia e poi partono per il debrillage, il giro della banlieu, verso altri luoghi di lavoro, le facoltà. Portano in giro la loro rabbia e invitano tutti ad unirsi ai loro cortei spontanei. Tutti i giorni qui a Parigi c'è ameno un corteo, un presidio, un'azione. Almeno una volta alla settimana un grande corteo da tremilioni di persone.
Intanto girano le immagini dei casseur, ma è la Greve General, lo sciopero generale è il vero spettro che si aggira per l'Europa! Gli scioperi, i cortei immensi che aumentano di settimana in settimana, l'attacco al cuore economico del paese, l'ascesa del consenso popolare. Questo è ciò che fanno bene a temere i governi di molti paesi di un'Europa unita dalla crisi, dai piani d'austerità,
dalle privatizzazioni e dalle riforme impopolari. Da qui la necessità di continaure a puntare il dito sui casseur, mentre la reale radicalità di questa mobilitazione è nei luoghi di lavoro, lungo le strade dei cortei immensi e non a margine di essi.
Ma ancora di più ciò che spaventa è la parola gagner, vincere. È la parola che più sento sulla bocca della gente. Vincere non è un'illusione da pivelli, ma il fine, più che una possibilità, per chi ha memoria delle mobilitazioni passate. Le proteste non sono un rito, e fino alla vittoria non è uno slogan. Ogni francese sa, ne ha consapevolezza, che per arrivare al ritiro della riforma delle pensioni, serve il contributo di ognuno e ognuna, per mettere sotto pressione il sindacato e vedere il governo vacillare.