13 aprile 2011

Carceri, i numeri dell'emergenza

di Luca Galassi
www.peacereporter.net

Negli istituti penitenziari italiani sono detenute 67.600 persone, 22.280 in più della capienza ufficiale (fissata a quota 45.320), mentre i condannati ammessi ad una misura alternativa alla detenzione in carcere sono 16.018, dei quali 8.604 in affidamento ai servizi sociali, 858 in semilibertà (soltanto 85 gli stranieri) e 6.556 in detenzione domiciliare. A fornire i dati - aggiornati al 31 marzo scorso - è il Centro studi di "Ristretti orizzonti", che ha elaborato dati del Dipartimento di amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. Le donne in cella sono 2.969, gli stranieri 24.834 (di cui 1.255 donne): tra questi ultimi, i più numerosi sono i marocchini (5.209, pari al 21 percento), seguiti dai romeni (3.609, il 14,5 percento), dai tunisini (3.144, il 12,7 percento), dagli albanesi (2.873, l'11,6 percento) e dai nigeriani (1.235, il 5 percento). Gli imputati sono 28.220, di cui oltre la metà in attesa di primo giudizio; i condannati con sentenza definitiva 37.591, gli internati 1.698, di cui 1.535 "ricoverati" negli ospedali psichiatrici giudiziari. "Il 13 gennaio 2010, giorno in cui fu dichiarato lo 'stato di emergenza' delle carceri - ricordano gli autori del report - i detenuti presenti erano 65.067 a fronte di una capienza di 44.055 posti: a distanza di quindici mesi la condizione di sovraffollamento si è ulteriormente aggravata, nonostante la creazione di 1.265 nuovi posti, poiché i detenuti sono aumentati a un ritmo doppio, precisamente di 2.533 unità.

Non solo: "la legge 199/2010 (cosiddetta 'svuota-carceri') è entrata in vigore il 16 dicembre 2010 e, in tre mesi e mezzo, ha consentito l'uscita dalle carceri con l'ammissione alla detenzione domiciliare di 1.788 detenuti (di cui 420 nel solo mese di marzo). Tra loro 430 sono stranieri e 106 donne (39 le straniere)". Le misure alternative alla detenzione rappresentano il principale strumento atto ad evitare un eccessivo affollamento degli istituti penitenziari e a favorire il reinserimento sociale dei detenuti, "ma sono fortemente depotenziate dalla legge 251/2005 (la 'ex-Cirielli'), che pone molte limitazioni alla loro applicazione nei confronti di condannati recidivi". La riprova - secondo Ristretti orizzonti - arriva dal confronto dei dati relativi all'esecuzione penale, interna ed esterna al carcere, negli anni precedenti alla "ex-Cirielli": nel 2003 i detenuti erano 56.081 mentre in misura alternativa c'erano ben 48.195 persone; nel 2004 i detenuti erano 56.064 e i condannati in misura alternativa 50.228; nel 2005 c'erano 58.817 detenuti e 49.943 persone in misura alternativa. In pratica, "la dimensione dell'esecuzione penale esterna (per effetto della 'ex-Cirielli' e di alcuni altri provvedimenti in materia di sicurezza), è tornata ad essere quella dei primi anni 90: nel 1994 c'erano 52mila detenuti e 13mila persone in misura alternativa, l'anno successivo rispettivamente 50mila e 15mila". Decisamente esigui anche i numeri dei condannati al lavoro di pubblica utilità (appena 41 in tutta Italia) e dei detenuti ammessi al lavoro esterno (423). Più consistenti quelli delle sanzioni sostitutive: 2.023 persone sono sottoposte alla libertà vigilata e 104 alla liberta' controllata. Le condizioni di disagio non riguardano solo i detenuti. Nell'ultima settimana, infatti, due agenti della polizia penitenziaria si sono tolti la vita a causa delle difficili condizioni di lavoro nelle carceri presso le quali prestavano servizio, a Caltagirone e Maome Lodè, in Sardegna.