26 giugno 2011

Tira aria di accordo

Cgil, Cisl, Uil e Confindustria riscoprono i fasti della concertazione e lanciano segnali di ottimismo. La crisi economica e quella di Berlusconi ricostituiscono l'asse tra le parti sociali che diventano i "veri responsabili"

di S. Cannavò - il Fatto QuotidianoGrassetto

E’ cambiato il clima tra la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia e i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Camusso, Bonanni e Angeletti. Soprattutto tra industriali e Cgil. I leader delle parti sociali si sono incontrati presso la foresteria dell’associazione industriali dalle parti di via Veneto e chi ha partecipato ai colloqui racconta di una concordia che non si vedeva da tempo. Effetto collaterale di un governo in crisi, forse, o di una situazione economica da cui nessuno pensa di potersi salvare. In ogni caso, il clima di intesa è stato esplicito: “Si punta a chiudere martedì” ha dichiarato nettamente Emma Marcegaglia mentre Raffaele Bonanni ha espresso “un giudizio positivo” e poi si è lasciato andarea a elogi per la Cgil. Per Luigi Angeletti “le distanze si sono accorciate” mentre secondo Susanna Camusso “abbiamo fatto una buona discussione, utile, che ha permesso di ragionare sulla possibilità di un accordo, sulla misurazione della rappresentanza e l'efficacia della contrattazione”. In Cgil sono particolarmente soddisfatti per la scomparsa dell’ipotesi Sacconi-Bonanni: un “avviso comune” siglato da chi ci sta da tradurre poi in provvedimento legislativo. Certo, dentro il sindacato di Camusso si sono alzate già alcune barricate: Giorgio Cremaschi, uno dei leader dell’opposizione interna, chiede di non firmare alcun accordo mentre Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, che per ora non commenta, in mattinata, presentando la festa della Fiom che si è aperta ieri sera a Sesto San Giovanni (presenti tra l’altro il nostro direttore Antonio Padellaro e il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia) ha messo nuovamente l’accento sulla necessità del voto dei lavoratori per valicare qualsiasi accordo. Un punto che invece non sembra essere al centro del confronto.

Le richieste di Confindustria
Al tavolo con le parti sociali la Confindustria continua a chiedere una cosa precisa: ampio spazio alla contrattazione di “secondo livello”, quella cioè che si fa in azienda e che, tradizionalmente, è integrativa dei contratti nazionali. Almeno fino al “modello Pomigliano” in cui il contratto di azienda ha stravolto le prerogative del contratto di categoria dando vita allo scontro con la Fiom. Confindustria chiede contratti “flessibili, derogabili a livello aziendale ed esigibili”. In quest’ultimo aggettivo c’è il cuore della vicenda perché il problema è impedire che un solo sindacato possa bloccare sottoscritti da altri. Confindustria ha bisogno di garantirsi che, una volta firmato un accordo, questo possa valere per tutti – “erga omnes” – e che questo possa accadere anche nella singola fabbrica. A Pomigliano, e a Mirafiori, invece, la Fiom si è messa contro appellandosi anche al tribunale. L’esigibilità è dunque l’obiettivo chiave che va risolto affrontando il nodo della rappresentatività.

La rappresentanza
Quello che serve, e a cui si sta puntando, è un sistema di validazione democratica degli accordi firmati. Se le intese nazionali o aziendali non sono firmate da tutti i sindacati occorre misurarne la rappresentatività. Lo schema proposto dalla Cgil è quella di un mix basato sulla certificazione – da affidare al Cnel – degli iscritti ai sindacati e del consenso ottenuto nelle elezioni per le Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) cioè i delegati eletti dai lavoratori. Un modello già in vigore nel pubblico impiego. Aspetti, questi, ricordati qualche giorno fa da Camusso e ribaditi certamente al tavolo di ieri che, se un passo avanti ha compiuto, è anche per l’insistenza di tutti nel riesumare un accordo sulla rappresentanza siglato da Cgil, Cisl e Uil nel 2008.

La chiave del 2008
Quell’accordo conferiva già un’adeguata importanza alla contrattazione di secondo livello da estendere “in qualità e quantità” e si soffermava, appunto, sul tema della democrazia e rappresentanza. Si ricordava già allora la possibilità di certificare gli iscritti tramite i dati associativi rilevati dalle deleghe conferite all’Inps per le trattenute sindacali, “nonché i consensi elettorali risultanti ai verbali elettorali delle Rsu”. Uno schema in cui viene ridata centralità alle Rsu ma dove si parla mai di referendum cosa che potrebbe creare problemi con la Fiom.

Il nodo deroghe
Resta da capire che succede alle deroghe, cioè la possibilità di contratti di secondo livello che alterano le garanzie previste dal primo livello. Ieri se n’è parlato meno anche se questo è il tema decisivo e in Cgil confermano che la contrattazione di secondo livello va ampliata ma non a scapito di quella nazionale e comunque i contratti nazionali non possono essere sostituiti. Un punto che non collima con le richieste della Fiat, assente fisicamente ma la cui presenza aleggiava sull’incontro.