di Giorgio Cremaschi
Come al solito la grande stampa e la grande tv, hanno inizialmente fatto propaganda per la Fiat, spiegando che la Fiom aveva perso e che le ragioni dell’azienda erano state accolte. In particolare il giornale di famiglia, La Stampa, ha addirittura taciuto nei titoli la condanna per antisindacalità della Fiat. Poi, con un imbarazzo ben visibile, gli stessi giornali han dovuto dare notizia dei malumori e delle minacce di Marchionne contro la sentenza. Sentenza che è sicuramente contraddittoria, ma che comunque rappresenta un ostacolo enorme per la linea Fiat di distruzione dei diritti sindacali.
Da un lato, infatti, il giudice ha dato ragione alla Fiat sulla legittimità dell’accordo separato per Pomigliano e quindi anche per quelli successivi. In realtà il giudice semplicemente non ha accolto il ricorso di illegittimità da parte della Fiom nazionale su quegli accordi, mentre rimane tutto lo spazio per le cause individuali che i lavoratori intenderanno presentare per rivendicare i propri diritti contro la Newco.
D’altro lato, però, la sentenza ha condannato con chiarezza il comportamento antisindacale della Fiat, affermando che la Fiom non può essere esclusa dai diritti sulla rappresentanza in fabbrica. Nella sostanza la sentenza del giudice mette in discussione uno dei cardini della strategia antisindacale della Fiat, la cosiddetta esigibilità degli accordi, affermando che un sindacato che si oppone all’accordo, in questo caso la Fiom, non può essere escluso dalla rappresentanza aziendale. D’altra parte per la Fiat la pace sociale e il divieto di sciopero sono indispensabili per imporre le terribili condizioni di lavoro previste dall’accordo. Per questo l’azienda ha fatto sapere che sono sospesi gli investimenti a Torino, peraltro meno di un decimo di quelli inizialmente previsti per il piano Fabbrica Italia che è scomparso nel nulla. Magari è proprio una scusa, ma resta il fatto che la Fiat non accetta più un sindacalismo libero nelle proprie aziende.
A questo proposito gli avvocati dell’azienda hanno presentato in tribunale, a proprio sostegno e difesa, l’accordo del 28 giugno firmato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. È la prima volta che accade e questo atto significativamente smentisce chi aveva pensato e detto che la Fiat fosse contro l’accordo interconfederale. In realtà l’unico problema che ha l’azienda è che quell’accordo non è retroattivo. Se infatti quell’accordo fosse già operativo, la Fiom potrebbe entrare negli stabilimenti Fiat solo accettando gli accordi separati e impegnandosi a rispettarli. Quell’accordo istituisce un mostruoso maggioritario sindacale, per cui gli accordi firmati dalla maggioranza dei sindacati impongono obbedienza anche ai sindacati di minoranza non firmatari. Per questo è stato definito il “porcellum sindacale”. La Fiat ha tentato di far sì che fosse il giudice a rendere retroattivo quell’accordo, ma non c’è riuscita. La sentenza assegna alla Fiom il diritto alla rappresentanza, anche se non firmataria dell’intesa di Pomigliano.
A questo punto è evidente che o passa la linea Bonanni, il quale ha già dichiarato che chiamerà tutta la Cgil e la Fiom a rispondere dell’accordo del 28 giugno, cioè a impegnarsi ad accettare l’accordo di Pomigliano. Oppure, se la Fiom confermerà la propria posizione di non considerarsi in alcun modo vincolata dall’accordo separato, allora l’intesa interconfederale andrà clamorosamente in crisi. Con buona pace del gruppo dirigente della Cgil, che in queste settimane ha diffuso interpretazioni di quell’accordo che sono state brutalmente smentite dalla Confindustria, dalla Cisl, dalla Uil, dalla Fiat nelle stesse aule dei tribunali. Se la Fiom, come noi crediamo, continuerà la lotta contro gli accordi capestro in Fiat, ci sarà un grande beneficio per tutti i lavoratori perché l’accordo del 28 giugno sarà inesigibile alla sua prima uscita. Bisogna allora agire subito per allargare questa incrinatura e far sì che l’accordo interconfederale alla fine salti. Sarebbe la migliore notizia possibile per tutti i lavoratori italiani.
Come al solito la grande stampa e la grande tv, hanno inizialmente fatto propaganda per la Fiat, spiegando che la Fiom aveva perso e che le ragioni dell’azienda erano state accolte. In particolare il giornale di famiglia, La Stampa, ha addirittura taciuto nei titoli la condanna per antisindacalità della Fiat. Poi, con un imbarazzo ben visibile, gli stessi giornali han dovuto dare notizia dei malumori e delle minacce di Marchionne contro la sentenza. Sentenza che è sicuramente contraddittoria, ma che comunque rappresenta un ostacolo enorme per la linea Fiat di distruzione dei diritti sindacali.
Da un lato, infatti, il giudice ha dato ragione alla Fiat sulla legittimità dell’accordo separato per Pomigliano e quindi anche per quelli successivi. In realtà il giudice semplicemente non ha accolto il ricorso di illegittimità da parte della Fiom nazionale su quegli accordi, mentre rimane tutto lo spazio per le cause individuali che i lavoratori intenderanno presentare per rivendicare i propri diritti contro la Newco.
D’altro lato, però, la sentenza ha condannato con chiarezza il comportamento antisindacale della Fiat, affermando che la Fiom non può essere esclusa dai diritti sulla rappresentanza in fabbrica. Nella sostanza la sentenza del giudice mette in discussione uno dei cardini della strategia antisindacale della Fiat, la cosiddetta esigibilità degli accordi, affermando che un sindacato che si oppone all’accordo, in questo caso la Fiom, non può essere escluso dalla rappresentanza aziendale. D’altra parte per la Fiat la pace sociale e il divieto di sciopero sono indispensabili per imporre le terribili condizioni di lavoro previste dall’accordo. Per questo l’azienda ha fatto sapere che sono sospesi gli investimenti a Torino, peraltro meno di un decimo di quelli inizialmente previsti per il piano Fabbrica Italia che è scomparso nel nulla. Magari è proprio una scusa, ma resta il fatto che la Fiat non accetta più un sindacalismo libero nelle proprie aziende.
A questo proposito gli avvocati dell’azienda hanno presentato in tribunale, a proprio sostegno e difesa, l’accordo del 28 giugno firmato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. È la prima volta che accade e questo atto significativamente smentisce chi aveva pensato e detto che la Fiat fosse contro l’accordo interconfederale. In realtà l’unico problema che ha l’azienda è che quell’accordo non è retroattivo. Se infatti quell’accordo fosse già operativo, la Fiom potrebbe entrare negli stabilimenti Fiat solo accettando gli accordi separati e impegnandosi a rispettarli. Quell’accordo istituisce un mostruoso maggioritario sindacale, per cui gli accordi firmati dalla maggioranza dei sindacati impongono obbedienza anche ai sindacati di minoranza non firmatari. Per questo è stato definito il “porcellum sindacale”. La Fiat ha tentato di far sì che fosse il giudice a rendere retroattivo quell’accordo, ma non c’è riuscita. La sentenza assegna alla Fiom il diritto alla rappresentanza, anche se non firmataria dell’intesa di Pomigliano.
A questo punto è evidente che o passa la linea Bonanni, il quale ha già dichiarato che chiamerà tutta la Cgil e la Fiom a rispondere dell’accordo del 28 giugno, cioè a impegnarsi ad accettare l’accordo di Pomigliano. Oppure, se la Fiom confermerà la propria posizione di non considerarsi in alcun modo vincolata dall’accordo separato, allora l’intesa interconfederale andrà clamorosamente in crisi. Con buona pace del gruppo dirigente della Cgil, che in queste settimane ha diffuso interpretazioni di quell’accordo che sono state brutalmente smentite dalla Confindustria, dalla Cisl, dalla Uil, dalla Fiat nelle stesse aule dei tribunali. Se la Fiom, come noi crediamo, continuerà la lotta contro gli accordi capestro in Fiat, ci sarà un grande beneficio per tutti i lavoratori perché l’accordo del 28 giugno sarà inesigibile alla sua prima uscita. Bisogna allora agire subito per allargare questa incrinatura e far sì che l’accordo interconfederale alla fine salti. Sarebbe la migliore notizia possibile per tutti i lavoratori italiani.