La caduta del governo Berlusconi rappresenta indubbiamente una modifica sostanziale del quadro politico, al di là della stessa natura e del profilo programmatico del governo Monti-Napolitano. La crisi del governo Lega-Pdl era cominciata da tempo, inizialmente legata a differenti visioni sulle risposte necessarie alla crisi economica, ai protagonismi di una parte della destra di governo, alle difficoltà di rappresentare in maniera adeguata i diversi interessi che rappresentavano la base politica e sociale del governo.
Le manifestazioni contro il governo dei mesi scorsi (in particolare quelle del febbraio di “Se non ora quando”), la sconfitta elettorale della destra in grandi città come Milano e Napoli, il grande successo referendario del 12 giugno hanno accelerato la crisi politica, senza produrre un'immediata modifica istituzionale - che avviene oggi per volontà diretta della borghesia italiana ed europea - ma creando i primi scossoni elettorali e le crepe nella maggioranza. A far cadere il governo Berlusconi, infine, è però la tenaglia costituita dagli interessi delle grandi banche, dei cosiddetti mercati finanziari spalleggiati dai governi di Francia e Germania e dai circoli forti della borghesia italiana.
Il governo Monti-Napolitano nasce così come governo politico, prodotto della scelta della maggioranza dei partiti istituzionali di provare a uscire dalla loro crisi e rispondere alle esigenze del capitale europeo e italiano attraverso un “temporaneo” affidamento delle responsabilità di governo a “tecnici” che siano abbastanza autorevoli da applicare i provvedimenti richiesti dalla Bce e dai governi europei – e che risponde agli interessi di Marchionne, della Confindustria e del Vaticano. Dopo l’approvazione – garantita da tutti i gruppi parlamentari – di una “Legge di stabilità” che rappresenta l’ennesimo provvedimento di macelleria sociale, i primi interventi del governo Monti delineano un coerente programma politico-economico con l’obiettivo di sostenere le imprese italiane in Europa attraverso il rigore di bilancio, politiche di contenimento della spesa pubblica, il rilancio delle Grandi opere e delle infrastrutture, una politica fiscale più leggera per le imprese stesse (con il contemporaneo aumento delle imposte indirette sul consumo) e la riforma del mercato del lavoro.
Un programma liberista – nel senso di salvaguardia del primato del profitto privato sull’interesse pubblico – condito dall’abituale sostegno pubblico del mercato e delle imprese. Un programma che possa guadagnare il favore dei mercati internazionali e che sia considerato credibile dagli investitori esteri, affinché il debito sia gradualmente ripagato senza rotture. Le parole d’ordine di Monti sono allora rigore di bilancio, crescita ed equità: il rigore di bilancio come forma di compressione e controllo della spesa pubblica; la “crescita” come fattore di rilancio della credibilità internazionale e di sostegno dei profitti; l’equità come specchietto per le allodole e ideologia del “siamo tutti sulla stessa barca”, chiamando ancora una volta chi ha già pagato a fare nuovi sacrifici (questa volta però “equi”). Chiedere a chi è stato derubato di contribuire al risarcimento insieme a chi lo ha derubato non è equità, è un truffa!
La novità rappresentata dalla caduta di Berlusconi e dalla nascita del governo Monti-Napolitano mette in fibrillazione l'intero quadro politico istituzionale e non:
* nel PdL si accentua la crisi di leadership - in previsione di una successione a Berlusconi - e di tenuta complessiva, anche se non è ancora la fine di Berlusconi e del berlusconismo
* il PD riafferma il suo ruolo di “partito naturale di governo” praticando l'ennesima versione di governo di unità nazionale che rende ancora più chiara la natura di questo partito
* il cosiddetto terzo polo ha finalmente l'occasione di rilanciare un progetto di grande centro che sia il perno insostituibile di qualsiasi coalizione e maggioranza
* la Lega Nord cerca di rifarsi una verginità nelle zone di maggiore presenza collocandosi all'opposizione e provando in questo modoa presentarsi come unica opposizione al “governo delle banche”.
La nuova fase politica provoca un profondo smottamento anche a sinistra. Il progetto di SEL è quello che entra maggiormente in crisi: si allungano i tempi delle eventuali primarie e si accentua la volontà del PD di una coalizione rivolta al centro, che renderebbe il protagonismo di Vendola più complicato fino al fallimento del suo progetto politico. La Federazione della Sinistra, invece, si divide tra chi (il Pdci) valuta positivamente la “discontinuità” rappresentata da Monti, il Prc che in questa fase sceglie l’opposizione al governo anche se ha impostato il congresso sull'alleanza con il Pd, e una terza posizione che comunque ribadisce la scelta strategica di lavorare per la coalizione di centrosinistra.
Le modalità della sostituzione del governo Berlusconi danno il segno di un grave “difetto di democrazia”: non solo non esistono veri spazi di partecipazione e decisione collettiva (pensiamo per esempio ai tentativi di affossamento dei risultati referendari) ma si afferma un protagonismo del Presidente della Repubblica che se resta formalmente interno alle norme della Costituzione, in realtà opera una forzatura fattuale di questa ponendosi come garante degli equilibri del sistema politico-economico europeo, delle richieste di BCE e governi UE e delle esigenze dei mercati internazionali. Anche la pervicace volontà di evitare il passaggio elettorale è il segno di una legittimazione che si ricerca solamente all’esterno e sulla testa degli elettori.
La caduta di Berlusconi – che non significa ancora la sua scomparsa politica – rappresenta un’occasione anche perché potrebbe definitivamente mettere fuori gioco l’antiberlusconismo vissuto come alibi per non affrontare i contenuti delle sue politiche. I provvedimenti già annunciati dal governo Monti-Napolitano richiedono urgentemente la costruzione di un'iniziativa convergente di tutte le forze politiche e sociali disponibili all'opposizione al governo e chi lo appoggia. Un'iniziativa che contenda una possibile risposta della destra estrema e della Lega - che potrebbero presentarsi come uniche “legittime opposizioni” al “governo delle banche"; un fronte ampio che non sia semplicemente la riunione delle forze politiche che non appoggiano il governo, ma che abbia un forte carattere sociale e sia in grado di mobilitare e suscitare conflitto e opposizione di massa alle politiche del governo.
Sinistra Critica si fa interprete di questa esigenza e di questa proposta impegnandosi direttamente in questa direzione e invitando tutte le forze politiche e sociali contrarie al governo Monti-Napolitano e alle sue politiche a prendere in tutte le città urgenti iniziative aperte di dibattito, di denuncia e di protesta. Due momenti estremamente importanti in questa direzione saranno:
* la manifestazione nazionale dei comitati per l'acqua del 26 novembre, che oltre alla difesa dei risultati del referendum dovrebbe assumere il carattere di contestazione dei progetti di rilancio delle privatizzazioni dei beni comuni e delle grandi opere (con un maggior ruolo dei privati) già annunciati da Monti;
* l'assemblea del “Comitato no Debito” del 17 dicembre, che proponiamo diventi un appuntamento più largo, aprendolo all’organizzazione di tutte le forze politiche e sociali disponibili all'opposizione al governo, facendone in questo modo un primo momento di dibattito e di uscita pubblica del fronte ampio di opposizione.
In questo quadro di necessaria costruzione della più ampia e diffusa opposizione al governo, Sinistra Critica ribadisce la sua priorità politica di fase nella campagna per il non pagamento del debito aderendo alla campagna lanciata da Rivolta il Debito (www.rivoltaildebito.org) a partire dalla richiesta di un audit pubblico; valorizzando la proposta di Referendum contro le politiche di austerità come espressione di un ampio fronte unitario. Opposizione al governo Monti, costituzione di un'alleanza politico-sociale la più ampia possibile, campagna contro il debito sono i passaggi immediati che contribuiscono a rafforzare la nostra opzione di una nuova sinistra anticapitalista.