09 novembre 2011

Via Berlusconi... e poi?


Piero Maestri*

Vogliamo essere chiari fin dall’inizio: la caduta, meglio la cacciata, del governo Berlusconi e la fine della carriera politica del presidente del consiglio sono obiettivi sacrosanti. Punto.
Questo governo rappresenta e ha rappresentato la faccia feroce e immorale delle politiche liberiste, un governo che non conosce le regole democratiche e ha costruito le fortune di imprese e personaggi amici sul taglio delle spese sociali e del livello di vita di milioni di donne e uomini. Per questo la sua caduta è una liberazione e un’occasione per le classi popolari e per la democrazia del nostro paese.
Ma…

Non ci interessa minimamente il dibattito sulla composizione istituzionale della crisi di governo: governo tecnico, governo “traghettatore”, governo di larghe intese e altre amenità…
Ci interessa molto, invece, comprendere cosa si sta preparando per lavoratrici e lavoratori, giovani,precarie/i di questo paese.
La crisi di governo non avviene sull’onda delle mobilitazioni di massa, che pure non sono mancate anche in Italia, ma è la conseguenza dell’incapacità di Berlusconi in prima persona e della sua maggioranza di mentecatti di dare piena soddisfazione alle esigenze dal capitale dominante in Europa - quindi alla Bce e ai suoi padroni franco-tedeschi, anche se alla guida c’è l’italiano Draghi – e alle necessità della Confindustria e delle banche di avere capitali freschi per permettere loro di uscire dalla crisi con maggiori profitti e poteri.

Per poter applicare fino in fondo questi provvedimenti il centrodestra al governo non è sufficiente: serve imbarcare nell’operazione anche una parte della cosiddetta “opposizione”, quella “responsabile” formata dal PD e dal fantomatico “terzo polo” (pensate al trio Casini, Fini, Rutelli…..). Opposizione così responsabile da condividere fino in fondo le ricette di Fmi e Bce e che quando critica Berlusconi sulla politica economica lo fa… da destra: nel senso che critica l’impresentabilità di Berlusconi, ma non le politiche di fondo.
Così responsabile da aver permesso che passassero le finanziarie (per discutere la sfiducia – dicembre 2010), la manovra di bilancio, la legge di stabilità….

Per dare una risposta adeguata alla crisi di governo, una risposta di sinistra, si deve affrontare con chiarezza e onestà un nodo chiave delle scelte politiche dei prossimi mesi: chi paga la crisI?
Non è sufficiente dire che si vogliono più risorse per il lavoro, i giovani, il welfare, la cultura ecc… se non si dice dove devono essere prese queste risorse.
E la risposta, come si deve dire, è una risposta di classe: paghi chi ha provocato la crisi; paghi chi non ha mai pagato; altro che “anche i ricchi paghino”: solo i “ricchi” devono pagare, gli altri (pensionate/i, precari/e,lavoratrici e lavoratori, migranti) hanno già pagato e ancora pagano.

La caduta del governo Berlusconi è un’occasione affinché la sinistra e i movimenti sociali prendano la forza di organizzarsi e perché lavoratrici e lavoratori, precari/e, studentesse e studenti, migranti diano vita ad una mobilitazione che ponga dal basso una piattaforma chiara: il debito illegittimo non si deve pagare; vanno tagliate le spese inutili e dannose (spese militari e grandi opere come Tav, Expo2015, Ponte di Messina…); vanno recuperati i miliardi regalati alle imprese con il cuneo fiscale di prodi ancora in vigore e con altri provvedimenti simili; vanno nazionalizzate le banche e difesa la gestione pubblica dei beni comuni – come hanno chiesto 27milioni di elettori ed elettrici il 12 giugno scorso.
Con queste risorse si potrà costruire una politica economica diversa, che finalmente risponda ai bisogni del “99%” – come dicono i manifestanti di “Occupy Wall Street” – e che ponga al primo posto la riconversione ecologica della produzione (e del territorio, così da evitare altri morti alla prossima pioggia o al prossimo terremoto).

Alla “società civile” che manifesta contro il governo Berlusconi e ne denuncia soprattutto gli aspetti più scandalosi/scandalistici, non chiediamo opinioni sul prossimo governo: chiediamo se è pronta a lottare per questi contenuti, se smette di ragionare di governi (o giunte regionali e comunali) amici, se è pronta a non permettere a qualsiasi di governo di fare politiche di guerra, contro i diritti dei lavoratori, contro le lassi popolari.
Insomma, di fare il suo mestiere: non più supporto esterno a governi amici, ma indipendenza e autonomia per costruire l’alternativa.
Noi ci proviamo – già dalle prossime settimane: dalle manifestazioni studentesche del 17 novembre alla manifestazione nazionale per la difesa di acqua e beni comuni del 26 novembre, nella speranza di uno sciopero generale vero (che probabilmente verrà fermato dalla “responsabilità” dei sindacati Conferderali di fronte ad un governo di larghe intese…).
* Portavoce di Sinistra Critica