
Le autorità cittadine e le forse dell’ordine tedesche stanno cercando
in ogni modo di impedire questa mobilitazione, vietando le iniziative
di protesta, rendendo difficile la permanenza nei parchi dove dovrebbe
trovare porto il “quartier generale” della protesta (e l’ospitalità dei
manifestanti) e emettendo ordinanze restrittive a militanti tedeschi per
vietare loro il soggiorno e la presenza a Francoforte nei giorni delle
iniziative – mentre non sono al momento previsti blocchi alle frontiere.
Malgrado queste prese di posizione – e mentre le reti organizzatrici
continuano ad affermare il diritto a manifestare e insistono nella
trattativa perché tale diritto sia riconosciuto - l’atmosfera politica
verso quel appuntamento si scalda.
Le giornate di Francoforte sono in qualche modo il culmine delle
giornate cominciate con il 1° maggio globale e proseguite con la ripresa
de l@s indignad@s in Spagna e in altri paesi.
In un dibattito politico segnato dai risultati elettorali dei diversi
paesi europei (Francia, Grecia, Germania, ma anche Italia) – che
puniscono chi sta governando applicando le politiche di austerità e in
generale i partiti tradizionali (ovunque cresce l’astensione e il voto a
liste che posso essere in modi diversi considerate “di protesta”) – la
ripresa delle mobilitazioni di piazza, il “Take the square!”, assume un
significato ancora più interessante e importante: decine di migliaia di
donne e uomini, soprattutto giovani, in Europa dichiarano di non voler
delegare a nessuno le decisioni sulle proprie vite. Democrazia reale,
welfare, diritti per lavoratrici e lavoratori, smilitarizzazione della
politica e dei territori – tutte istanze che oggi partono e mettono al
centro la protesta contro il capitale e i mercati (non solamente
finanziari) e il rifiuto di pagare la loro crisi e il loro debito.
Francoforte è importante anche perché potrebbe rilanciare un processo
di collegamento tra i movimenti europei direttamente sul piano della
mobilitazione, dopo la crisi dell’esperienza dei forum sociali europei –
crisi dovuta anche, se non soprattutto, alla difficoltà e scarsa
capacità di sviluppare lotte sociali a livello continentale e
connessioni tra i movimenti esistenti.