08 maggio 2012

Tosi, condottiero gialloblù

Il commento di Sinistra Critica Verona sulle elezioni amministrative
Tosi contro tutti
Il sindaco uscente Flavio Tosi si conferma con un ampio margine di voti, nell'ambito di una tornata elettorale con una chiara valenza nazionale. Sicuramente per la fase politica, per l'importanza della città ma anche per le dinamiche riguardanti la crisi della Lega Nord. Tosi è riuscito a costruirsi un'immagine mediaticamente e socialmente efficace e un partito sostanzialmente personale, di cui molto si è parlato anche fuori dalle mura scaligere, che gli ha consentito di uscire rafforzato dalla crisi del partito padano.

Il Tosi di oggi è diverso da quello di cinque anni fa. Il ruolo di sindaco sceriffo gli è stato stretto fin da subito. Nei 5 anni di governo alla guida della città ha costruito rapporti economici e finanziari di tutto rispetto: ha coltivato l'alleanza con la Compagnia delle Opere, ovvero CL, è diventato il sindaco delle grandi opere, aprendo cantieri su cantieri: il Traforo, l'inceneritore di Ca' del Bue, i parcheggi in pieno centro storico, i progetti sull'area di Verona sud e la ristrutturazione di altre importanti zone della città. Il sindaco è entrato anche nella vicenda Unicredit attraverso la fondazione Cariverona - che di Unicredit è uno dei principali azionisti - e ha avuto la mano pesante sulle aziende partecipate - Agsm, Amia, Atv - piazzando i suoi uomini dappertutto e aprendo quindi la conflittualità con quelli che cinque anni fa erano i suoi alleati. Tra i maggiori finanziatori delle sue campagne elettorali appare la Mazzi Costruzioni, da quarant'anni protagonista degli appalti cittadini. Technital, la società artefice del progetto del traforo delle Torricelle, pochi giorni prima delle elezioni si è incaricata di spiegare ai cittadini quanto importante e opportuna sia quest'opera, in realtà devastante, costosa ed utile solo a chi ci guadagna, invitando indirettamente al voto per Tosi.
Il successo del riconfermato sindaco, già condannato in via definitiva per propaganda razzista, assorbe certamente anche i voti dell'estrema destra che cerca di far leva sulla crisi in atto. Da un lato lascia quasi a secco Forza Nuova e la lista ad essa alleata (Identità Scaligera), dall'altro ospita direttamente all'interno della propria civica il leader locale di Casa Pound, Marcello Ruffo, in cordata con l'assessore alle pari opportunità (!) Di Dio, esplicitamente sostenuto dai "fascisti del nuovo millennio" e un paio di candidati della ex Fiamma Tricolore. Per non parlare di Andrea Miglioranzi, ex Gesta Bellica e Veneto Fronte Skinhead, che della lista civica di Tosi è il segretario. Sta facendo carriera: è passato in una società della Fiera, è nel CdA della municipalizzata Agsm, se ne parla addirittura come assessore o vice sindaco ed è diventato normale che uno come lui sia lì nella stanza dei bottoni.

L'opposizione
I risultati puniscono chiaramente l'inconsistente e ambigua opposizione del PD (si veda ad esempio la posizione sul traforo) e la sua responsabilità per le politiche lacrime e sangue del governo Monti. La Federazione della Sinistra, tutta proiettata nella dinamica elettoralista, ha scelto la "solita" lista con il dichiarato proposito di ritornare in consiglio comunale. Non ha messo in discussione nulla della politica che il PD ha fatto a livello locale e tanto meno a livello nazionale. Il risultato è che Prc e PdCI non raggiungono l'1% e la campagna elettorale non ha innescato alcun meccanismo di partecipazione.
Crolla il PdL lacerato dalla guerra intestina, mentre emerge con prepotenza il populismo, a tratti preoccupante e becero, del Movimento 5 Stelle. Grillo prende più voti di Berlusconi e fa eleggere tre consiglieri. La campagna dei grillini è stata un taglia e cuci di slogan evidentemente efficaci, ma vuota dal punto di vista politico: di lavoro e crisi non si parla se non in termini individuali o di green economy, il conflitto capitale/lavoro è un relitto del passato, sulla cittadinanza si pensa che è follia far votare i figli dei migranti nati in Italia, sulle donne le sviste sono rivelatrici: "il telelavoro è importante perché riduce l'inquinamento e perché tiene le donne a casa" ha detto il candidato sindaco a 5 stelle nel corso di un'assemblea cittadina. Anche sulla questione ambientale, nei confronti della quale sembrano essere sensibili, non si ravvedono nell'angusto orizzonte grillino analisi interessanti, nella misura in cui non si ragiona sul rapporto tra ambiente e produzione industriale, e quindi tra territorio e modello economico. Su questo appare timida anche la lista civica Piazza Pulita, che raccoglie alcuni comitati cittadini – No Traforo, No Inceneritore, il Carpino, ... - e si attesta sul 2,4% risultando più una lista dei “leader” che un progetto in grado di mettere collettivamente in discussione alcune scelte politiche e la debolezza dell'opposizione.
Oltre il centrosinistra la candidatura di Ibrahyma Barry per il PdAC. Una candidatura di propaganda, di una realtà di fatto assente a Verona, nella cui lista ci sono appena quattro residenti nella città scaligera e che non pone certo le premesse per la costruzione di un'opposizione sociale e politica.

Crisi, la grande assente
In questo quadro la grande assente è stata la crisi economica: poco o nulla se ne è parlato in campagna elettorale. Nonostante le molte vertenze aperte sul territorio, questa assenza non stupisce visto il bassissimo livello di conflittualità esistente in città, determinato anche dal ruolo concertativo dei sindacati, Cgil in testa. In tale contesto incide profondamente la fine del modello della piccola impresa che ha fatto "grande" il Nordest.
La crisi a Verona non produce conflitto né autorganizzazione. Chi la patisce è isolato e non comunica con chi ha vicino. Nemmeno all'interno dello stesso sindacato si è in grado di aprire delle vertenze comuni tra le molte situazioni di crisi aziendale. Quello che, nel corso della campagna elettorale, è stato detto sulla crisi – che è evidentemente una crisi di sistema – sono parole d'ordine generiche e banali: "bisogna uscirne insieme". Non una parola su chi l'ha provocata, né su chi ci guadagna e su chi la paga, né sulle politiche europee di austerity.

Verona, Italia, Europa
Le osservazioni sull'assenza della crisi dal dibattito politico cittadino ci riportano, in conclusione, a spendere ancora poche parole sul nesso, secondo noi palese, tra assenza di un progetto politico programmaticamente alternativo che non si candidi a cogestire la crisi del capitalismo a nessun livello, né locale né nazionale, e il reale pericolo di una uscita a destra da tale situazione. L’unanime “silenzio-assenso” cittadino attorno al tema ricalca quello dell’unità nazionale ed europea, tutta costruita attorno alla volontà di salvare i grandi profitti economico-finanziari. Il crearsi di una grande coalizione nazionale attorno al governo tecnico infatti, oltre a smascherare ulteriormente la subalternità del Pd e dei suoi alleati ai grandi poteri finanziari e la loro impossibilità oggettiva di rappresentare un’alternativa, lascia un ampio spazio politico alle destre radicali e neofasciste che possono così presentarsi come le uniche forze anticrisi.
Questa dinamica è riscontrabile generalmente in tutta Europa come ci dimostrano i risultati del Fronte Nazionale in Francia e del partito neo nazista Alba Dorata in Grecia. Il risultato delle elezioni greche segnala però anche, e questo è un dato estremamente significativo, il grande e importante successo della coalizione della sinistra radicale Syriza che supera il Partito Socialdemocratico Greco (Pasok), mostratosi completamente subalterno a BCE e FMI e rifiutando alleanze di governo che comporterebbero la rinuncia della propria autonomia programmatica e politica. Cosa, purtroppo, che non possiamo dire anche del Front de Gauche francese. Ciò ci preoccupa molto in quanto conosciamo direttamente, sia a livello nazionale che cittadino, la ricaduta negativa che subiscono le forze di sinistra quando praticano scelte governiste malgrado sia chiara la natura neoliberista e conservatrice delle forze con cui ci si allea.
Tornando a Verona, siamo di fronte ad un fenomeno strano: la crescita sostanziale e non formale della destra neofascista, alleata con Tosi nel nuovo partito travestito da lista civica, trappola ben congegnata nella quale molti sono caduti. Il carattere “localista” del discorso tosiano, intriso di retorica sulla “buona ed efficiente amministrazione”, consente al sindaco rieletto di collocarsi virtualmente fuori dal quadro politico generale, per non dire al di sopra di esso, risultando leader di lotta e di governo, referente al contempo dei fascisti del terzo millennio e del potere finanziario e delle banche. Se l'estrema destra scaligera ottiene da Tosi posizioni di potere, allo stesso tempo perde il proprio spazio politico fagocitato dal monopolio tosiano. Raggiunge il potere con una scorciatoia: portare voti a Tosi in cambio di poltrone. D'altra parte il populismo sorvola scientificamente sulle contraddizioni oggettive per imporre un immaginario di falsi miti in cui la delega al sovrano assomiglia decisamente ad un atto di fede.

Un’uscita a sinistra
Di fronte a tale quadro, per disinnescare la miccia della crisi sociale e del radicamento dell’estrema destra, per uscirne quindi a sinistra, ci pare quanto mai necessario approfondire i nostri sforzi nella costruzione del conflitto e dell’opposizione sociale e politica alle politiche liberiste di austerity del governo Monti-Napolitano, che con la scusa de pagamento del debito pubblico attuano le politiche neoliberiste del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e dell'Unione Europea rubando diritti, salari, pensioni e futuro a giovani, lavoratori, pensionati, donne e migranti. È inoltre urgente e non rinviabile il ragionamento su un diverso modello economico alternativo e anticapitalista.
Opporsi alle politiche di austerity, centrali in questa fase storica, ed alle conseguenze sociali, economiche e politiche, implica l'inconciliabilità tra una sinistra alternativa e anticapitalista – potenzialmente centrale in questa fase storica – e la socialdemocrazia riformista, necessariamente subordinata all'umore dei mercati e ai bisogni delle banche e non più praticabile perché sempre più esigue sono le risorse da redistribuire.
In tal senso Verona, vista da sinistra, è all'anno zero. C'è da ricostruire praticamente tutto. A partire dall'analisi della crisi che colpisce duramente anche nella città scaligera, dall'assenza di qualsiasi risposta sociale, politica o sindacale, dal progressivo smembramento e indebolimento del ceto medio, dalla critica su come il centrosinistra ha governato nell'unica occasione che ha avuto a disposizione con la giunta Zanotto.
Per questo Sinistra Critica ritiene necessario approfondire i propri sforzi, a partire dalla partecipazione alla campagna Rivolta il Debito, nella costruzione di un'opposizione sociale, politica e culturale, che vada ben oltre le anguste logiche elettoralistiche. Il patto di stabilità ed il vincolo di bilancio introdotto in costituzione con il volto favorevole del Partito Democratico e che rischia di colpire mortalmente le amministrazioni locali, così come la privatizzazione dell'acqua e dei beni comuni sono misure frutto delle politiche di contrasto del debito decise dal passato governo di centrodestra e dall'attuale governo tecnico. Collegare la campagna di Obbedienza Civile, magari condotta in forma autorganizzata con l'autoriduzione della bolletta, alla proposta di audit sul debito da declinare anche su scala locale, significherebbe innanzitutto far crescere e politicizzare queste battaglie aprendo la strada alla costruzione di una diffusa sensibilità anticapitalista che nasca e cresca nel sociale in forma autorganizzata e che sappia individuare i veri responsabili della crisi. Convinti che la democrazia realmente partecipativa, la giustizia sociale, la sconfitta del razzismo e di questo sistema economico, siano pratiche quotidiane e non obbiettivi da rimandare alla “società futura” né tanto meno da rinchiudere strumentalmente in una campagna elettorale.