12 giugno 2010

«Sospetti terroristi usati come cavie»


di C.Magliulo
Il rapporto di Physicians for human rights Medici e psicologi statunitensi al servizio della Cia hanno partecipato alle sevizie ma anche a un programma di ricerca sulla resistenza allo stress e al dolore. L'inchiesta della prestigiosa ong mette in luce gli aspetti più brutali delle politiche di Bush e lancia un appello al Nobel Obama: sospendere ogni esperimento che coinvolga esseri umani

Medici e psicologi statunitensi, su mandato della Cia, hanno partecipato alle torture sui prigionieri della «guerra al terrore» detenuti a Guantanamo e in Iraq e Afghanistan. Il loro lavoro era di assistere a quelli che con un eufemismo orwelliano l'amministrazione Bush aveva definito «interrogatori rafforzati», analizzare le reazioni dei detenuti e formulare indicazioni su come rendere più efficaci le tecniche utilizzate. Tra queste il famigerato «waterboarding» (affogamento simulato) e la privazione del sonno, con l'eventuale combinazione di più tecniche per valutarne l'utilità.
Lo denuncia un rapporto pubblicato ieri da «Physicians for human rights» (Phr), ong americana composta da medici, che da anni monitora le attività dell'esercito e dei servizi segreti americani, denunciandone le violazioni del diritto internazionale e della stessa Costituzione degli Stati Uniti. Gli attivisti, basandosi su documenti riservati dell'Ufficio legale del Dipartimento di giustizia e sul resoconto di una commissione del Senato americano, chiariscono che «la presenza e complicità dei medici in pratiche di interrogatorio intenzionalmente dannose serviva non solo a consentire la routine delle pratiche di tortura, ma anche a fungere da potenziale difesa legale contro la responsabilità penale per la tortura».
In pratica i medici sono stati la foglia di fico dietro la quale nascondere le atrocità più volte raccontate di Guantanamo e Abu Ghraib, e hanno anche partecipato attivamente ad un programma di ricerca sulla resistenza allo stress e al dolore, condotto sulla pelle di esseri umani non consenzienti, trattati «come porcellini d'India». Cosa che nel diritto internazionale è qualificata né più e né meno come crimine di guerra e contro l'umanità. Nessuna autorizzazione ufficiale è stata mai richiesta per portare avanti il programma, né è stato mai chiesto il consenso informato dei partecipanti agli esperimenti. Erano prigionieri della «guerra al terrore», l'ultimo anello della catena dei diritti umani.
E infatti gli psicologi del «Behavioral science consultation team» (Bsct), inquadrati nei ranghi dell'esercito americano, rivendicano con orgoglio e patriottismo il loro contributo alla strategia anti-terrorismo degli Stati Uniti. Il colonnello James, responsabile del Bsct a Guantanamo, ha dichiarato: «È grandioso essere in prima linea nella battaglia per difendere il terrorismo. Questi ragazzi (i soldati, ndr) si impegnano ben oltre il loro dovere nell'assicurare che i detenuti siano trattati umanamente in ogni momento». Un discreto attaccamento alla «causa» che ha costretto l'Associazione degli psicologi americani a emettere un comunicato in cui stigmatizza l'utilizzo di psicologi in contesti equiparabili alla tortura, e vieta ai suoi iscritti di «pianificare, progettare e partecipare all'uso di tortura e di ogni forma crudele, degradante e inumana di trattamento o punizione».
Il contesto in cui l'amministrazione Bush ha consentito, incoraggiato e organizzato queste pratiche di «ricerca», è lo stesso in cui si inquadra la forte limitazione dei diritti civili dei cittadini americani (con il famigerato Patriot Act) e la crescita di un apparato militare-spionistico biopoliticamente teso a controllare la vita del maggior numero di persone in America e altrove. Un'era che si ritiene conclusa con l'elezione di Barack Obama alla Casa Bianca.
E il presidente viene chiamato direttamente in causa dal rapporto di «Physicians for Human Rights», che chiede al governo di sospendere immediatamente ogni progetto segreto di ricerca che coinvolga esseri umani. Ugualmente i medici della ong chiedono che il Congresso americano, l'Onu e il Dipartimento di giustizia indaghino approfonditamente sulla questione, verificando le violazioni ai diritti umani sanciti dalla Convenzione di Ginevra e dalla stessa Costituzione americana. «L'unica domanda ancora senza risposta - ha dichiarato Nathaniel Raymond, responsabile della Campagna contro la tortura di Phr - è se questi medici ed alti ufficiali coinvolti nelle torture saranno chiamati a rispondere per i loro crimini contro la coscienza, la Costituzione e contro i nostri valori».
il manifesto 09/06/2010