di Angela Lano
www.infopal.it
InfoPal. In Tunisia come in Egitto, il popolo ha vinto contro il Tiranno. Sono state rivoluzioni non-violente, duramente aggredite dai rispettivi regimi. Centinaia di morti e feriti sono stati il prezzo delle due rivolte popolari che hanno posto fine al potere di dittatori violenti, amati e sostenuti politicamente ed economicamente dall'Occidente.
Una guerra da vincere. Le battaglie sono state vinte, ma speriamo che anche le guerre lo siano, perché certamente Israele e i suoi sponsor statunitensi ed europei non permetteranno facilmente che Paesi-chiave come l'Egitto - il cui governo è stato un fedele e prezioso partner nell'oppressione dei palestinesi - si emancipino del tutto dal loro giogo. La definitiva liberazione dell'Egitto dall'influenza israelo-statunitense potrebbe, come sappiamo, significare la permanente apertura del valico di Rafah, e dunque, in qualche modo, la fine del disumano assedio alla Striscia di Gaza, che da quattro anni affama 1,5 milioni di persone. Israele non permetterà, senza mettere in campo tutti i propri illegali mezzi, che l'assedio sia spazzato via. C'è dunque da aspettarsi di tutto, in queste settimane.
Sostegno alle rivoluzioni monocolore? I palestinesi della Striscia hanno atteso con preoccupazione e speranza l'esito della rivoluzione egiziana. Il governo di Gaza aveva contenuto le manifestazioni di piazza pro-rivoluzione temendo che la vittoria del regime del Cairo sulla volontà del popolo d'Egitto avrebbe avuto effetti ancora più nefasti per i palestinesi. Osservando dall'esterno tali precauzioni, qualcuno, tra i non pochi islamofobici attivisti "pro-Palestina" italiani, ne aveva subito approfittato per sottolineare il parallelismo tra il regime quisling e corrotto (si leggano i tanti documenti del "Palestine Papers"), e ormai inviso ai più, dell'Anp di Ramallah, e il governo assediato di Gaza. Ma si sa, per certa sinistra (non tutta, per fortuna!), i governi popolari e le rivoluzioni devono avere un solo preciso colore, gli altri non sono ammessi o accreditabili... Infatti, parallelamente, altri analisti, sempre italiani, e sempre sostenitori delle rivolte rosso fuoco, hanno iniziato a diffondere articoli in cui la rivoluzione popolare egiziana veniva screditata e assimilata ad altre, pilotate da Cia e Mossad... Forse è un'abitudine italiana, quella di dubitare di tutto, tranne di ciò di cui davvero si dovrebbe, o forse è il vizio insanabile del settarismo e dello spirito di "tribù" a farci diffidare di tutto ciò che non appartiene al nostro stesso identico schieramento, ma tant'è... La rivoluzione egiziana ha spazzato via in modo non-violento il clan Mubarak, aprendo il Paese alla prospettiva d'un futuro. E i palestinesi, in massa anche loro, si sono riversati nelle strade della Striscia e della Cisgiordania a manifestare entusiasmo e tanta speranza per se stessi e per i loro fratelli egiziani.
Egiziani liberi di sostenere i palestinesi. Ricordo ancora una visita a un centro caritatevole egiziano, al Cairo, alla fine dell'Operazione Piombo Fuso contro Gaza, nel gennaio 2009: era un'organizzazione gestita (in modo non ufficiale in quanto vietato dal governo), dai Fratelli Musulmani. Nell'edificio, aperto al pubblico, fervevano i preparativi per una spedizione di aiuti ai gazesi vittime della feroce aggressione israeliana. Mi colpì la dedizione dei tanti volontari, il loro coinvolgimento e la loro solidarietà ai fratelli e sorelle palestinesi. Un'attitudine che il regime Mubarak non favoriva certamente, ma tollerava, purché non avesse connotazioni pubbliche e troppo "politiche", sgradite all'amico e padrone Israele. Conservo ancora nella mente l'imbarazzo di uomini e donne di buona volontà egiziani, politici e cittadini comuni, a dover abbassare la testa e lavorare segretamente, o "non ufficialmente", a sostegno dei propri vicini palestinesi. C'era in tanti, giovani e adulti, una rassegnazione disperata, una rabbia repressa e malcelata che rivelava i prodromi di un futuro e potenziale cambiamento. Quello che, ci auguriamo, è iniziato ieri, con la fine dell'era Mubarak e della sottomissione al diktat Israelo-americano. La rivoluzione egiziana, con la sua forza, coraggio, non-violenza e determinazione rapresenta un momento storico di grande impatto per tutti i popoli arabi soggiogati da dittature pagate e sostenute dai nostri regimi occidentali. E' una speranza anche per tutto il Mediterraneo.
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InfoPal. In Tunisia come in Egitto, il popolo ha vinto contro il Tiranno. Sono state rivoluzioni non-violente, duramente aggredite dai rispettivi regimi. Centinaia di morti e feriti sono stati il prezzo delle due rivolte popolari che hanno posto fine al potere di dittatori violenti, amati e sostenuti politicamente ed economicamente dall'Occidente.
Una guerra da vincere. Le battaglie sono state vinte, ma speriamo che anche le guerre lo siano, perché certamente Israele e i suoi sponsor statunitensi ed europei non permetteranno facilmente che Paesi-chiave come l'Egitto - il cui governo è stato un fedele e prezioso partner nell'oppressione dei palestinesi - si emancipino del tutto dal loro giogo. La definitiva liberazione dell'Egitto dall'influenza israelo-statunitense potrebbe, come sappiamo, significare la permanente apertura del valico di Rafah, e dunque, in qualche modo, la fine del disumano assedio alla Striscia di Gaza, che da quattro anni affama 1,5 milioni di persone. Israele non permetterà, senza mettere in campo tutti i propri illegali mezzi, che l'assedio sia spazzato via. C'è dunque da aspettarsi di tutto, in queste settimane.
Sostegno alle rivoluzioni monocolore? I palestinesi della Striscia hanno atteso con preoccupazione e speranza l'esito della rivoluzione egiziana. Il governo di Gaza aveva contenuto le manifestazioni di piazza pro-rivoluzione temendo che la vittoria del regime del Cairo sulla volontà del popolo d'Egitto avrebbe avuto effetti ancora più nefasti per i palestinesi. Osservando dall'esterno tali precauzioni, qualcuno, tra i non pochi islamofobici attivisti "pro-Palestina" italiani, ne aveva subito approfittato per sottolineare il parallelismo tra il regime quisling e corrotto (si leggano i tanti documenti del "Palestine Papers"), e ormai inviso ai più, dell'Anp di Ramallah, e il governo assediato di Gaza. Ma si sa, per certa sinistra (non tutta, per fortuna!), i governi popolari e le rivoluzioni devono avere un solo preciso colore, gli altri non sono ammessi o accreditabili... Infatti, parallelamente, altri analisti, sempre italiani, e sempre sostenitori delle rivolte rosso fuoco, hanno iniziato a diffondere articoli in cui la rivoluzione popolare egiziana veniva screditata e assimilata ad altre, pilotate da Cia e Mossad... Forse è un'abitudine italiana, quella di dubitare di tutto, tranne di ciò di cui davvero si dovrebbe, o forse è il vizio insanabile del settarismo e dello spirito di "tribù" a farci diffidare di tutto ciò che non appartiene al nostro stesso identico schieramento, ma tant'è... La rivoluzione egiziana ha spazzato via in modo non-violento il clan Mubarak, aprendo il Paese alla prospettiva d'un futuro. E i palestinesi, in massa anche loro, si sono riversati nelle strade della Striscia e della Cisgiordania a manifestare entusiasmo e tanta speranza per se stessi e per i loro fratelli egiziani.
Egiziani liberi di sostenere i palestinesi. Ricordo ancora una visita a un centro caritatevole egiziano, al Cairo, alla fine dell'Operazione Piombo Fuso contro Gaza, nel gennaio 2009: era un'organizzazione gestita (in modo non ufficiale in quanto vietato dal governo), dai Fratelli Musulmani. Nell'edificio, aperto al pubblico, fervevano i preparativi per una spedizione di aiuti ai gazesi vittime della feroce aggressione israeliana. Mi colpì la dedizione dei tanti volontari, il loro coinvolgimento e la loro solidarietà ai fratelli e sorelle palestinesi. Un'attitudine che il regime Mubarak non favoriva certamente, ma tollerava, purché non avesse connotazioni pubbliche e troppo "politiche", sgradite all'amico e padrone Israele. Conservo ancora nella mente l'imbarazzo di uomini e donne di buona volontà egiziani, politici e cittadini comuni, a dover abbassare la testa e lavorare segretamente, o "non ufficialmente", a sostegno dei propri vicini palestinesi. C'era in tanti, giovani e adulti, una rassegnazione disperata, una rabbia repressa e malcelata che rivelava i prodromi di un futuro e potenziale cambiamento. Quello che, ci auguriamo, è iniziato ieri, con la fine dell'era Mubarak e della sottomissione al diktat Israelo-americano. La rivoluzione egiziana, con la sua forza, coraggio, non-violenza e determinazione rapresenta un momento storico di grande impatto per tutti i popoli arabi soggiogati da dittature pagate e sostenute dai nostri regimi occidentali. E' una speranza anche per tutto il Mediterraneo.